mercoledì 30 settembre 2020

DISMAMUSICA, documento inviato al Governo per sensiblizzarlo sull'importanza di 'fare musica' a livello amatoriale ( da Quotidiano.Net, di Luca Balzarotti)

 Circa mille (in crescita) produttori dell’artigianato e 2.500 occupati. Sono i numeri (pre-Covid) dell’economia legata agli strumenti musicali che Dismamusica - associazione di riferimento per il settore della produzione, distribuzione e vendita di strumenti musicali, edizioni musicali e accessori appartenente a Confcommercio - ha inserito nel documento inviato al Governo per «sensibilizzare i parlamentari sull’importanza di “fare musica“ a livello amatoriale», dichiara il presidente Antonio Monzino. Secondo l’ultima indagine dell’Osservatorio Dismamusica realizzata in collaborazione con il Cersi (Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), i rivenditori sono circa 950 (in calo costante) e occupano circa 1.700 addetti. In crescita riparatori e addetti alla manutenzione, che contano circa 250 unità. Dall’analisi del mercato emerge che il saldo tra import ed export è positivo. Le vendite sono stimate in 541 milioni di euro (10-12% in Lombardia) di cui circa il 25% arriva da oltre confine con il commercio online. Il consumo pro capite è di circa di 6 euro, contro i 25 dollari degli Stati Uniti e Giappone, i 18 di Regno Unito e Germania e i 15 di Francia e Svizzera.


 «La musica è ancora per pochi". La conclusione di Antonio Monzino, presidente di Dismamusica - associazione di riferimento per il settore della produzione, distribuzione e vendita di strumenti musicali, edizioni musicali e accessori appartenente a Confcommercio - si scontra (all’apparenza) con quello che vediamo e viviamo. Ragazzi che si sfidano per un posto nei talent televisivi. E auricolari di forma e dimensioni diverse ad accompagnare ogni minimo spostamento per strada o sui mezzi pubblici. Si ascolta tanto. Si suona meno "perché – spiega – in Italia, nel Paese della musica, conviviamo con un’offerta formativa limitata. Come una piramide rovesciata: l’ alta formazione, i consevatori, i licei di indirizzo stanno in alto e occupano uno spazio ampio. In basso, invece, non c’è quasi nulla per il livello amatoriale".

Eppure, all’inizio dell’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus, in modo spontaneo l’Italia ha scelto di lanciare un messaggio di speranza con la musica, anche solo dai balconi di casa...

 "Perché fare musica, suonare, aiuta a stare bene. A livello amatoriale, in particolare, fa crescere il nostro cervello. Se nei professionisti, infatti, stimola maggiormente l’emisfero sinistro, in chi suona per passione e divertimento stimola anche l’altro emisfero, quello della gioia. Fare musica aiuta a stare bene, sviluppa l’autostima, contrasta il bullismo e la dispersione scolastica : ci sono studi a livello internazionale che certificano come chi ha musica raggiunge votazioni più alte".

 

Perché allora il nostro sistema scolastico non si è adeguato?

 "Perché inserisce l’educazione musicale dalle medie: è tardi. In Finlandia il 70% della popolazione fa musica fino alla terza e quarta elementare: fare musica è fondamentale nei primi anni perché è un gioco e insieme una disciplina, importante sotto il profilo educativo. In Italia la musica è inquadrata come un indirizzo di studi mentre dovrebbe essere una materia per tutti almeno fino a una certa età. Lo abbiamo scritto anche ai nostri parlamentari".

 

Cosa avete chiesto a Roma?

 "Abbiamo cercato di sensibilizzare la politica su questi aspetti: la musica fa bene alla salute tanto che suonare uno strumento dovrebbe essere inserito come indicatore del benessere e della qualità della vita e promosso dallo Stato come per lo sport. La ripresa del Paese dopo la pandemia può passare da una nuova attenzione verso la musica e lo strumento musicale".

 

Dal punto di vista economico,  di quali sostegni ha bisogno il settore?

 "Lo strumento musicale è un prodotto culturale e come tale dovrebbe avere un’Iva al 10% e non al 22%. Il commercio online mondiale ha inferto un duro colpo all’intera economia del territorio. Ma a differenza dei negozi di musica - che sono “spazi culturali“ che collaborano con enti locali, bande cittadine, musicisti, scuole, conservatori e organizzatori di eventi - non ha una funzione sociale ".

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