Atene contro Melo da Tucidide, di e con Alessandro Baricco. E con Stefania Rocca e Valeria Solarino, e i '100 Cellos' di Giovanni Sollima diretti da Enrico Melozzi.
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Alessandro Baricco - che aveva presentato questo suo spettacolo a Spoleto nel 2023, in scena Vacis, essendo lui impedito dalla malattia ,e in maggio di quest'anno, a Taormina, e che ora, riprendendosi la scena, è sbarcato a Roma -
è partito da Tucidide, l'inventore della storia, il primo vero storiografo, e dai suoi Otto libri dedicati alla Guerra del Peloponneso.
In particolare dal racconto di una disputa fra Atene, patria della democrazia ed anche dell'arte, della poesia, della filosofia e della letteratura, e la piccola isola di Melo, nelle Cicladi, che ad Atene osa chiedere l' autonoma, uscendo dalla 'lega', della 'capofila' e potente città, e di cui era alleata.
Apriti cielo. Atene considera la richiesta un affronto e per far desistere gli abitanti dell'isola dalla richiesta invia i propri ambasciatori con il preciso incarico di discutere con quelli di Melo, a porte chiuse, della questione,
Tucidide, curiosamente, smette allora le vesti dello storico, e, come un drone odierno, racconta ciò che gli ambasciatori si sarebbero detti nella sala, assolutamente vietata a chiunque altro.
Baricco coglie e sottolinea in Tucidide le ragioni del più forte, Atene ,che vuole far capitolare gli abitanti di Melo, che tuttavia resistono. La storia finisce con un massacro, la deportazione degli abitanti abili, e l'occupazione dell'isola con l'invio di coloni.
Facile vedere in quest'esito la storia che oggi abbiamo sotto gli occhi delle due guerre in pieno svolgimento: sete di potere, lotta per la terra, ragioni del più forte, massacri.
Baricco narra poi un altro episodio, marginale, della medesima guerra del V° secolo av. Cristo, ancora una storia di sopraffazione che si ferma prima della mattanza solo perchè chi doveva assumere la decisione finale, ebbe modo e volontà di fermarsi 'a pensare'. Mai smettere di pensare, avverte con Tucidide Baricco.
Il quale, nonostante la malattia dalla quale sembra fortunatamente uscire, resta quell'affabulatore che sappiamo, anche nella pochezza di mezzi: una sedia un microfono, un pò di fogli, con un panama schiacciato in testa e i guanti senza punte, che ci hanno fatto pensare ad una iconica immagine di Glenn Gould che li portava anche in concerto perché temeva il freddo, mentre per Baricco, anche in piena estate, è semplice precauzione e strumento di protezione.
Accanto a lui, per non più di una ventina di minuti, i due ambasciatori impersonati da notissime attrici: Solarino (Atene), Rocca ( Melo), glaciali al confronto, per presentare, senza partecipazione, le ragioni delle due parti.
Il vero spettacolo era dato dal gruppo strumentale, dai cento violoncelli (ma forse erano meno) di Sollima, agli ordini di Melozzi, aspetto truce, occhiali scuri e ciuffo sulla fronte alla Little Tony.
Entrano accolti dagli applausi, si dispongono seduti in cinque o sei file e poi, mentre Sollima solista attacca una specie di trenodia, loro tutti fanno ruotare gli strumenti di 180 gradi, mettendo a terra il riccio del manico e issando verso l'altro i puntali. L'immagine, di lunga durata, è fortissima: come una 'testuggine ' romana in assetto di guerra.
Faranno il loro ingresso potente, accompagnando con ritmo deciso ed insistente, le evoluzioni anche fisiche di Sollima con il violoncello in scena, al momento in cui Atene firma la condanna di Melo e l'occupa.
E lì lo spettacolo poteva terminare. Baricco, invece, come si usa nelle favole, e spesso anche nel melodramma (si pensi al Don Giovanni mozartiano dove la punizione dell'improbo poteva chiudere egregiamente l'opera ed invece no) vuole fare la morale e appesantisce lo spettacolo, lo rende ridondante, costringendo a quel punto Sollima, Melozzi ed i violoncellisti a riprendere l'efficace sottolineatura musicale della distruzione di Melo.
Cavea stracolma, pubblico attento ed entusiasta
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