Oggi la radio è sempre meno un oggetto e sempre più una utility». Al Prix Italia di Bari il direttore di Radio Rai Roberto Sergio (foto) è stato molto chiaro e strategico nel suo intervento sul futuro della radio. Anche se decine di milioni di italiani la ascoltano ogni giorno (in misura diversa e tu tanti device diversi), la radio sta attraversando la fase probabilmente più delicata della sua vita. E le riflessioni pubbliche come la sua aiutano tutto il settore a chiarire meglio gli obiettivi e, soprattutto, a individuare le linee guida per raggiungerli al più presto. Dopotutto, un settore vivo e vitale aiuta tutti i competitor a competere meglio. Ora, dopo la digitalizzazione che le ha reso possibile unirsi al video, la scommessa principale riguarda gli ascoltatori: «Intercettare il target 15-24 anni che tutti cercano di raggiungere. Qui si giocherà davvero il futuro degli editori nei prossimi 5/10 anni», ha detto Sergio. È proprio così e (quasi) tutte le radio provano da tempo a farlo. Talvolta lo fanno in modo quasi totalitario e addirittura ingenuo (non si può fare una radio che parla come un ventenne sperando però di farsi seguire anche da chi è più vecchio). Talvolta non lo fanno proprio, condannandosi al tramonto. Come sempre accade, per funzionare la transizione non deve essere traumatica, altrimenti non va da nessuna parte. Per la radio del futuro, Sergio ha accennato a un «meta-studio» che è totalmente neutro ma personalizzabile con fasci di luci «in modo da poter essere sfruttato da più radio». Il meta-studio potrà essere utilizzato in autonomia e solitudine dal conduttore. «Modello produttivo leggerissimo» ha concluso Sergio in un Prix Italia nel quale si è discusso anche dell'Ecosistema Audio-Suono con uno studio che dovrebbero leggersi tutti. In fondo il Prix Italia serve proprio ad aprire scenari (chi ha vinto? Nella categoria Tv Performing Arts il documentario Quinte & Sense di ARTE France che da oggi 10 ottobre sarà visibile su RaiPlay)
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