giovedì 13 ottobre 2022

Cronache teatrali. All'Argentina di Roma 'L'Opera da tre soldi' con il Berliner Ensemble per RomaEuropa. Si replica ancora venerdì e sabato

Quant'è piccolo il Teatro Argentina di Roma che ha una storia grande e che nel suo glorioso passato ha tenuto a battesimo anche Il barbiere di Siviglia, capolavoro rossiniano. Ha quattro ordini di palchi ma la platea è uno sputo. E, in tempo di Covid, gomito a gomito con chi ci siede al fianco, mette paura. Quasi. 

L'altra sera, poi, che la platea era piena - molti naturalmente gli invitati,  e noi fra i giornalisti presenti - si aveva la sensazione che mancasse l'aria.

 Eppure strette di mano,  abbracci e baci,  capannelli - a rischio e pericolo dei più diretti interessati.

 Noi sempre con la mascherina, anche se qualche volta l'abbimao abbassata per tirare un respiro 'di sollievo'.

 Una signora, vecchia conoscente, di quelle che non c'è una sera che non trovano occasioni per uscire di casa, dove non ci resterebbero neppure legate ad una sedia, vedendoci ha esclamato: 'stasera c'è tutta la musica', e ha aggiunto, 'c'è anche Alessio', che noi  avremmo dovuto sapere 'Alessio chi' e, ad ogni buon conto, per non sbagliare, abbiamo commentato: gentaglia!

Nelle passate settimane, ospiti di RomaEuropa per gli spettacoli e concerti che ci interessavano, abbiamo rivisto tutte insieme tante facce, troppe in una volta sola, che non ci capitava di incrociare da tempo, al che non abbiamo potuto trattenere: un assedio!

 Beh, l'altra sera, in quello sputo di platea, siamo rimasti seduti al nostro posto e non ci siamo resi personalmente conto di quello che ci aveva detto la nostra vecchia conoscente.

Eravamo presi dall'Opera da tre soldi di Brecht-Weill, che abbiamo senz'altro visto in passato ma che non ricordavamo bene, e che ora arrivava a Roma, nelle 'Settimana delle Cultura tedesca', per RomaEuropa, in una nuova edizione curata dal Berliner Ensemble, con la regia di         che prendeva il posto quella nota e ripresa tante volte con lo stesso Berliner, di Bob Wilson.

Abbiamo letto solo all'indomani i giornali che riportavano l'intervista al regista, dalla quale abbiamo appreso che Brecht non era  quel bravuomo che poteva sembrare, tutt'altro; era anche attaccato ai soldi; e che la vera rivoluzione di quel lavoro del 1928 più che Brecht - che aveva lavorato su un canovaccio inglese molto noto del 1728 - esattamente di due secoli prima, che ora fanno tre - bensì Weill, la sua musica che nell'Opera da tre soldi, era la vera novità.

 In fondo il testo - senza vicenda - parla di tipi umani che s'incontrano tranquillamente anche oggi - li si incontrava già nel Settecento inglese - dal mascalzone farabutto, graziato dalla forca, al capo di una banda di accattoni, 'mendicanti', sfruttatore a tutti gli effetti,  alla sua famiglia, dove la consorte non era proprio madre teresa, e la figlia maria goretti; dal capo della polizia d'accordo con il delinquente che gli passava per ogni impresa la 'stecca' nella percentuale stabilita, alle 'zoccole'  che dividevano la vita con il farabutto, da amanti o mogli,  e alle quali egli regalava i frutti delle sue rapine. Insomma una società in cui nessuno si salvava, perché viveva alla giornata  forte del principio: prima la mangiatoria e poi la morale (se avanza tempo). 

Nel corso della rappresentazione, curatissima, con attori/cantanti strepitosi ed una orchestrina che fece saltare tutti sulle poltrone nel teatro berlinese nel quale venne data la prima volta, quasi un secolo fa,  ci siamo accorti che il regista, Barrie Kosky, sedeva alle nostre spalle, perché lui intravvedeva prima di chiunque altro l'entrata del direttore dell'orchestrina e avviava gli applausi.

Dopo che abbiamo letto la sua intervista, avremmo voluto domandargli la ragione di quell'impalcatura nera, fatta di scale e mensole, sulle quali si sono arrampicati abili come funamboli tutti gli attori . E ci siamo chiesti perchè  a nessuno dei giornalisti presenti alla chiacchierata collettiva  è venuto in mente di domandarglielo. La risposta non sappiamo darla a noi stessi, anche dopo aver visto lo spettacolo.

 Alla fine del quale ci è venuto in mente una scritta che leggemmo una volta, negli anni delle grandi contestazioni giovanili, sul muro esterno di un liceo dove insegnavamo, e che  suonava: 'se la merda acquista valore, i poveri nasceranno senza culo' , che forse al lavoro di Brecht-Weill non calza alla perfezione perchè, lì anche i poveri aguzzano il cervello per fregare gli altri, onde assicurarsi la pagnotta.

Infine. E' da quando quest'anno frequentiamo RomaEuropa che  ogni sera chiediamo uno straccio di programma di sala. Ci viene sempre risposto che la direzione, ecologista, ha deciso di non sprecare carta.

 Giusto, però almeno quei materiali che il festival pubblica sul  suo sito, come ad esempio, nel nostro caso, una lunga intervista al regista, quella almeno in poche copie da distribuire ai giornalisti la si poteva ricopiare. No?

