martedì 22 settembre 2020

Come si fanno le stagioni di concerti nell'era Covid. Il racconto di Michele Dall'Ongaro, Sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia

 L'altro ieri il sovrintendente-direttore artistico-presidente dell'Accademia di Santa Cecilia, Michele Dall'Ongaro, ha rivelato a Valerio Cappelli, e lui a noi, il nuovo metodo per confezionare il programma di una stagione, in epoca Covid.

Stabilito come rispettare il distanziamento: 1300 posti nella sala Santa Cecilia contro i 2700 posti disponibili, e l'abolizione in quasi tutti i concerti - perchè non tutti? - dell'intervallo, Michele Dall'Ongaro ha rivelato al giornalista che in questa stagione che sta per iniziare, lui ed il suo staff, assieme a Pappano, hanno lavorato anche di cronometro e organici. Hanno dovuto prendere in considerazione le durate per u concerto in un solo tempo senza intervallo; gli organici, in maniera da non affollare il palcoscenico, la sistemazione del coro nella galleria e naturalmente tutte le regole finora sempre in vigore, anche in epoca Covid: le quote per agenzia, la presenza di alcuni artisti che 'non possono mancare', i concerti del direttore musicale, e qualche timidissima apertura verso i giovani, fatta eccezione per quelli che hanno alle spalle agenti potentissimi o padrini eccezionali. Naturalmente per risparmiare si è ricorsi spesso alle prime parti, eccellenti solisti dell'orchestra dell'accademia.


Ma poi, nella foga del discorso, s'è voluto appuntare sul petto la medaglia della presenza di James Levine sul podio, per il concerto di chiusura della stagione in giugno, dimenticando che Levine, dopo aver raggiunto un accordo con la Metropolitan Opera, è tornato  a dirigere, seppure  sempre pochissismo a causa della sua salute malferma, e che a gennaio sarà a Firenze, invitato da Pereira per dirigere il Requiem tedesco di Brahms.


Nel darne notizia ha confessato, orgoglioso, a Cappelli, che lui da tempo 'stava dietro' a Levine,  che ora finalmente è riuscito a portare a Roma. 

La più grande balla della storia! Perchè Levine da molti anni ha diradato la presenza anche nel suo teatro, a New York, a causa di una malattia che non lascia scampo e che lo vede sul podio in carrozzella;  che  anche Salisburgo, dopo karajan, gli avrebbe sbattuto la porta in faccia - perdonate l'immagine cruda - anche a causa di certa stampa europea mai tenera con lui. E perchè dal 2017- da quattro anni a questa parte, a seguito delle accuse di comportamenti  scorretti ai danni di giovani musicisti, è stato formalmente allontanato dal Metropolitan, dove sembra però potrebbe tornare dopo che l'estate del 2019 sembra sia stato raggiunto un accordo, del quale però i termini non sono noti. 

Come è anche accaduto a Daniele Gatti con Amsterdam, alla viglia della pubblicazione di alcune registrazioni discografiche che senza accordi sarebbero rimaste fatiche vane e costose ( come si può capire, di fronte ai soldi, anche la morale va a farsi benedire!). 

Dunque vien da dire che Dall'Ongaro 'stava dietro' a Levine da studente, perchè da quando è arrivato al vertice dell'Accademia, nel 2015, Levine è incappato in diversi incidenti, prima di salute e poi di reputazione, per i quali non dirigeva neanche a New York.  E perciò era del tutto inutile 'stargli dietro' per farlo venire a Roma.  

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