Programma
Domenico Cimarosa
(Aversa, 17 dicembre 1749 - Venezia 11 gennaio 1801)
“Le astuzie femminili” (1794)
Le figliuole che so’ de vint’anne
Niccolò Piccinni
(Bari, 16 gennaio 1728 - Passy, Parigi, 7 maggio 1800)
“La Cecchina o la buona figliola” (1760)
Vedo la bianca vedo la bruna
Giovanni Paisiello
(Taranto, 9 maggio 1740 - Napoli, 5 giugno 1816)
“Socrate immaginario” (1775)
T’aggio ditto statte bona
Wolfgang Amadeus Mozart
(Salisburgo, 27 gennaio 1756 - Vienna, 5 dicembre 1791)
“Don Giovanni” (1787)
Madamina il catalogo è questo
Gioacchino Rossini
(Pesaro, 29 febbraio 1792 - Passy, Parigi, 13 novembre 1868)
“La Cenerentola” (1817)
Sia qualunque delle figlie
Gaetano Donizetti
(Bergamo, 29 novembre 1797 - Bergamo, 8 aprile 1848)
“L’elisir d’amore” (1832)
Udite o rustici
Nicola De Giosa
(Bari, 3 maggio 1819 - Bari 17 luglio 1885)
“Don Checco” (1850)
Ah! ca le diente abballano
Nino Rota
(Milano, 3 dicembre 1911 - Roma, 10 aprile 1979)
“Il cappello di Paglia di Firenze” (1946)
È una cosa incredibile
Baritono buffo? Anzi che no...
Una lunga, lunghissima e fortunata stagione compositiva (e di converso
interpretativa) ha contraddistinto la voce di baritono che, come si dimostra
in questo programma, attraversa in lungo e in largo ben tre secoli di
storia dell’opera in musica: dal Don Giovanni di Mozart (1787) sino al
Cappello di paglia di Firenze di Nino Rota (1946) passando da altri famosi
compositori come Cimarosa, Piccinni, Paisiello, Rossini, Donizetti, De Giosa.
Sunteggiando al meglio le peculiarità che costituiscono ‘la grana’ della voce
baritonale, possiamo dire che essa è una voce leggera per agilità e brillantezza,
per questo ideale per movimenti veloci ma anche complessi (come lo sono i
trilli o i gorgheggi). Essa ha una estensione notevole che perciò stesso permette
di eseguire le agilità d’un repertorio comico ad uso di personaggi ingenui,
sciocchi, financo ridicoli. Tale tipologia baritonale si è imposta storicamente
nelle opere buffe italiane a partire da Rossini, nel cui repertorio di opere
comiche questa voce non manca mai, laddove appunto si richiede comicità
interpretativa e agilità vocale. Per il pesarese pensiamo subito al Don Magnifico
nella Cenerentola, al Figaro e al don Bartolo de Il Barbiere di Siviglia; oppure
al Don Pasquale del bergamasco Gaetano Donizetti, passando ovviamente dal
mozartiano Figaro de Le Nozze di Figaro o al Papageno del Flauto Magico.
Essa dunque è una voce maschile leggera, intermedia tra quella del tenore e
quella del basso. Nondimeno alcuni strumenti ne imitano la estensione: tra i
fiati, il sax baritono e il flicorno; tra gli archi la viola. Per tali caratteristiche,
se rapportate alla anatomia umana, la voce di baritono è abbastanza comune,
appunto perché è voce media: pastosa, limpida, insieme potente ed elastica,
pertanto bene si associa allo splendore della voce tenorile e alla gravità di
quella del basso. Nell’antica musica polifonica la si trova raramente, mentre
la udiamo vincente e dominante nell’opera tanto seria che buffa. Molti
compositori d’ogni età (come è dimostrato proprio in questo programma...)
hanno affidato al baritono parti importanti se non proprio principali: si ascolti
il don Magnifico della Cenerentola rossiniana con Sia qualunque delle figlie;
Don Checco del barese Nicola De Giosa in Ah! Ca le diente abballano
(musicista questo, che si sta rivalutando); Socrate immaginario di Paisiello
in Taggie ditte statte bone; L’elisir d’amore di Donizetti con Udite o rustici,
su su fino al personaggio e alla voce baritonale di Fadinard ne Il cappello di paglia di
Firenze di Rota che canta È una cosa incredibile.
Ma last but not least, non possiamo non richiamare il Leporello del Don
Giovanni di Mozart (testo di Lorenzo da Ponte) quand’egli, ironicamente,
dice a donna Elvira
“...Madamina il catalogo è questo. Delle belle che amò il padron mio, un
catalogo egli è che ho fatt’io. Osservate, leggete con me: in Italia seicento
e quaranta, In Alemagna duecento e trentuna, Cento in Francia, in Turchia
novantuna. Ma in Ispagna, ma in Ispagna son già mille e tre, ...mille e tre!”
Pierfranco Moliterni
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