mercoledì 31 agosto 2022

Giorgia Meloni: chissà che anche questa volta, come nelle ultime elezioni comunali romane, non stia prendendo un abbaglio

Giorgia Meloni si sente già affittuaria di Palazzo Chigi. Lo si deduce dal fatto che qualunque decisione sia necessaria ed anche urgente da prendere, Lei interviene dicendo che non può assumerla il governo in carica 'per gli affari correnti',  conviene aspettare chi governerà nei prossimi cinque anni. Inutile sottolineare la certezza della Meloni, che ha già avvertito tutti: sarò io a governare; e Mattarella, di fronte ai risultati elettorali, schiaccianti, non potrà fare altro che incaricare me per formare il nuovo governo. 

Non sarà che corre troppo la Meloni, pur con i sondaggi che le danno una spinta a farlo?

Ieri, proprio ieri, è intervenuta a proposito della vendita di ITA, per la quale è stata dal Governo di Draghi scelta la cordata che è sembrata più utile alla compagnia ed al paese. Lei avrebbe voluto attendere, dilatando enormemente i tempi per la chiusura della trattativa; ma i  tempi erano stati fissati, e Draghi aveva fatto sapere che li avrebbe rispettati. Come ha fatto.

 Perchè nel caso di Ita, la decisione non poteva essere assunta anche in base al partito che sta al governo: la Meloni non l'ha chiaro questo concetto.  E, infatti, Lei nel caso della nomina del nuovo direttore di Taormina Arte - nessun paragone fra la vendita di Ita e la direzione di Taormina Arte - ha scelto una  cosiddetta direttrice - una direttrice che non sa dirigere - ma che ha professato pubblicamente fede nei confronti di Fratelli d'Italia. Per Ita non si può procedere allo stesso modo, abbiamo già avuto tragica esperienza di cosiddetti 'salvatori' sempre della nostra compagnia aerea, messi insieme da chi governava all'epoca, che era poi della stessa compagnia della Meloni (cioè Berlusconi!).

 La Meloni sta ripetendo lo stesso errore che commise esattamente un anno fa a proposito dell'Opera di Roma, dopo che Fuortes era stato nominato dal Governo Draghi al vertice della Rai?

 Allora la Meloni , sicura di vincere le elezioni dopo il disastro Raggi,  non avendo coscienza che con un candidato altrettanto disastroso le elezioni non le avrebbe vinte,  disse che il nuovo sovrintendente dell'Opera lo avrebbe dovuto nominare il futuro governo della Capitale, cioè Lei.

 Si sa come sono andate le cose. Lei le elezioni le ha perse, e il nuovo sovrintendente lo ha nominato Gualtieri. Non è che Giambrone sia il Draghi dell'Opera, per carità.

 Solo che per questi incarichi di responsabilità anche economica, la scelta non può essere fatta tenendo conto delle appartenenze politiche dei candidati.  Che è il modo di pensare italiano. Per questo Draghi bene ha fatto a rispettare i tempi per Ita, dando ancora una lezione sul suo 'metodo'.


Marco Rizzo, figura storica (pernachia) della politica italiana, dopo la morte di Gorbaciov

 A seguito della morte di Michail Gorbačëv avvenuta il 30 agosto 2022, Marco Rizzo ha affermato di aver festeggiato la notizia con le seguenti parole: «Era dal 26 dicembre 1991 che avevo aspettato di stappare la migliore bottiglia che avevo...» per rimarcare la distanza ideologica che li separava dopo la caduta dell'URSS avvenuta nel 1991. Dopo le polemiche seguite alla frase, Rizzo ha precisato che: «È chiaro che la mia è una provocazione voluta, quasi di tipo dadaista, non sono mica stupido... Gorbaciov è un’icona della mondializzazione, del mainstream».

Katia, la saggia, cosiglia Domingo

Placido Domingo all'Arena ha avuto due serate no, e forse altre ne ha avute e ne avrà se vorrà continuare, nonostante le cocenti delusioni, a calcare il palcoscenico. Ormai non puoi più continuare, non ce la fai, accetta il mio consiglio: ritirati. E' katia Ricciarelli a rivolgere al grande tenore un simile disinteressato consiglio. Si ritiri prima che lo fischino e deridano prima ancora di cominciare qualunque esibizione.

