RaiTre in fibrillazione, Augias pronto al martirio
Altro martirio in avvicinamento. Corrado Augias, da una vita in Rai, è inquieto. Anche i giornali amici lo danno in uscita. Dopo Fazio e Annunziata è sempre a RaiTre, la rete in appalto al Pci fin dalle origini, che ovviamente si concentrano i maggiori cambi. Il futuro prossimo del programma di Augias e Zanchini, «Rebus», è ancora da definire. Il giornalista ha fatto già sapere per tempo il suo fastidio per la nuova Rai di centrodestra. «Meloni vuole mettere le mani dappertutto, preoccupante l'occupazione della Rai» ha detto alla Stampa giorni fa. Per quanto lo infastidisca sentirselo dire, Augias è uno dei volti più politici di RaiTre. «Sono in Rai dal 1960 e a Rai 3 dal 1987, dovrei essere il decano della Rai E invece mi dicono che sono qui per il Pd. Io sono entrato in Rai per concorso mezzo secolo fa sono accuse ridicole!» si lamentò tempo fa. Ma oltre alla Rai, nel suo lungo curriculum c'è anche l'elezione al Parlamento Europeo con il Pds di D'Alema nel 1994, «Augias ha dichiarato che la decisione della candidatura, già maturata in precedenza, fu compiuta dopo uno scontro televisivo con il leader del partito Forza Italia Silvio Berlusconi - ricorda la sua voce Wikipedia -, avvenuto il 19 marzo 1994 durante la trasmissione Domino dove Silvio Berlusconi aveva parlato di «provocazione» e di «solito sistema che la sinistra ha imparato alla scuola del KGB», in risposta ad una domanda di Augias sulla propria iscrizione alla loggia massonica P2». Poi nel '99 si ricandida, sempre con i Ds, sempre al Parlamento Ue, ma non viene eletto. E torna in Rai, come giornalista «indipendente». Sempre molto ben pagato. Nel 2019 erano stati i Cinque Stelle, allora al governo, a polemizzare con il suo ricco ingaggio. «I cittadini non possono che essere indignati per stipendi stellari, come quello di Corrado Augias che prende 370mila euro all'anno e lavora anche per Repubblica» tuonava la deputata grillina Mirella Liuzzi. «Il mio programma di libri fa ascolti molto alti» si difese Augias. «Perché dovrei tagliarmi lo stipendio? È un compenso addirittura sottodimensionato». Il giornalista è in attesa di capire se il suo programma verrà ridimensionato o spostato o altro, per vedere come reagire. Le sponde amiche per gridare all'epurazione di regime non gli mancano. In attesa di conferma anche il contratto di Marco Damilano, altra firma di area Pd sempre sul Tre.
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Gent.le Augias,
chi legge questo blog sa già come la penso su di lei, in relazione alla presenza in Rai. E cioè che Lei goda di 'posizione dominante' Dunque penso male. Soprattutto per la ragione che da 'dilettante di musica', Rai 3 e Rai Cultura di Silvia Calandrelli, vogliono farla passare per il 'Bernstein italiano'. Potrei anche aggiungere, ascoltando ad esempio, la domenicale 'Rebus' con Zanchini) qualcosa su un altro tema nel quale, a seguito di qualche frequentazione di teologi o biblisti, Lei si sente già studioso provetto di religione. Stesso dilettantismo e non manca occasione per sbandierarlo..
Accade soprattutto per la musica. La recita che fa, nel corso delle puntate de 'La gioia della musica', seduto in platea a seguire sulla partitura la musica eseguita dall'Orchestra Rai di Torino, è patetica.
Non aggiungo nulla sullo spreco di denaro di Rai Cultura per il recente 'Callas segreta', osannato da qualche critico ora amico, ma un tempo nemico acerrimo e dichiarato, quando in Rai esistono film e documentari più accreditati.
Mi sono fatto la convinzione che Rai 3 e Rai Cultura voglinoa accreditarlo come colui che sa di musica in tv.
Non mi interessa quanto guadagna, mi interessa invece sottolineare che ha ormai 88 anni e sarebbe ora che lasciasse il suo posto, anzi i suoi posti, a forze più fresche, in favore delle quali, ma solo a parole evidentemente, sembra spessissimo spendersi. Si goda la pensione. Troppo attivismo stanca e stressa.
E, infine: La gioia della Musica, Rebus, Parole (saltuariamente), Città segrete, Callas segreta ( l'aggettivo segreto evidentemente piace sia a Lei che alla Rai) mi sembran troppo per un uomo solo.
Pietro Acquafredda
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