Questi giorni si sono susseguiti i giudizi sull'uscita di Lucia Annunziata dalla Rai, quasi tutti dello stesso tenore: nessuno l'ha cacciata, anzi i nuovi vertici avevano già confermato il suo programma su Rai Tre ( Mezz'ora in più); e perciò quella di andarsene è stata una sua scelta. Dettata non tanto dal fatto che Lei - come ha dichiarato - non condivida nulla di ciò che fa il Governo ( e dei nuovi vertici Rai con esso), quanto dal diverso clima che si instaurava con loro, nel quale lei non si sente a proprio agio, dove 'proprio agio' vuol dire tante cose.
E' intervenuto anche il comico, scritturato da F. Italia, Maurizio Gasparri, il quale 'acutamente', come il suo solito, ha fatto notare che la Annunziata è già andata via una volta e poi è tornata, vedrete che tornerà ancora una volta; e ha aggiunto che il mondo va avanti anche senza di Lei. Figuriamoci se tale massima che vale soprattutto per lui, e che per questo la conosce bene, non possa valere anche per tutto il resto del mondo.
Molti comunque non hanno capito veramente cosa volesse dire la Annunziata con quel non sentirsi a 'proprio agio', 'agio' che invece c'era, secondo Lei, prima dell'occupazione forzata della Rai dalle truppe di Meloni.
E per spiegarlo a chi non l'avesse davvero capito o fa finta, racconto un episodio della mia vita professionale che ha le stesse caratteristiche.
Non parlo naturalmente della mia lunghissima carriera di giornalista, quanto di una parentesi, una sola, che mi vide, indicato da Salvatore Sciarrino, a dirigere il Festival delle Nazioni di Città di Castello.
Su proposta di Sciarrino, come ho detto, il Consiglio di amministrazione mi nominò nell'autunno del 2003 direttore artistico dell'edizione successiva, quella del 2004 del festival.
Perchè Sciarrino? La risposta è semplicissima. A Sciarrino, che abita da molti anni a Città di castello, il Cda del festival aveva offerto la direzione del festival, lui rifiutò facendo un mestiere, quello del compositore, che lo teneva fin troppo occupato, e suggerì il mio nome.
Prima di quella edizione, nella quale il Cda intendeva dare una svolta al festival, la direzione artistica era stata per molti anni nelle mani del m. Gandini.
Ringraziai della nomina e dell'opportunità che mi si offriva di cimentarmi nella direzione artistica di un festival, che vantava una bella e lunga storia ( la prima volta ci andai da cronista nel 1978) e mi misi al lavoro.
Innanzitutto sulla scelta della nazione 'ospite' per l'edizione del 2004. Nominato fra ottobre e novembre, a gennaio avrei dovuto presentare all'assemblea dei soci un programma di massima e a seguito dell' indicazione della nazione ospite.
Avendo riflettuto, e tenendo presente i tempi ristrettissimi nei quali approntare la programmazione ( il festival si svolgeva fra agosto e settembre, ma nella primavera occorreva presentarlo ufficialmente, come poi noi facemmo a Milano, nella sede dell'Orchestra 'Verdi' che fu per quella edizione l'Orchestra 'residente' del festival) decisi di dedicare il Festival all'Italia, alla 'nuova Italia', cioè alla musica ed ai musicisti delle nuove generazioni che non andavamo noi a scoprire, ma alle quali offrivamo una ulteriore vetrina per presentarsi. Insomma il meglio - la 'meglio gioventù', avrei detto oggi - della musica italiana, tutti nomi molto conosciuti ed apprezzati, ma di una generazione più giovane della nostra.
Credo che qualcuno del CdA non vide bene quella scelta, abituati come erano a dare ordini sulla nazione da ospitare al direttore che ubbidiva. Come immagino, anzi sono certo, facciano tuttora, perchè chi mi sostituì, ed è ancora lì dopo vent'anni, cioè Aldo Sisillo, può presentare qualunque nazione vogliano, tanto il festival lo fa con gli istituti di cultura del paese ospite presenti in Italia e con i suggerimenti di qualche agenzia, più un pò di fumo negli occhi.
Fra parentesi, il Festival delle Nazioni ha mai avuto una orchestra 'residente' del livello della 'Verdi' in vent'anni di sua direzione? Nessuna di quel livello e neppure mai una orchestra residente.
Insomma scegliendo come nazione ospite la 'Nuova Italia' dicevo loro che sceglievo una nazione che conoscevo bene, e così avrei fatto, con più tempo a disposizione, negli anni seguenti, andando a conoscere in loco la nazione da ospitare, scegliendo ciò che più poteva interessarmi, in funzione del festival.
Salto volutamente molti particolari relativi allo svolgimento ed all'apprezzamento del festival, edizione 2004, e vengo al dunque.
Gli unici scontenti del grande successo del festival - il cui bilancio fu naturalmente chiuso senza lasciare debiti (anche questo va considerato, utilizzando i fondi a disposizione) - furono i componenti di quella 'ciurma' - non saprei come altro definirla - che era il Consiglio di amministrazione. Alla quale la mia direzione, di qualità, di successo, ma autonoma aveva tolto dalle mani il giocattolino con il quale loro trastullavano alcuni castellani ed anche qualche loro familiare.
