lunedì 20 luglio 2020

Ennio Morricone voleva fare un film; nel tempo ne ha modificato in parte la sceneggiatura


"C'era una volta un paese perfetto, straordinario, dove regnava un pace sociale fantastica.Tutti si volevano bene. Un paese che tutti noi vorremmo esistesse davvero. 

Questo paese non aveva un governo, aveva tuttavia un capo che, giustamente, si compiaceva della situazione in cui viveva il suo popolo. Il quale per mostrare a tutti il proprio stato d'animo, sfruttava i colori dei vestiti. il bianco contraddistigueva chi era sereno, i colori scuri quelli che sereni non erano.

Quel popolo, inoltre,non conosceva l'orologio, avrebbe procurato ansia. Un paese quasi inerte. Un giorno al capo di quel popolo venne in mente che c'era ancora qualcosa capace di turbare gli animi del  suo popolo: era la MUSICA, in grado di modificare profondamente gli animi. E così la bandì dal suo paese.

La sua proibizione trovò consenzienti alcuni cittadini, ma dissenzienti altri che si coalizzarono per eludere quel divieto. Con quel divieto il capo divenne di fatto un dittatore.Ma le naturali inflessioni melodiche del parlare ed il conseguente ritmo non potevano essere eliminati del tutto.

Di conseguenza, coloro che dissentivano da quella imposizione sfruttavano qualunque occasione, anche quelle offerte dalla quotidianità, per dar vita ad un parvenza di melodia e di ritmo. Tutti parlavano come robot, senza inflessioni.

I suoni di tutti i giorni diventarono una 'nuova' musica, ma organizzata. La situazione volgeva verso la tragedia e il capo-dittatore avvertiva questa contrapposizione, pur non dichiarata.

Una notte fece un sogno. Sognò che andando sulla riva del mare quando il mare diventava verde, cioè verso le prime ore del pomeriggio - in quel paese  era il mutare del colore del mare a scandire le ore del giorno - avrebbe avuto una rivelazione. Sperando di far tornare la pace sociale,  raccontò al suo popolo il sogno. A seguito del quale capo e popolo si recarono in riva al mare al giorno convenuto e all'ora convenuta. E cosa accadde?

Accadde che, uscendo disordinatamente dalle acque, s'era dati convegno davanti a quella folla tutti i grandi musicisti della storia, i quali cantavano e suonavano la loro musica ( nel montaggio, questo racconto 'cinematografico' prima commentato dalla mia musica, prevedeva che, alla fine, tutti i grandi musicisti cantassero insieme). 

Il capo comprese la lezione e tolse i quel suo dannoso divieto. Così la musica vinse e in quel paese tornò la serenità".

Quando, molti anni fa,  lo raccontai a Pasolini, gli rivelai inizio e fine del racconto, il resto avrebbe dovuto inventarlo lui. Ero interessato a capire come Pasolini avrebbe immaginato la rivoluzione operata da quei cittadini che, non potendo fare a meno della musica, sfruttavano ogni mezzo per eludere il divieto del loro capo, senza dare nell'occhio. Pasolini, alla fine del racconto, chiamò a telefono Fellini, che ci raggiunse in taxi immediatamente. Feci anche anche a lui il racconto e lui, dopo averlo ascoltato, disse: vorrei fare un film su questa storia, però ora non poso perché ne devo fare uno su san Paolo ( il film su san Paolo non lo ha mai fatto).

 Non fece neanche quel mio film, ma subito dopo fece 'Prova d'orchestra', dove c'è la rivoluzione ma per scelta dei musicisti, anche se spostata: prima la rivoluzione e poi l'arrivo del direttore che distrugge con un fortissimo colpo di gong la rivoluzione dei musicisti e li comanda a bacchetta.

Non voglio sembrare presuntuoso, ma l'idea di 'Prova d'orchestra' c'era in quel mio racconto: il dittatore/ direttore fa rinascere la musica anche se tristissima.

La mia 'favola' insegna che la musica è indispensabile, fa parte della nostra vita, e che i cittadini di quello strano paese, quando si resero conto di non poterne fare a meno, trasformarono in musica i suoni di ogni giorno.
                                     (Ennio Morricone a Pietro Acquafredda)


                                                 *****

"L'incipit si svolgeva in un'epoca indefinita., in una città popolata da gente onesta, buona che crede negli ideali e non ha un capo, vive in una specie di anarchia costruita sulla bontà e la correttezza di ciascuno verso l'altro. Un giorno un uomo, forse più intelligente degli altri, sostiene che quella falsa pace è alimentata dalla musica, che entra nei sentimenti delle persone e sviluppa imprevedibili, drammatiche, gioiose, positive e negative, reazioni a causa delle quali quella città sta perdendo la sua tranquillità. La soluzione è proibire la musica. Tutti sono d'accordo, l'idea è sua, gli altri l'accettano, perciò egli diventa un capo senza volerlo. Dopodiché si comincia a non modulare la voce, si parla senza l'alto e il basso delle nostre corde vocali. Pian piano le costrizioni aumentano e il capo intanto sta diventando un dittatore...

Per Ennio che immaginava e raccontava questo storia, la musica è libertà.
                                     (Ennio Morricone a Giuseppe Tornatore,                                                                                                                                                                                 secondo Walter Veltroni)


                                                   

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