Sulla riapertura degli stadi è sempre più tutti contro tutti, con i governatori già pronti a scavalcare il governo e scrivere le loro delibere, che prevedono la riapertura degli impianti anche se limitatamente a un quarto della loro capienza. La Conferenza delle regioni ieri ha infatti approvato le linee guida anticipate mercoledì da la Stampa, senza però discuterle poi con il governo, come prassi vuole. Il documento è stato spedito a Palazzo Chigi dove ora dovrà essere il Premier a sbrogliare la matassa.
Perché se da un lato il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, ha dato già il suo placet, il titolare della Salute, Roberto Speranza continua a puntare i piedi: «Anch’io sono un appassionato di calcio e vorrei riportare mio figlio a tifare Roma in tribuna Tevere dove siamo abbonati, ma voglio prima di tutto che vada a scuola». E’ questo l’indice di priorità ribadito ieri, anticipando probabilmente l’altro stop che gli esperti del comitato tecnico scientifico consiglieranno oggi all’Esecutivo.
«E’ ancora troppo presto per valutare come impatterà la scuola sulla curva dei contagi, già di per sé in risalita», è il ragionamento che la maggior parte di loro ha già fatto ancor prima di valutare le condizioni poste dalle regioni per la riapertura. Che in verità non sono poche. Prima di tutto perché al limite del 25% di posti occupabili si aggiunge l’altro dei mille spettatori che al massimo potranno occupare un singolo settore dell’impianto. Poi i tifosi dovranno indossare la mascherina durante tutta la permanenza nello stadio e sarà «vietato introdurre all’interno dell’impianto striscioni, bandiere e altro materiale». I posti a sedere dovranno inoltre essere assegnati in modo da garantire il distanziamento interpersonale, sia laterale che frontale di almeno un metro da testa a testa. In pratica per ogni seggiolino occupato ce ne saranno tre liberi. E comunque non ci si potrà spostare dal proprio posto, nemmeno per esultare a un gol.
Ma da un punto di vista tecnico, a preoccupare Speranza e scienziati del Cts è tutta la movimentazione prima e dopo la partita. Vuoi per il rischio affollamento dei mezzi pubblici, vuoi per il fatto che le linee guida regionali prevedono si che gli steward vigilino sul rispetto del distanziamento in entrata e uscita, comunque scaglionate, ma è poi tutto da dimostrare che i club meno grandi e ricchi abbiano tutti questi controllori da schierare.
Ministro e Cts temono poi che riaprire ai tifosi i cancelli degli impianti venga interpretato dalla popolazione come un liberi tutti, lanciato proprio mentre le situazione epidemiologica in Italia è ancora densa di incognite per il futuro.
Secondo i governatori però il documento messo a punto dai loro tecnici offre sufficienti garanzie per la riapertura, non solo degli stadi da calcio ma anche degli altri impianti sportivi, compresi quelli al chiuso e chiedono al governo di allegare le loro linee guida al dpcm che entro il 7 ottobre dovrà prorogare le misure su distanziamento e mascherine di altri 15 giorni quello in scadenza. Richiesta condivisa anche da una fautore della linea dura come il campano De Luca, ma non da Zingaretti.
«Dopo l’appello dei presidi a studenti e genitori a usare sempre le mascherine in entrata e uscita dalle scuole ritengo sbagliato oggi anche solo ipotizzare la riapertura degli stadi fino al 25%», ha detto gelando così le speranze di romanisti e laziali. Certo, con gli scienziati del Cts, il primo azionista del governo e il titolare della Salute schierati contro è difficile che Conte avvalli in tutto e per tutto il piano delle regioni. Che il Governo potrebbe decidere di tenere nel cassetto fino a fine ottobre. Ma che i governatori sono pronti ad applicare per proprio conto già da subito.
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