Alla fine del festival, ripeto: il più nuovo, ricco ed apprezzato di sempre, la Ciurma organizzò a Roma, nella sede della Luiss, una riunione, presieduta dal presidente che era il prof. Fontana, economista di fama e persona di grande spessore, al quale era stato Luigi Abete e chiedere, come un favore personale, di presiedere il CdA del festival. Aggiungo, prima di arrivare all'atto finale - che è poi quello che mi ha fatto dire, a seguito del caso Annunziata, di capire bene cosa intendesse dire la giornalista con il non sentirsi più 'a proprio agio' - che il prof. Fontana, nei mesi precedenti il festival e durante il suo svolgimento, era stato il mio unico punto di riferimento, ogni volta che i consiglieri di Città di Castello (contin uando sulla falsariga di quel che facevano con il mio predecessore, Gandini) volevano crearmi difficoltà, perchè io, ero troppo autonomo nelle scelte. A loro non importava che quelle stesse scelte fossero di grande qualità, erano più interessati a esercitare il loro potere e, di conseguenza, ad ostacolare chi impediva loro di esercitarlo.
Dunque alla presenza del prof. Fontana si fece un bilancio - che non poteva che essere positivo - e mi si chiese cosa desideravo per restare, dissi soltanto che il compenso - che quell'anno avevo diviso con Antonio Lubrano che aveva nel festival il ruolo di divulgatore ( con lui da anni facevo per Rai 1 il programma di grande successo All'Opera! ; per questo la scelta di farmi affiancare da Lubrano) era troppo basso, e loro mi risposero che non poteva essere aumentato neanche di 1 Euro - letteralmente.
Avrei anche accettato, licenziando Antonio Lubrano, anche se con dispiacere, ma l'espletazione dell' incarico era per me molto oneroso ( tute le spese di viaggio e permanenza a Città di Castello erano TUTTE a mio carico, perciò alla fine finanziavo anche io il festival); e poi, c'era un'altra ragione, ancora più forte, per dire addio a Città di Castello, quando avevo già cominciato a pensare all'edizione del 2005; e questa aveva a che fare con la fine dell'impegno del prof. Fontana come presidente del festival.
La sua presenza, sebbene a distanza, sarebbe stata fondamentale, 'conditio sine qua non', per la mia permanenza al festival; Lui comandava a bacchetta i castellani del festival. Ogni volta che cercavano di crearmi problemi io lo chiamavo e lui li metteva sempre in riga.
Via lui, chi fosse venuto al suo posto, avrebbe avuto la sua stessa autorevolezza e sarebbe stato in grado di garantirmi sempre libertà di programmazione, come aveva sempre fatto Fontana? No, ero certo che non avrei trovato lo stesso clima ed un garante come Fontana.
Esattamente ciò che dice Lucia Annunziata, quando afferma che non si sente più 'a proprio agio' con i nuovi decisori Rai.
Io fino a qual momento, prima cioé della esperienza a Città di Castello, avevo fatto un altro mestiere, quello del critico musicale, oltre che di professore in Conservatorio, e mai nessuno aveva avuto da ridire sul mio operato. Non garantito nel seguito della nuova esperienza, dove avevo già dimostrato di saper mettere a frutto le mie capacità e conoscenze del mondo musicale, chissà a quali critiche, per loro colpa, sarei stato esposto. Insomma non volevo buttare all'aria la fatica fatta in tutti gli anni da critico, per colpa di quattro... per i quali il successo ed il prestigio del festival costituiva l'ultimo loro pensiero.
Perciò senza che loro mi licenziassero, mi dimisi.
Al mio posto, su suggerimento del direttore organizzativo del festival, scelsero Sisillo, con cui egli lavorava a Modena, e da allora Sisillo sta lì; ed ogni anno presenta qualunque nazione gli venga indicata o richiesta. per come fa lui una nazione vale l'altra, sono tutte uguali, non importa se diverse.
Nel frattempo cambiò anche il presidente. Su suggerimento di Walter Verini, parlamentare PD di Città di Castello ( il quale durante il festival mi aveva offerto il suo appoggio, contro un ex senatore PD che a Città di Castello faceva il trombone, in senso letterale, perchè cantava pure e lo fa ancora) fu nominato, in sostituzione di Fontana, Giuliano Giubilei, mio amico di vecchia data, che mai una telefonata mi ha fatto, sapendo bene come erano andate le cose, e che a Città di Castello ha fatto solo la comparsa e l'uomo 'immagine' ( ex vice direttore del TG3, con Bianca Berlinguer) nelle presentazioni del festival anche all'estero, su invito delle nazioni ospitate.
Ora è cambiato nuovamente il presidente, un castellano che ha fatto fortuna, ma che non sappiamo se avrà voglia e coraggio di imprimere una svolta al festival che si trascina in una routine che nuoce al suo nome. Fatto sta che Sisillo da vent'anni è ancora lì; e che l'unica novità che riscontriamo è che sotto l'egida ( quanto vera o solo di facciata non sappiamo) c'è anche un prefestival, a primavera, quattro o cinque manifestazioni di vario genere, quest'anno nel mese di marzo.
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