Io ci metto la faccia su questo governo», scandisce Giorgia Meloni davanti all’esecutivo del suo partito. E, è il logico corollario, non ha alcuna intenzione di fallire. Per questo la leader di FdI parla a ruota libera e permette che il senso del suo discorso sia diffuso in pubblico, dopo giorni di silenzio imposto e auto-imposto. D’altra parte è arrivato il momento di dare un messaggio agli italiani ma soprattutto ai suoi alleati di partito: «Sono disposta ad ascoltare tutti e a tenere conto delle loro indicazioni, ma il princìpio deve essere chiaro. Serve un governo autorevole, di persone competenti», sostanzialmente inattaccabile, in quella che definisce «la fase più difficile della storia della politica». Quindi è vero, come ribadisce, che «non ci sono veti» su nessuno, nemmeno per Salvini al Viminale, sembra il riferimento. Ma è altrettanto vero che la premier in pectore non è disposta ad accettare diktat: «Non mi farò imporre nomi che non siano all’altezza del compito».
Qui la precisazione: il governo sarà «politico», perché c’è una coalizione molto chiara che ha vinto le elezioni e perché a guidarlo ci sarà una leader di partito come lei, ma se serviranno tecnici in ruoli nei quali la coalizione è «scoperta», si ricorrerà a figure tecniche. Una cosa è certa: il governo non sarà la camera di compensazione dei problemi interni ai partiti: «Nessuno pensi di risolvere proponendo nomi per l’esecutivo. Dobbiamo dare alla nazione un governo di altro profilo». Tra l’orgoglio per la strada finora percorsa, in 10 anni FdI è passato dall’1,98% ad oltre il 26%, e la consapevolezza che c’è ancora il pezzo più difficile del percorso da fare, Meloni chiama però in causa anche il governo Draghi. Non solo dicendosi «non draghiana», ma solo in contatto doveroso e costante con il predecessore per «il bene dell’Italia», ma anche puntando il dito: «Ereditiamo una situazione difficile: i ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata». Parole che non sembrano piacere al premier in carica: «Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr», assicura.
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