Figuracce elettorali, guerre interne, espulsioni e fughe: non c'è tregua per il M5S, che continua a fare i conti con una serie di situazioni imbarazzanti e con dissidi non ancora risolti. Tra i grillini dominano ansia e caos: il primo aspetto è dettato dalla forte preoccupazione di perdere la poltrona in seguito a un'ipotetica caduta del governo; il secondo è la conseguenza naturale della voglia di apparire e di imporre la propria linea da parte di molti pentastellati. Ecco perché si è arrivati a quella che sembra essere la crisi più imponente nella storia del Movimento 5 Stelle. E adesso i rischi sono davvero tanti.
"L'altro giorno mio padre mi ha detto: ma chi siete diventati? Io non capisco più chi siete e dove volete andare". La riflessione di Federico D'Incà rispecchia perfettamente le delusioni che hanno spinto gli ex elettori grillini a votare altrove. La tesi del ministro per i Rapporti con il Parlamento è condivisa da una grande parte del gruppo giallo, che però si è scontrato duramente nella riunione di lunedì in un agriturismo alle porte di Roma. Tra i tanti temi trattati vi è stato anche quello del rilancio del M5S: Riccardo Fraccaro avrebbe proposto di spingere sul referendumpropositivo. Tuttavia l'idea avanzata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio non è stata digerita dai presenti. "Se annuncio questo tema ai miei elettori mi vengono a prendere a mazzate", è stato lo sfogo di un grillino. Un dramma politico: ormai pure il via libera al taglio dei parlamentari, utilizzato come àncora di salvataggio, è finito nel dimenticatoio.
"M5S come il Pd"
L'edizione odierna del Corriere della Sera riporta alcuni retroscena del recente incontro: per oltre un'ora si è discusso di rapporto con il territorio e molti l'hanno presa come un'occasione per fare mea culpa. Il lamento che arriva da Stefano Buffagni è chiaro: "Non abbiamo più un'identità, non esistiamo". Lo stesso D'Incà rincara la dose: "Non ci siamo sui territori". Il capo delegazione Alfonso Bonafede cerca di richiamare tutti all'ordine: "Noi non avevamo tre opzioni da discutere?". Effettivamente il malumore di Perilli è comprensibile: "Non ho capito il senso di questa riunione. Perché non potevamo rispondere come gli altri via mail?".
C'è anche chi ha voluto approfittare della situazione per lanciare una proposta: "Perché non prendiamo lo statuto del Pd, togliamo il loro simbolo e ci mettiamo il nostro?". Una provocazione, probabilmente. Intanto Luigi Di Maio vuole accelerare per sanare i processi interni, ma con il passare dei giorni teme che gli Stati generali si protraggano per uno o due mesi. I giallorossi non possono aspettare ancora molto: "Vito, credo che tu debba accelerare. Dobbiamo avere una nuova leadership forte entro 10-15 giorni". Pare infine che Alessandro Di Battista sia stato citato una sola volta, tra l'altro in maniera negativa: "L'unica proposta che ha fatto è il servizio ambientale. Ormai è fuori dal mondo".
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