In queste settimane si discute delle regie d'opera e, sentire quasi comune, è che la musica di ogni tempo parla in ogni tempo con un linguaggio comprensibile per quelli che vivono nelle diverse epoche.
Il discorso naturalmente vale poco per la musica strumentale che segue un suo particolare percorso, il quale per quella del passato anche remoto, si lega strettamente al progredire della musicologia e dell' organologia, che inducono i più a pensare di poter giungere con una certa esattezza a come era la musica in passato e come essa veniva eseguita. Musicologia ed organologia alimentano quella che viene comunemente definita 'prassi filologica'.
Ora restringendo il discorso alla regia, ci ha colpito leggere oggi un articolo del Foglio, relativo alla Carmen dello Sferisterio, 'diretta' dal regista tal dei tali. Osannata proprio per la regia. E qui per la prima volta abbiamo letto un verbo che solitamente da noi si usa per il direttore d'orchestra, diversamente da ciò che si fa in molti paesi, specie anglosassoni, dove il direttore è il regista.
Ad osannare la regia dell'opera di Bizet, assolutamente nuova, è il principe del critici musicali italiani - così l'hanno definito - e cioè Alberto Mattioli, autore di un recente volume sul Teatro d'opera in Italia, che è piaciuto ad Aldo Grasso come, inspiegabilmente, ha cominciato a piacergli dopo anni di critiche non benevole, anche Corrado Augias, maestro di musica in tv - che a noi, per quel che contiamo non piace affatto e resta sempre un dilettante!
Ora Mattioli, come ha dichiarato qualche giorno fa è ospite fisso di Macerata, non solo; viene anche invitato puntualmente in ogni stagione, ad illustrare al pubblico, in una serie di incontri, un titolo in programma. E forse quest'anno l'ha fatto per Carmen.
E, da ultimo, nei giorni scorsi i vertici dello Sferisterio l'hanno festeggiato perchè Mattioli, ingordo, ha festeggiato la duemillesima recita d'opera cui ha assistito nella sua ormai lunga carriera di critico musicale.
Ora, parliamoci chiaro, della Carmen che ha visto, dopo averla presentata, e all'indomani della festa in suo onore, con torta, allo Sferisterio, poteva scriverne in toni diversi da quelli usati, e cioè osannanti?
Noi, una volta che abbiamo recensito non bene una rassegna di pianoforte nell'isola di Ischia, alla quale eravamo stati invitati ed ospitati (eravamo il direttore del mensile Piano Time), niente più, gli organizzatori se la presero così tanto da lamentarsene duramente e mostrare disappunto, e non ci invitarono più. Non vogliamo passare sotto silenzio quella che noi ritenemmo un' offesa, figlia di un certo costume di comportamento con i critici musicali, e cioè la richiesta di quanto ci dovevano per il disturbo. Rispondemmo che noi non eravamo come quei critici che loro conoscevano - perchè eravamo di una razza diversa - ai quali avevano pagato ospitalità ed anche il 'disturbo', che stava a significare: attento a quello che scrivi!
Senza voler accostare i due casi, siamo certi che Mattioli se ne ha scritto bene, vuol dire che meritava e perchè uno come lui può permettersi una stroncatura anche dopo essere stato invitato a presentare l'opera (a pagamento, ovvio) ed essere stato dagli stessi festeggiato. E altrettanto sicuri che lo inviterebbero ancora.
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