lunedì 27 luglio 2020

Ortombina ( La Fenice di Venezia) contestato dall'orchestra per la gestione del teatro e per la attività artistica. Ma non era il miglior sovrintendente su piazza? ( da La Nuova. di E.Tantucci)


Dura lettera delle masse artistiche, sotto accusa il sovrintendente e la ripetizione “industriale” delle opere di repertorio



Il Teatro La Fenice paragonato addirittura a una “Pomigliano della lirica”, secondo una polemica definizione del musicologo Paolo Isotta, per la produzione “industriale” di “Traviate” verdiane a uso turistico, per sostenere i suoi bilanci.

L’accusa al sovrintendente Fortunato Ortombina e alla dirigenza di essere più attenti alla propria immagine esterna e al relativo impatto mediatico piuttosto che a una diretta informazione ai lavoratori del teatro veneziano. E le rivendicazioni economiche, per la cassa integrazione imposta dall’emergenza coronavirus e per il mancato adeguamento di un contratto che risale al 1999. Sono solo alcune delle critiche contenute in una durissima lettera aperta contro l’attuale dirigenza del teatro veneziano diffusa ieri a firma “L’Orchestra del Teatro La Fenice a maggioranza”.

Una lettera da prendere con le molle rispetto alla sua effettiva rappresentatività, perché nemmeno le Rappresentanze sindacali unitarie del teatro dicono ufficialmente di saperne nulla. E perché non compaiono in essa né nomi, né numero dei firmatari e neppure risulta si sia tenuta un’assemblea generale dell’Orchestra, composta di un centinaio di elementi, senza contare i circa settanta coristi. Tuttavia, la spia evidentemente di un disagio di almeno una parte degli orchestrali che se non hanno voglia di uscire allo scoperto, vogliono comunque manifestarlo pubblicamente, in un momento difficilissimo per la Fenice che cerca faticosamente di riprendere la sua attività dopo l’emergenza coronavirus, ancora non conclusa. «L’Orchestra del Teatro La Fenice» attacca la lettera aperta «sta attraversando uno dei più tristi periodi della sua lunga storia. Lo stato di malessere in cui essa versa è solo in parte legati alle tragiche vicende del virus Covid 19 che ha provocato la sospensione di ogni attività culturale pubblica in Italia. Riteniamo invece che esso sia in gran parte riconducibile alle scelte artistiche e al modus operandi che la Direzione del Teatro, rappresentata in primis dal Soprintendente Ortombina, ha posto in essere in questi ultimi anni».

Secondo la lettera attribuita all’Orchestra, «è mancato con questa Direzione un dialogo costruttivo e la cooperazione verso un obiettivo che non sia la mera sopravvivenza di facciata», e «l’assenza di comunicazione con i vertici aziendali è peggiorata. Ora più che mai notizie importanti che ci riguardano sono apprese unicamente dai giornali e dai social».

Critiche anche alla cerchia di collaboratori di Ortombina, a cominciare dal direttore del personale, per l’eccessiva rigidità e per il mancato adeguamento del salario e della stabilizzazione dei posti previsti in pianta organica. «È forte in questo contesto» si legge ancora «la tentazione di emigrare verso altre realtà musicali più gratificanti. Molti di noi l’hanno già fatto».

La lettera rivendica anche un ruolo di consultazione dell’Orchestra sulla scelta di cantanti e direttori e sulla programmazione artistica in generale, giudicata «qualitativamente deficitaria».

Lamentando la carenza di musicisti di chiara fama. Giudicata inoltre penalizzante la scelta della cassa integrazione che riprenderà dal 23 luglio a fine mese: «una politica ingiustificata soprattutto in seguito all’ordinanza del presidente della Regione Veneto che favorisce una più agile ripresa delle attività di spettacolo».

E critiche anche al pareggio di bilancio raggiunto dalla Fenice «con la ripetitività “chirurgica” degli stessi titoli in cartellone», lamentando anche la carenza di sponsorizzazioni private. «Non ci sono fondi per stabilizzare l’organico» si legge «eppure si spendono centinaia di migliaia di euro per tamponare gli effetti di continue cause di lavoro che, perse dalla Direzione, producono l’aggravio di pesanti somme di denaro dovute ai lavoratori licenziati e vincenti in giudizio». —

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