Qualche breve notizia per iniziare l'anno nuovo, sperando di poterne avere di migliori nei mesi a venire.
Cominciamo dal celebre scultore e pittore di origine indiana Anish Kapoor il quale ha brevettato un nero, 'il nero più nero del mondo', noto come 'vantablack' che nessun altro al di fuori di lui può usare.
Gli ha fatto eco un giovane artista inglese, Stuart Semple, che ha brevettato un rosa 'il rosa più rosa del mondo' che possono usare tutti all'infuori di Kapoor.
Al che Kapoo s'è fotografato per la gioia della rete, con il dito medio intinto nel rosa di Semple, ed a sua volta Semple s'è fotografato e messo in rete, con il segno della vittoria, intingendo le due dita nel nero di Kapoor. Chi la fa l'aspetti! Speriamo non scatenino una guerra 'di colori'.
Il sindaco Virginia Raggi che ogni giorno ne combina una, assediata dai giornalisti, all'indomani della sua elezione, alla domanda: che farà nei primi cento giorni, rispose: lasciamo perdere, non mi interessano i primi cento giorni. Oggi viene il dubbio che Lei non sapesse cosa fare non solo nei primi cento giorni ma sempre. tant'è che l'altro giorno Sergio Rizzo, sul Corriere, l'ha chiamata la sindaca che 'sta lavorando', che è poi la frase che Lei va ripetendo ad ogni contestazione. Ma saprà cosa sta facendo o lavora a vuoto? Da ieri , di nuovo incalzata dai giornalisti , ha risposto alle richieste di spiegazioni del 'sacco di Roma': datemi tempo!
Chi oggi, 1 gennaio, si è recato all'Auditorium Parco della Musica , per visitare le bancarelle natalizie allestite nei giardini pensili del complesso di Renzo Piano, si è reso conto de visu che le bancarelle erano quasi tutte chiuse, quattro o cinque appena aperte e NIENT'ALTRO. Ma il biglietto da pagare per accedervi era il medesimo di quando le bancarelle erano tutte aperte e c'erano anche giochi, e cioè 10 Euro.
Non cominci anche Musica per Roma a truffare i cittadini, e soprattutto non cominci proprio all'indomani del suo trionfale bilancio dell'anno appena concluso, sul quale - come abbiamo già scritto - nutriamo qualche serio dubbio. Comunque nessuna ragione per truffare i cittadini; il biglietto di accesso ha senso quando gli allestimenti sono tutti aperti non quando - inspiegabilmente nel giorno di Capodanno - sono quasi tutti chiusi.
Capodanno da Venezia e Vienna. Abbiamo sempre pensato, pienamente convinti, che la musica fatta a Venezia non fosse seconda a quella suonata a Vienna. Diverso è solo il repertorio: a Vienna il valzer, a Venezia il melodramma.
Per valutare però la tenuta di un programma di concerto televisivo vanno considerati altri fattori non basta il repertorio al quale si attinge. Certo l'Orchestra di Venezia non può misurarsi con quella viennese, non c'è che dire; ma i direttori che hanno diretto i due concerti sono del medesimo livello, salvo i casi di alcuni più adatti di altri al clima festaiolo, di un concerto di capodanno, all'ora di pranzo. In questo senso è chiaro che Dudamel c'azzecca di più del compassato Luisi che, quando ha fatto gli auguri di buon anno, sembrava rivolgere al mondo le condoglianze per un futuro che si annuncia tragico, anche a giudicare anche dal nuovo attentato del capodanno in Turchia.
E il pubblico televisivo rimane attaccato al teleschermo sì per il repertorio, ma soprattutto per altri fattori, artisticamente poco influenti, ma televisivamente decisivi.
A Vienna l'hanno capito da subito, a Venezia noi abbiamo tentato, lottando, giacchè ce ne siamo occupati direttamente per oltre dieci anni, di farlo capire fin dalla prima edizione. E cioè: repertorio notissimo, clima di festa, alternanza di brani di diverso carattere (a Venezia si poteva giocare anche son i solisti, il coro e la sola orchestra quando non anche con solisti strumentali, come è accaduto una volta sola con Massimo Quarta, che ha eseguito Paganini), e prima ancora di qualunque altra caratteristica, brani sempre brevi. Perchè all'ora del concreto, a capodanno, non si ha tempo per seguire un brano bello ma fuori luogo e peggio ancora lungo - come Venezia ha cominciato testardamente a fare, a suo danno, da quando noi non ce ne siamo più occupati, perdendo negli ultimi due anni oltre trecentomila telespettatori. Pur mantenendosi sopra i 4.000.000 che resta comunque una cifra di tutto rispetto.
Venezia ha conservato - e bene ha fatto - una nostra invenzione , ad imitazione di Vienna, e cioè i due pezzi 'd'obbligo' conclusivi: Va pensiero da Nabucco e Brindisi da Traviata, che riscuotono sempre il meritato e scontato successo di pubblico televisivo e non.
Sul concerto 'televisivo' ci sarebbero altre cose da dire: sigla mortaccina - si direbbe a Roma ; ogni anno cambio di persona al banco di regia (il che dimostra che nelle intenzioni di Rai Cultura tutti possono fare la regia di un concerto: errore madornale!); titoli dei brani che sfondati su un cartiglio multicolori erano illeggibili; balletti che pur affidati al Corpo di ballo della Scala, non reggono il confronto con quelli viennesi; assenza di una direzione o consulenza artistica, come lo è stata la nostra, che faceva prevalere la particolare situazione del concerto su qualunque altro elemento. E il successo di pubblico (l'ultima volta, con la nostra consulenza, ben 4.400.000 telespettatori, un record) ci aveva premiato.
Scommettiamo che domani sapremo di altra perdita di telespettatori?
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