A tutti gli artisti si consiglia, sempre, di ritirarsi prima che sia il pubblico a dirglielo.

 La stessa Katia Ricciarelli ha dovuto farlo,  e in anni in cui una cantante che ha saputo ben amministrare la sua voce, continua a cantare. La Ricciarelli ha dovuto smettere assai prima ( le poche volte che ha osato cantare dopo faceva come Domingo oggi: pena!). 

Perchè lei che oggi può dare consigli a Domingo, giunto alla veneranda età della pensione, non ha saputo darseli quando avrebbe dovuto fare scelte adatte alla sua voce? forse forte di questa esperienza si permette, anzi osa, consigliare fraternamente l'amico grande tenore. MA ATTRAVERSO I GIORNALI.

 

Gawronski, politico di altissimo profilo ( pernacchia) prova a smontare Gorbaciov: era presuntuoso, convinto di avere sempre ragione

 " Era presuntuoso e convinto di avere sempre ragione, guardava agli altri riformatori come concorrenti nella gara a conquistare un posto nella Storia, ma non ha colto la gravità del momento, l'impossibilità, per il comunismo, di trovare una qualsiasi possibilità di sopravvivenza"

La guerra del gas. Stop alle forniture all'Occidente attraverso il gasdotto Nord Stream

 Come annunciato da Gazprom, dalle 5 (ora italiana) le forniture di gas dalla Russia verso l'Ue tramite il gasdotto Nord Stream sono state completamente interrotte. Lo confermano gli operatori di gasdotti tedeschi Opel e Nel. Lo stop avrà una durata prevista di tre giorni e, secondo quanto riferito dal monopolista russo dell'energia, è stato reso necessario per consentire le riparazioni dell'unica unità di compressione del gas rimasta in funzione presso la stazione di Portovaya.

Gas, Germania: "Iniziato lo stop alle forniture russe all'Ue attraverso il gasdotto Nord Stream" © Ansa Gas, Germania: "Iniziato lo stop alle forniture russe all'Ue attraverso il gasdotto Nord Stream"

Intanto il Cremlino sottolinea la "responsabilità" delle sanzioni Ue "relative ad aspetti tecnologici". Il presidente della commissione Ue, Ursula  von der Leyen, annuncia da parte sua che l'Europa ha raggiunto l'obiettivo dell'80% degli stoccaggi, ma invita tutti a lavorare "insieme e con urgenza" per contrastare i prezzi record. Intanto il vicecancelliere tedesco Habeck conferma colloqui con i partner, anche italiani, sul price cap.

"Germania pronta ad affrontare la crisi energetica" - Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sottolineato che il suo Paese è pronto a far fronte alle "minacce" provenienti dalla Russia, inclusa la crisi del gas scatenata da Mosca sulla scia dell'invasione dell'Ucraina. Tutte le misure adottate da Berlino per garantire l'approvvigionamento di gas hanno "contribuito a far sì che il Paese si trovi in una situazione decisamente migliore di quella prevista qualche mese fa". 

martedì 30 agosto 2022

Addio a Mikhail Gorbaciov, lo statista sovietico che cambiò la storia. Aveva 91 anni (TGCOM 24)

 Mikhail Gorbaciov, ultimo leader dell'Unione Sovietica, è morto all'età di 91 anni. Lo ha annunciato il Central Clinical Hospital della Russia, dove era ricoverato. "Questa notte, dopo una grave e prolungata malattia, Mikhail Sergeyevich Gorbaciov è morto", recita il comunicato diffuso dal nosocomio e riportato dalla Tass. Verrà seppellito accanto alla moglie Raissa nel cimitero di Novodevichy a Mosca. 

Russia, è morto Mikhail Gorbaciov © Tgcom24 Russia, è morto Mikhail Gorbaciov

Chi era Mikhail Gorbaciov - La perestroika, il crollo del Muro di Berlino, la fine della guerra fredda, il disarmo nucleare, il ritiro dall'Afghanistan: il nome di Mikhail Gorbaciov evoca un'intera epoca di cambiamenti storici conclusasi nel '91 con il crollo dell'Urss, di cui fu l'ultimo presidente prima di cedere il potere al suo rivale Boris Ieltsin.

Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, carica che ha ricoperto dal 1985 al 1991, Gorbaciov nacque il 2 marzo 1931 a Privolnoe, località rurale nella Russia sudoccidentale. Fu il padre dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost e protagonista degli eventi che portarono alla dissoluzione dell'Urss e alla riunificazione della Germania. Per il suo contributo alla fine della Guerra Fredda, nel 1989 fu insignito della Medaglia Otto Hahn per la Pace e nel 1990 del Nobel per la Pace.

Gli anni della gioventù - Gorbaciov arriva dalla provincia, da un villaggio della regione meridionale di Stavropol, dove nasce il 2 marzo 1931 da una famiglia di agricoltori che gli trasmette l'amore per la terra e le cose semplici. Dopo un'esperienza nel Komsomol, la gioventù comunista, ancora impregnata di retorica staliniana, sbarca a Mosca all'inizio degli anni Cinquanta e si laurea in Giurisprudenza nel 1955. Negli anni universitari si iscrive al partito comunista e conosce Raissa Titarenko, che con il suo sorriso e la sua eleganza rivoluzionerà l'immagine della first lady sovietica. La sposa poco dopo e resterà la sua fedele, amatissima compagna di vita sino alla sua morte, nel 1999.

L'inizio della carriera politica - La carriera politica di Gorbaciov inizia nel 1970, quando viene nominato primo segretario del partito a Stavropol. Dieci anni dopo torna a Mosca come membro a pieno titolo del Politburo: è il più giovane di tutti. Rafforza la propria posizione sotto le ali protettive di Andropov, capo del Kgb e originario anche lui di Stavropol. Viaggia spesso all'estero e nel 1984 incontra per la prima volta l'allora primo ministro britannico Margaret Thatcher, "un osso duro" con cui stabilirà poi un rapporto di stima e fiducia.

Glasnost e Perestroika - L'11 marzo 1985 diventa segretario generale del Pcus: ha solo 54 anni, una svolta generazionale dopo un lungo periodo di gerontocrazia. Il 1986 è già un anno cruciale, che rafforza le attese e le speranze, in Urss come nel resto del mondo, legate alla nuova leadership sovietica. A febbraio Gorbaciov lancia le sue parole d'ordine, Glasnost (trasparenza) e Perestroika (ristrutturazione), per portare una inedita ventata di libertà nei media e nell'opinione pubblica e per riformare un sistema economico sempre più stagnante.

Gli incontri con i presidenti Usa - In ottobre invece si incontra con l'allora presidente americano Ronald Reagan a Reykjavik, in Islanda, per discutere la riduzione degli arsenali nucleari in Europa, suggellata l'anno successivo dalla firma di uno storico trattato. Nel luglio del 1991 fa il bis con George Bush: lo 'Start 1' per una forte riduzione delle armi nucleari strategiche. Gorby, come ormai viene amichevolmente chiamato in Occidente, riabilita anche i dissidenti più celebri, a partire dal fisico Andrei Sakharov, dopo otto anni di confino.

La fine della Guerra fredda - Il percorso democratico interno avanza, le riforme economiche meno. Il potere viene spostato dal partito agli organi legislativi eletti a suffragio universale e nel marzo del 1989 ci sono le prime libere elezioni: una data storica. Nel 1990 il ricostituito Congresso dei deputati del popolo elegge Gorbaciov presidente, con più ampi poteri. Nel frattempo è già cambiata la geografia e la storia dell'Europa, che per il padre della peretroika deve diventare "una casa comune". Il 9 novembre 1989 crolla il Muro di Berlino, il simbolo della guerra fredda, seguono le rivoluzioni di velluto nell'Europa centro-orientale e la riunificazione della Germania. Tutto con l'avallo di Gorbaciov, che nel 1989 ritira anche le truppe dall'Afghanistan.

L'incontro con Papa Wojtyla e il Nobel per la Pace - Nello stesso anno compie due visite storiche: a maggio a Pechino, dove Cina e Urss riallacciano i rapporti interrotti trent'anni prima; il primo dicembre in Vaticano da Wojtyla, primo leader sovietico ad incontrare un Papa. Inevitabile, e meritato, il Nobel per la pace nel 1990.

