Si imputava alla famosa Legge 800 la ragione di ogni male nella gestione delle 'Fondazioni' - come sarebbero diventate successivamente per volere di quel sant'uomo di Veltroni - che di danni ne ha fatti tanti, accanto ad opere 'buone' alle quali si va dedicando oggi più di ieri, sorpattutto quando portano benefici a se stesso: giornalismo, regia srittura ecc... - liriche. A partire dai loro vertici bicefali, con due capi cioè, solitamente di due fazioni - altro che partiti!- avversi, e dunque in perenne disaccordo su quasi tutto, specie quando si trattava di elargire incarichi, che dovevano essere divisi fra i due a seconda del peso politico dei rispettivi padrini politici.
Insomma un disastro. Dentro il quale i grandi teatri hanno pur allestito stagioni di gran rilievo, perché solitamente, con tutti i difetti della legge, uno che 'ci capiva' c'era quasi sempre. Magari nessuno dei due, pur essedo tenuti a farlo, teneva d'occhio i cordoni della spesa, forti della convinzione che alla fine qualcuno - lo Stato - avrebbe pagato, ed anche perché se non si spendeva e spandeva si era presi per fessi o provinciali. Una teoria professata apertamente da Giampaolo Cresci, all'Opera di Roma.
Poi le cose sono cambiate. Al vertice c'è un sovrintendente, un amministratore, che può scegliere e nominare, ma anche non farlo, un direttore artistico, avvalendosi in sua vece delle maestranze dei settori artistici del teatro. In taluni casi, il Sovrintendente, magari proveniente dall'estero, che aveva le mani in pasta anche nelle decisioni artistiche ( Lissner, Pereira, Meyer, tanto per fare qualche esempio) nominava un 'segretario artistico', e assumeva in toto anche la responsabilità artistica della programmazione, avvalendosi solo di un attendente. Anche di recente , nel corso di esemplari presentazione del cartellone di alcuni enti, ha parlato il Sovrintendente solo lui, il segretario artistico magari gli sedeva accanto, ma è rimasto muto.
Nel tempo alcune fondazioni si sono dotate di un direttore musicale che ha le carte in regola per occuparsi anche della direzione artistica, avvalendosi di una nutrita segreteria, in comune con il Sovrintendente, e con l'ausilio indispensabile, nei teatri d'opera, dell'incaricato di formare i cast.
Del tutto singolare il caso dell'Accademia di santa Cecilia. Dove il Sovrintendente della Fondazione che presiede all'attività concertistica, è un musicista, di vaglia o no, importa poco, anzi non importa a nessuno, come nel caso di dall'Ongaro, quasi alla fine del suo secondo mandato, il quale l'ascesa in Accademia l'ha fatta dalle stanze di Radio 3 Rai (dove gestiva la musica) e non perchè fosse un musicista di valore (sia chiaro!); il quale ha al suo fianco un direttore musicale come Pappano, anche lui a fine mandato, e tutti e due avvalendosi di una nutritissima segreteria artistica, da anni affidata alla stessa persona; e tutto questo giochetto, costa molto di più di quanto costerebbe un direttore artistico - ammesso che ce ne fosse bisogno in una accolta di musicisti. Sempre che, come abbiamo tentato di raccontare, non vi sia antagonismo o gelosia fra sovrintendente e direttore artistico.
Noi siamo stati sempre convinti che comunque in un teatro come in una qualunque istituzione musicale chi deve contare è il direttore artistico o musicale, il sovrintendente deve solo far quadrare i conti e , nel caso, aggiustare qualche decisione artistica, in base ai costi. Per restare nel concreto: alla Scala, ai tempi, Muti era più importante di Fontana, perché di Fontana se ne potevano trovare altri (nonostante la sua riconosciuta esperienza nella gestione di teatri, prima di arrivare a Milano) di Muti non era altrettanto facile trovane sul mercato. E, una volta che si aveva uno come lui, era sensato tenerselo stretto: Si sa, invece, come poi sono finite le cose.
Torniamo ora a Torino. Quando era stato mandato via ed anche inquisito Graziosi, con il sospetto, anzi accusa, di aver fatto gli interessi di una agenzia di rappresentanza artistica, arrivò la commissaria Purchia, dopo che dovette andar via da Napoli , sostituita dall''ex Scala Lissner. Lei chiamò Schwarz, che in questi anni, anche dopo che è diventata assessore al Comune di Torino, e quando non era ancora arrivato il nuovo sovrintendente, francese, ha svolto un ruolo fondamentale, coadiuvato dal direttore amministrativo (?) Mulè, fratello del sottosegretario Giorgio, che la Purchia avrebbe voluto come sovrintendente. Schwarz è stato poi, contemporaneamente, nominato direttore del Festival di Martina Franca - incarico nel quale si è insediato , e che, crediamo, non intende lasciare.
Arriva il nuovo sovrintendente dalla Francia, competente di amministrazione di teatri, visto che ne ha già girati parecchi in Francia ma anche in Belgio e tutti di grande importanza, e i due cominciano, non viene detto ma è da supporre, ad avere i primi screzi. Di conseguenza(?) il sovrintendente, a fine mandato di Schwarz, non gli rinnova l'incarico e, al suo posto assume un responsabile del casting in vari teatri e festival italiani, avvocato di professione, Cristiano Sandri che ha anche lavorato in una agenzia di rappresentanza artistica. Che deve essere, come evidentemente nei patti, ai suoi ordini e alle sue dirette dipendenze, con ridotta autonomia. Vogliamo correre nuovamente il rischio della sciaurata gestione Graziosi?
A noi sembra tale scelta, l'ennesimo caso di morte del direttore artistico nelle istituzioni musicali (il problema esiste anche in teatri di prosa ed altrove). E questo non è un bene.
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