lunedì 29 settembre 2025

Bari, Collegium Musicum: Concerto del 7 ottobre. Domenico Colaianni baritono; Piero Cassano pianoforte

                                                              Programma


Domenico Cimarosa

(Aversa, 17 dicembre 1749 - Venezia 11 gennaio 1801)

“Le astuzie femminili” (1794)

Le figliuole che so’ de vint’anne

Niccolò Piccinni

(Bari, 16 gennaio 1728 - Passy, Parigi, 7 maggio 1800)

“La Cecchina o la buona figliola” (1760)

Vedo la bianca vedo la bruna

Giovanni Paisiello

(Taranto, 9 maggio 1740 - Napoli, 5 giugno 1816)

“Socrate immaginario” (1775)

T’aggio ditto statte bona

Wolfgang Amadeus Mozart

(Salisburgo, 27 gennaio 1756 - Vienna, 5 dicembre 1791)


“Don Giovanni” (1787)

Madamina il catalogo è questo

Gioacchino Rossini

(Pesaro, 29 febbraio 1792 - Passy, Parigi, 13 novembre 1868)


“La Cenerentola” (1817)

Sia qualunque delle figlie

Gaetano Donizetti

(Bergamo, 29 novembre 1797 - Bergamo, 8 aprile 1848)

“L’elisir d’amore” (1832)

Udite o rustici

Nicola De Giosa

(Bari, 3 maggio 1819 - Bari 17 luglio 1885)

“Don Checco” (1850)

Ah! ca le diente abballano

Nino Rota


(Milano, 3 dicembre 1911 - Roma, 10 aprile 1979)

“Il cappello di Paglia di Firenze” (1946)

È una cosa incredibile


Baritono buffo? Anzi che no...


Una lunga, lunghissima e fortunata stagione compositiva (e di converso

interpretativa) ha contraddistinto la voce di baritono che, come si dimostra

in questo programma, attraversa in lungo e in largo ben tre secoli di

storia dell’opera in musica: dal Don Giovanni di Mozart (1787) sino al

Cappello di paglia di Firenze di Nino Rota (1946) passando da altri famosi

compositori come Cimarosa, Piccinni, Paisiello, Rossini, Donizetti, De Giosa.

Sunteggiando al meglio le peculiarità che costituiscono ‘la grana’ della voce

baritonale, possiamo dire che essa è una voce leggera per agilità e brillantezza,

per questo ideale per movimenti veloci ma anche complessi (come lo sono i

trilli o i gorgheggi). Essa ha una estensione notevole che perciò stesso permette

di eseguire le agilità d’un repertorio comico ad uso di personaggi ingenui,

sciocchi, financo ridicoli. Tale tipologia baritonale si è imposta storicamente

nelle opere buffe italiane a partire da Rossini, nel cui repertorio di opere

comiche questa voce non manca mai, laddove appunto si richiede comicità

interpretativa e agilità vocale. Per il pesarese pensiamo subito al Don Magnifico

nella Cenerentola, al Figaro e al don Bartolo de Il Barbiere di Siviglia; oppure

al Don Pasquale del bergamasco Gaetano Donizetti, passando ovviamente dal

mozartiano Figaro de Le Nozze di Figaro o al Papageno del Flauto Magico.

Essa dunque è una voce maschile leggera, intermedia tra quella del tenore e

quella del basso. Nondimeno alcuni strumenti ne imitano la estensione: tra i

fiati, il sax baritono e il flicorno; tra gli archi la viola. Per tali caratteristiche,

se rapportate alla anatomia umana, la voce di baritono è abbastanza comune,

appunto perché è voce media: pastosa, limpida, insieme potente ed elastica,

pertanto bene si associa allo splendore della voce tenorile e alla gravità di

quella del basso. Nell’antica musica polifonica la si trova raramente, mentre

la udiamo vincente e dominante nell’opera tanto seria che buffa. Molti

compositori d’ogni età (come è dimostrato proprio in questo programma...)

hanno affidato al baritono parti importanti se non proprio principali: si ascolti

il don Magnifico della Cenerentola rossiniana con Sia qualunque delle figlie;

Don Checco del barese Nicola De Giosa in Ah! Ca le diente abballano

(musicista questo, che si sta rivalutando); Socrate immaginario di Paisiello

in Taggie ditte statte bone; L’elisir d’amore di Donizetti con Udite o rustici,

su su fino al personaggio e alla voce baritonale di Fadinard ne Il cappello di paglia di 

Firenze di Rota che canta È una cosa incredibile.

Ma last but not least, non possiamo non richiamare il Leporello del Don

Giovanni di Mozart (testo di Lorenzo da Ponte) quand’egli, ironicamente,

dice a donna Elvira

“...Madamina il catalogo è questo. Delle belle che amò il padron mio, un

catalogo egli è che ho fatt’io. Osservate, leggete con me: in Italia seicento

e quaranta, In Alemagna duecento e trentuna, Cento in Francia, in Turchia

novantuna. Ma in Ispagna, ma in Ispagna son già mille e tre, ...mille e tre!”

Pierfranco Moliterni

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