Una «missione» ancora riservatissima, una serie di contatti avviati personalmente dal Papa e dai suoi collaboratori della Segreteria di Stato per raggiungere la pace e far sedere al tavolo del negoziato la Russia e l’Ucraina. Ma allo stesso tempo un messaggio per «smuovere le acque» sia all’interno della Santa Sede sia al di fuori e far capire, a chi pensa che la diplomazia d’Oltretevere stia dormendo, che in realtà è più sveglia che mai. Anzi, al lavoro giorno e notte per fermare le violenze e la distruzione in corso. Papa Francesco si dice «disposto a tutto» pur di fermare il massacro e così sul volo di ritorno dall’Ungheria, dove è stato tre giorni per una visita apostolica, parlando della guerra in Ucraina ha rivelato che «c’è in corso una missione, ma non è ancora pubblica, vediamo...quando sarà pubblica, la dirò».
Il mistero su questa operazione «top secret» si è infittito quando ieri mattina sia Kiev sia Mosca hanno affermato di non saperne nulla. Il Cremlino «non è a conoscenza» di una missione di pace del Vaticano per l’Ucraina, ha detto il portavoce Dimitry Peskov. Stizzita invece la reazione di Kiev, attraverso le parole di un esponente vicino alla presidenza, che ha confermato che anche il suo Paese non è a conoscenza di questa missione di cui ha parlato il Papa: «Il Presidente Zelensky non ha acconsentito a tali discussioni per conto dell’Ucraina. Se ci sono dei colloqui, stanno avvenendo a nostra insaputa o senza la nostra benedizione». In realtà, secondo quanto filtra dalle stanze vaticane, il Papa, attraverso questo annuncio a sorpresa, avrebbe dato un segnale, uno scossone interno per accelerare i tempi, riferendosi principalmente a dei colloqui riservati che sono avvenuti molto di recente e che continueranno nelle prossime settimane con dei leader o esponenti religiosi, con lo scopo di preparare il terreno a un possibile negoziato.
Il tutto, insomma, sarebbe ancora in una fase di studio, con il Papa che le sta provando tutte pur di fermare le bombe e tenere ancora accesi i riflettori sulla guerra, facendo sì «che non ci si abitui»...
Lo scorso novembre, tra le altre cose, il «ministro degli esteri» della Santa Sede, monsignor Paul Richard Gallagher, aveva detto parlando a Il Giornale e a Tgcom24 che il Vaticano sarebbe pronto a offrirsi come sede neutrale per una trattativa tra i due Paesi: «Se fosse opportuno e necessario di offrire e mettere a disposizione questi ambienti, come abbiamo fatto storicamente anche nel passato, il Santo Padre lo accoglierebbe molto positivamente se una domanda viene dalle due parti con tutte le buone intenzioni e con uno spirito di cercare la pace, il dialogo e la fine della guerra». E l’indomani il Cremlino aveva subito risposto di essere pronto a questo passo, lasciando la palla nelle mani di Kiev. «Credo che la pace si fa aprendo canali, non si può fare con la chiusura», ha aggiunto il Papa sul volo papale, «invito sempre ad aprire rapporti, canali di amicizia. Questo non è facile». Cosa che Francesco ha fatto anche in Ungheria, parlando con il primo ministro e con Hilarion, metropolita russo di Budapest ed ex braccio destro di Kirill.
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