venerdì 25 agosto 2023

La musica è pericolosa di Nicola Piovani, da Fellini. Nostro il diritto di primogenitura sulle riflessioni del regista

 

Da una nostra  intervista a Federico Fellini, uscita su Paese Sera il 7 luglio 1979, pochi mesi dopo la morte del 'suo' musicista Nino Rota

- Non si è mai sorpreso a riflettere sulla musica, sulla cui magia esiste una letteratura ricchissima ed antica quanto il mondo?


Si, spesso. E mi sono spesso chiesto: dove va la musica quando finisce? Può sembrare una battuta di finta poeticità, in effetti contiene un grande interrogativo di natura filosofica: dove va a finire tutto quello che di viscerale, di sentimentale, di fantastico la musica ha suggerito; in quale dimensione ritorna, quando la musica finisce?

 - Ha provato a vivere in prima persona l’esperienza musicale, visto che ne è così attratto teoricamente?

 I concerti in generale, le poche volte che mi hanno trascinato da ragazzino, mi hanno suggerito sempre un’atmosfera vagamente ricattatoria, minacciosa, perfino cimiteriale. Mi hanno stampato dentro qualcosa che sa di ricatto moralistico. Non sono in grado di capire e sentire la grande musica; ma, essendo estremamente suggestionabile dall’atmosfera e dall’ambiente del concerto – una chiesa, un oratorio od una sala – e dalle persone che vi assistono – vecchi per la gran parte, preti, gente con lo spartito in mano che mi fanno venire in mente un tribunale, la resa dei conti - ho deciso di starne alla larga. Per non parlare dell’opera, del melodramma. Ho tre o quattro ricordi traumatici al riguardo. Anche lì mi distraggo moltissimo, perché per qualche attimo di genialità vi sono ore ed ore di cose che non capisco. Per esempio, non capisco perché si debba cantare; io non sono affascinato da questo fenomeno curioso nazionalpopolare, espressione ‘italiana’ al massimo. L’opera rappresenta il tipico ‘miracolo’ italiano, perché riesce a far convivere sette od otto cose che andrebbero per loro conto: la musica, il libretto, i cantanti, la scenografia dipendente dagli estri dello scenografo di turno, i costumi, il direttore d’orchestra. Insomma, per tornare al discorso iniziale, la musica mi ‘invade’ perché non ho difese di alcun genere e allora preferisco non ascoltarla. Tutta la musica. Anche quella di carattere più festevole mi mette in uno stato di depressione canina, mi viene da urlare alla luna e quindi non lavoro più.

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La storia di quella intervista uscita su Paese Sera e  che abbiamo, nella versione integrale ripubblicata su questo blog,  nel 2020, merita di essere raccontata.

Una sera, della primavera 1979,  a pochi mesi dalla morte di Nino Rota ( 10 aprile 1979) - che avevamo intervistato verso la fine del 1978, all'uscita di Prova d'orchestra - una coppia di nostri amici carissimi, Dragomira e Bruno Aprea, invitarono a cena Federico Fellini e sua moglie Giulietta Masina; e ci fecero l'onore di invitare anche noi. Fu naturalmente una serata indimenticabile; Fellini teneva una conversazione  sempre affascinante. Alla fine di cena ci offrimmo di accompagnare a casa Fellini e sua moglie. Fu durante quel tragitto in macchina che gli chiedemmo di poterlo intervistare per Paese Sera. Acconsentì solo dopo che gli dicemmo che con lui avremmo voluto parlare di Nino Rota (e di nient' altro), che era stato nostro amico ( ne avevamo parlato durante la cena) e che avevamo intervistato - come lui ricordava - dopo l'uscita di Prova d'Orchestra. Bastò il nome di Rota per farlo capitolare. Lo incontrammo  pochi giorni  dopo negli studi di Cinecittà dove stata seguendo il montaggio della Città delle donne e lo intervistammo.
 Parlammo naturalmente di Rota,  ma anche di Bacalov - che lui aveva scelto per il film che stava montando senza conoscerlo, solo perchè Rota una volta gli aveva fatto quel nome - e poi  fece delle preziosissime e profonde riflessioni sulla musica.
 Dalle quali Piovani, in questi anni, ha tratto spunto per il suo spettacolo 'La musica è pericolosa' - come ha fatto anche l'altro ieri 'ai piedi' di Castel del Monte, in Puglia.
 Qui siamo a pretendere un diritto di primogenitura di quelle riflessioni  felliniane sulla 'pericolosità' della musica. Perchè non crediamo che Fellini ne avesse parlato prima di quella nostra intervista, con nessun altro.

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