Il caso Beatrice Venezi potrebbe diventare lo spunto per il reality show più originale sulla piazza. Chiamiamolo Orchestral Matchmaking, sulla scia delle docuserie sui matrimoni combinati; solo che in questo caso l’unione da mettere alla prova non è quella fra due giovani nubendi appaiati da una esperta sensale, ma quella tra una direttrice d’orchestra e l’orchestra stessa, combinata da giochi politici più o meno scoperti. Sarebbe un originale mix di cultura altissima e bassissima, di arte e gossip, di buon gusto e di pessimi intrallazzi, un mash-up fra intrattenimento cheap e Prova d’orchestra, uno degli ultimi e meno ricordati film di Federico Fellini, riferimento cinematografico obbligatorio in una vicenda che parla di direttori contestati e musicisti riottosi e insofferenti.
Quel matrimonio combinato tra Venezi e l’orchestra della Fenice
Perché anche se la ribellione dell’orchestra del Teatro La Fenice di Venezia verso la nomina a direttore artistico di Beatrice Venezi (curriculum non esaltante e competenze ancora acerbe, il tutto incartato in un look da giovane Milly Carlucci) viene letta come un atto politico, essendo notoriamente Venezi una protegée della destra al governo, amica di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, oltre che figlia di un esponente lucchese di Forza Nuova, il vero nodo della questione non è troppo diverso da quello che ci fa sembrare inaccettabili i matrimoni combinati. Certo, un’orchestra e il suo direttore non possono scegliersi l’un l’altro per puri motivi sentimentali o artistici, dietro una nomina ci sono forze molto più grandi, politiche ed economiche, mosse da motivazioni spesso prosaiche, ma che il rapporto alla fine funzioni conviene a tutti quanti, incluso il pubblico pagante. E non può funzionare, se entrambi i partner non hanno avuto voce in capitolo e, in seguito non hanno il tempo di conoscersi e superare eventuali diffidenze.
No, non facciamone una questione di misoginia o sessismo
Non è il caso di enumerare tutti i motivi per cui un orchestrale di sinistra, o anche solo antifascista, o anche solo snob, preferirebbe non dover ubbidire alla bacchetta di una come Beatrice Venezi: basta googlare per averne una vasta panoramica, da dichiarazioni come «Dio, patria e famiglia sono i miei valori, mi vergognerei di una madre come la Cirinnà» all’ostinazione a farsi chiamare “direttore”; dallo smaccato “amichettismo” con la cricca meloniana alla pubblicità di un noto integratore per capelli (per inciso: non scherziamo, Bea, una chioma come la tua si deve ai geni, io posso ingozzarmi di miglio come una voliera di canarini ma non avrò mai quella fluente criniera).
Lasciamo perdere anche i sospetti di misoginia: un’orchestra che diffida di una donna sul podio ormai si squalifica da sola, e di direttrici d’orchestra italiane rispettate nel loro Paese e all’estero ce ne sono eccome, da Speranza Scappucci a Gianna Fratta. Ed è proprio lei, prima donna ad aver guidato i Berliner Philharmoniker, a spiegare, in un’intervista sulla Stampa, che a suo avviso nell’affaire Venezi non c’entrano né la politica né il sessismo né la diffidenza per la sua giovane età o per il suo look, ma l’esigenza di un’orchestra o di un ente lirico di avere la sicurezza della miglior direzione possibile.
Guai a ledere la maestà dell’orchestra
Non esiste che sia la politica a paracadutare il direttore su un podio. Di solito, precisa Fratta, «l’orchestra entra in contatto con il direttore ed esprime poi il parere al sovrintendente. Non viene mai estromessa, perché dalla qualità della relazione dell'’orchestra con il direttore dipende la qualità di tutto quello che viene suonato e rappresentato». Guai a ledere la maestà dell’orchestra, e non solo nella scelta di un direttore: basta ricordare il putiferio scoppiato 40 anni fa tra i suscettibili Berliner, quando Herbert von Karajan (Herbert von Karajan!) volle imporre la bionda 24enne Sabine Meyer come primo clarinetto. La rivolta che ne seguì sembrava la versione reale di quella immaginata nel 1979 da Fellini in Prova d’orchestra, col dispotico direttore tedesco chiuso in camerino e i musicisti che scandiscono «direttore direttore – non ti vogliamo più – d’ora in poi chi ci dirige – lo mettiamo a testa in giù». Altro che i volantini anti-Venezi lanciati nel teatro La Fenice…
Una possibile via d’uscita per la biondochiomata “direttore”
Nell’intervista Gianna Fratta ci ricorda che grandissimi teatri hanno rispedito al mittente direttori musicali blasonati perché “umanamente” non scoccava la scintilla, o hanno scommesso su bacchette giovani e “inesperte” perché ne intuivano il potenziale (esempio illustre, Riccardo Muti con l’orchestra della Scala). Fratta è sicura che se l’orchestra della Fenice avesse avuto modo di testare Venezi e l’avesse trovata in gamba, curriculum, pettegolezzi e simpatie politiche sarebbero stati superati, per scommettere su una persona “giovane ed eccezionale”. Come uscirne, ora? «So cosa farei io: saluterei», risponde la direttrice, per poi aprire uno spiraglio a una soluzione in stile Orchestral Matchmaking: Venezi dovrebbe chiedere con umiltà all’orchestra di darle una possibilità, una sola. «Un titolo in cartellone, per suonare una volta con l’orchestra, così da darle il modo di valutare le chance future». Ecco, qui dovrebbe cominciare il nuovo reality: la biondochiomata “direttore” che dice agli ostili musicisti veneziani: «Mettetemi alla prova. So di potermi conquistare la vostra fiducia e il vostro rispetto, se me ne date l’opportunità». L’importante è che non parta subito lo spot di Bioscalin.
Nessun commento:
Posta un commento