                                        *****

L’OPERA DA TRE SOLDI (DIE DREIGROSCHENOPER)

 Basato su “L’Opera del Mendicante” di John Gay, 

di Bertolt Brecht (libretto) e Kurt Weill (musica), 

in collaborazione con Elisabeth Hauptmann. 

                                             ***

L'Opera da tre soldi al RomaEuropa Festival

Berliner Ensemble

Regia: Barrie Kosky

Con: Nico Holonics, Cynthia Micas, Tilo Nest, Constanze Becker, Kathrin Wehlisch, Laura Balzer, Bettina Hoppe, Josefin Platt, Julia Berger, Julie Wolff, Dennis Jankowiak, Timo Stacey
Direzione musicale: Adam Benzwi
Progetto illuminotecnico: Ulrich Eh
Palcoscenico: Rebecca Ringst
Drammaturgia: Sibylle Baschung
Costumi: Dinah Ehm
Orchestra: Adam Benzwi, Doris Decker, Stephan Genze, Lorenz Jansky, James Scannell, Ralf Templin, Otwin Zipp


                                *****

Se il regista, drammaturgo e poeta tedesco scrisse questo suo capolavoro adattando la traduzione di Elisabeth Hauptmann della Beggar’s Opera (L’Opera del Medincante) di John Gay per mettere in scena una feroce critica, parodica e umoristica, al mondo borghese e alla società capitalista, Kosky fa proprie le critiche sociali che attraversano il testo e mette al centro della sua messa in scena le celebri musiche firmate da Kurt Weill viatico per la dimensione più emotiva dell’opera.

Su un palcoscenico spoglio, abitato da un’impalcatura gigante sulla quale si arrampicano e muovono gli attori, il regista costruisce uno spettacolo dalla forma divertente, elegante, estremamente coinvolgente e lascia emergere una storia profondamente contemporanea di violenza e d’amore. (RomaEuropa )

                                 *****

L’ESILIO DEL DESERTO, L’ESILIO DEL 20° SECOLO E LA SOLITUDINE DELLA GRANDE CITTÀ 

Una conversazione con Barrie Kosky 

INTERVISTA REALIZZATA DA SIBYLLE BASCHUNG (DRAMATURG) PER BERLINER ENSEMBLE

"Ci sono alcune combinazioni di autori e compositori che sono speciali e hanno lavorato su un piano di assoluta parità: Hoffmannsthal e Richard Strauss, Mozart e Da Ponte…e Weill e Brecht. Nel caso dell’Opera da tre soldi, tuttavia, ne sono stati coinvolti ancora di più. John Gay, da cui è strato tratto il testo, Elisabeth Hauptmann, che lo tradusse, François Villon, dalle cui ballate Brecht attingeva e così via… 

Sappiamo molto del caotico periodo delle prove. Sappiamo che Karl Kraus ha scritto la seconda strofa del duetto della gelosia, che dobbiamo il 'Moritat' alla vanità dell’attore protagonista…

Ma ciò che rimarrà sempre segreto sono le due settimane in cui Brecht e Weill si sono ritirati nel sud della Francia per concentrarsi sul loro lavoro. Mi sarebbe piaciuto essere lì. Chi ha avuto quale idea? Di cosa hanno discusso? Fino a che punto parlavano della stessa cosa senza intendere la stessa cosa? Su cosa erano d’accordo? 

La disputa tra Brecht e Weill sul successo dell’Opera da tre soldi, su come classificarla e su come affrontarla iniziò immediatamente dopo la prima. Alla fine, l’ironia della storia dell’Opera da tre soldi è che entrambi hanno fatto grandi affari con uno spettacolo che racconta di come il denaro corrompe le relazioni e lo spirito di comunità. Nessuno si aspettava quel successo. 

Quando Ernst Aufricht, con breve preavviso, persuase i due a scrivere qualcosa per la riapertura del suo teatro, il lavoro congiunto sull’opera Rise and Fall of the City of Mahagonny non era ancora finito. Kurt Weill per la prima volta voleva scrivere un’opera, voleva riformare l’opera, e così fece. L’Opera da tre soldi prima e poi soprattutto Mahagonny furono un momento importante nella storia del teatro musicale (…). Dopo le sue esperienze con L’Opera da tre soldi, Brecht aveva purtroppo perso interesse per l’opera. Per Weill, questo è stato doloroso. Al contrario di Brecht, credeva nella Berliner Ensemble...

 L’Opera da tre soldi era solo un progetto provvisorio per Brecht. Poi i nazisti bruciarono le loro opere. Ci manca una terza opera congiunta di Weill e Brecht, l’”anello mancante” che ci spiegherebbe ciò su cui Weill continuò a lavorare a New York dopo la sua fuga dalla Germania nazista. 

Per me, Weill, insieme a Schönberg e Stravinsky, è uno dei cinque grandi compositori del 20° secolo. Era una persona molto riservata e morì di infarto troppo presto all’età di cinquant’anni. Lotte Lenya, sua moglie, ha detto che è morto per la nostalgia di casa, in esilio a New York. Di cuore infranto, si potrebbe dire. Sebbene abbia avuto molto successo in America, ha sempre avuto nostalgia di casa, della Germania, della sua cultura. Ciò è particolarmente amaro perché nessuno in Germania parlò seriamente di ciò che Weill aveva composto per Broadway. È come se fosse stato semplicemente cancellato come artista dalla cultura tedesca. E ciò è particolarmente problematico perché quello che aveva creato a Broadway era altrettanto radicale di ciò che aveva iniziato a fare in Germania".  


Nessun commento:

Posta un commento