Vittorio Sgarbi contro i direttori stranieri dei musei
Ma nella stessa occasione Sgarbi non ha mancato di concentrarsi anche su questioni inerenti al suo ruolo, pronunciandosi, come consuetudine, senza mezze misure. Sul destino dei direttori stranieri alla guida dei grandi musei statali italiani, il Sottosegretario non ammette obiezioni:
“Adesso se ne vanno. Siamo arrivati noi e se ne vanno loro. Perché devo mettere un direttore straniero agli Uffizi? Si è mai visto uno straniero al Louvre? I simboli sono i simboli. È una stagione finita. Brera sicuramente quello che c’è non ci sarà più, a Firenze quello che c’è non ci sarà più, a Napoli quello che c’è non ci sarà più. Non lasceranno traccia”.
In merito al bando ministeriale per il rinnovo dei cosiddetti super direttori, dall’insediamento del ministro Gennaro Sangiuliano si è fatto un gran discutere sull’opportunità di permettere agli stranieri – benché personalità di spicco della disciplina – di mantenere la direzione delle principali istituzioni culturali del Paese. E pur non prevedendo divieti espliciti, l’impossibilità di candidarsi per un terzo mandato nella sede di pertinenza escluderà dalla riconferma direttori come Eike Schmidt (Uffizi) e Cecile Hollberg (Galleria dell’Accademia), solo per citare la situazione fiorentina.
Ma la candidatura per concorrere a una delle dieci cariche oggetto del bando è stata regolarmente aperta anche a figure di altri Paesi dell’UE, confermando la volontà del MiC di scacciare lo spettro del sovranismo (semmai, la polemica dell’estate riguarda la ventilata inadeguatezza della commissione che valuterà e selezionerà i candidati).
Le ultime affermazioni di Sgarbi, però, potrebbero aizzare nuovamente la bagarre e far prefigurare concorsi truccati, influenzando la giuria. Una cosa gravissima e un danno incommensurabile per il nostro sistema museale che ha proprio bisogno di una robusta apertura di vedute internazionale per non morire di grettezza, ignoranza e provincialismo.
Forse bisognerebbe spiegare a Sgarbi, che invecchiando male sta perdendo alcune nozioni di base, che un tedesco, un francese o un inglese non sono ‘stranieri’, ma europei come tutti noi.
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