Della volontà di Philip Glass di voler completare la trilogia di 'Opera film' da Cocteau leggemmo la prima volta molti anni fa sul mensile di musica Applausi, in un'intervista di Sara Patera al musicista in tournée in Sicilia. In quella intervista Glass parlava del suo secondo pannello di quella ormai famosa trilogia filmoperistica, e cioè La belle et la Bete (1994) - il primo era stato Orphée (1993), alla vigilia di un lungo tour italiano che ebbe luogo fra novembre e dicembre del 1994, toccando anche Roma (Accademia Filarmonica) dove anche noi la vedemmo, con grande sorpresa.
Philip Glass assicurava che avrebbe completato la trilogia dai film di Cocteau, con una analoga operazione sul più antico dei tre film originali, e cioè Les enfants terribles che era addirittura del 1929 e che avrebbe incarnato la sua personale 'riforma' del melodramma, avviata molti anni prima con Einstein on the beach, che è del 1976 . E aggiungeva che sperava di mettersi al lavoro l'anno successivo, il 1995. Come poi fece licenziando nel 1996 Les enfants terribles, che questa sera RomaEuropa presenta in una versione per due pianoforti (con le sorelle Labèque), nella forma in una suite strumentale dall'originale che prevede voci, danzatori e strumenti e che lo stesso Glass sollecitò ad un suo fedelissimo collaboratore Michael Riesman, direttore dell'ensemble che ha sempre accompagnato il compositore nella varie realizzazioni da Cocteau, dedicandolo espressamente al celebre duo pianistico che l'ha eseguito anche a Napoli la scorsa primavera.
"La trilogia - spiegò Glass - una volta terminata, rappresenterà la traduzione dei film di Cocteau, in tre diversi generi teatrali: l'opera ( Orphée), l'opera per film ( La Belle et la Bete) e il teatrodanza ( Les enfants terribles)".
La versione originale dell'opera (per quattro voci e tre pianoforti) è stata vista a fine agosto a Guardiagrele, in Abruzzo, nel corso del festival Guardiagrele Opera Festival, con la regia di Aldo Tarabella, e la direzione di Maurizio Colasanti.
Nell’opera si racconta la storia di Paul e Lise, due fratelli che sono immersi in un mondo creato dalla loro fantasia, al punto da non riuscire più a vedere la realtà.
La suite per due pianoforti, ricavata da Riesmann dall'opera originale di Glass, destinata al celere Duo pianistico delle sorelle Labèque è stato senz'altro il pezzo forte della serata. Lungo quanto necessario, assai vario di colori e ritmi, con le due pianiste che hanno giocato tutti i ruoli immaginabili, dalla sovrapposizione al rincorrersi, al rispondersi, con una precisione ed insieme scioltezza naturali, acquisite in una vita di musica insieme.
Nella seconda parte del concerto - ma l'intervallo poteva per mille ragioni, anche sanitarie, essere evitato - le mitiche sorelle pianiste, come vanno disinvoltamente facendo da tempo, si sono unite a due altri musicisti del mondo in bilico fra fra Usa e Vecchia Europa, come anche fra classica e altro. Con loro hanno duettato: chitarre elettriche e pianoforti. Bryce Dessner certamente molto più 'in arnese', di David Chalmin - intendiamo le loro rispettive musiche ( Chalmin ha regalato anche una sua canzone - grazie comunque!) ma che a noi della 'classe...' dicono davvero poco, con tutti gli sforzi possibili.
Serata con pubblico da musica cameristica, immaginiamo poco oltre il centinaio di biglietti venduti, ma con un difetto ce andiamo riscontrando da tempo. Non c'è un programma di sala, neppure ciclostilato, e neppure l' elenco nudo e crudo dei brani in programma dei rispettivi autori, per cui per sapere cosa hanno eseguito, oltre Glass naturalmente( dove avere l'elenco dei brani della suite e relativi titoli non avrebbe guastato), abbiamo dovuto far ricorso, tornati a casa, al sito del festival. Questo ci sembra eccessivo da accettare. Qualcuno rimedi.
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