La fine dell'Urss e il declino di Gorbaciov - Il 1991 è però un anno drammatico per lui: in agosto viene sequestrato per tre giorni nella villa presidenziale in Crimea, vittima di un golpe dei comunisti conservatori spento solo dalla coraggiosa resistenza del presidente russo Ieltsin. Che l'8 dicembre successivo firma con Ucraina e Bielorussia la nascita della Csi, la Comunità di Stati indipendenti: è la fine dell'Urss.

Impotente e ormai impopolare dopo le sue riforme troppo lente e prudenti, inviso anche per la sua crociata contro la vodka, umiliato nel duello con l'esuberante Ieltsin, il riflessivo Gorbaciov getta la spugna poche settimane dopo, il giorno di Natale. Insieme alla bandiera rossa viene ammainata un'epoca, tramontava un impero che aveva sconfitto i nazisti e mandato il primo uomo nello spazio ma anche milioni di suoi concittadini nei gulag.  

Placido Domingo - si licet magna componere parvis - e Beatrice Venezi in una cosa si somigliano: non sanno dirigere. Le polemiche di questi giorni

Ci risiamo.  Solo adesso, quando il grande ex tenore, ora baritono, è giunto alla bella età di ottant'anni, qualcuno scopre che dirigere non è il suo mestiere, benchè  lo abbia praticato, parallelamente al canto , nel quale è stato uno dei  grandi campioni.

 E' accaduto qualche giorno fa all'Arena di Verona dove la Gasdia lo ha invitato non solo come cantante, ma anche come direttore di Turandot. Quando, stando alle cronache giornalistiche, pare non sia stato in grado di dare ciò che la circostanza richiedeva, e l'orchestra per questo lo ha contestato  già durante le prove e poi,  al momento degli applausi finali, ad opera terminata, non alzandosi al suo cenno.

Un cantante per quanto bravissimo non può fare ciò che nella musica strumentale molti bravi solisti fanno spesso e cioè che, contemporaneamente, suonano e dirigono l'orchestra. Lo fanno in tanti, tutti bravissimi ovvio, perfino i pianisti. Ma il cantante no, anche perchè non può stare contemporaneamente in buca e sul palcoscenico. Il cantante, ammesso che ne sia capace, deve fare o l'una o l'altra cosa. E perciò, lo fa, quando capita,  ma a sere alterne.

 Se però  non è capace di fare ambedue le cose non è lui che deve rinunciare ad una delle due, non lo farà mai 'sua sponte', spetta a chi lo invita farglielo capire. 

 La colpa dunque sarebbe della Gasdia che glielo ha concesso, anche se contro tale scelta i malumori vi sono stati soltanto al momento delle prove e durante la recita, non prima. 

Se non andiamo errati, non è certo la prima volta che Domingo dirige in Arena; potrebbe aver diretto in passato un recital, dove potrebbe essersela cavata: il recital è cosa assai diversa e meno impegnativa di un'opera intera.

 Fin qui il discorso è musicale, anzi tecnico. Ci viene però il sospetto che la rivolta degli orchestrali  abbia anche una origine di carattere politico. La Gasdia è stata nominata da un governo di destra (Fratelli d'Italia; lei si è pure candidata); ma ora al Comune siede un sindaco di sinistra e dunque tutto quello che lei  fa, e prima che vada via, è sbagliato. Si aggiunga la recente polemica, anzi accusa, seconda nel tempo, rivolta a Domingo per comportanti nei riguardi delle donne, non proprio corretti, e il quadro è completo. E il 'gregge' di orchestrali, molto sensibile a quel che accade anche fuori dell'orchestra, ha cominciato a 'belare' - ci si perdoni il paragone pecorino. 

 Lo stesso discorso si può fare sulla Venezi che, lo ripetiamo per l'ennesima volta, non sa dirigere, mentre nel caso di Domingo, lui il  il mestiere del cantante lo sa fare eccome!

 Anche Lei,  in questi giorni è salita ancora agli onori delle cronache, ma non per imprese professionali, quanto per alcune polemiche relative alle sue convinzioni politiche  pubblicamente manifestate, per le quali  una parlamentare ha osato dire che una vita improntata ai principi sbandierati  della Venezi: 'dio, patria famiglia', sarebbe una noia.

 La cosiddetta 'direttrice' ha risposto che Lei che si ispira a quei principi che la famiglia le ha insegnato,  e non avrebbe voluto essere figlia di quella parlamentare, di cui figlia non è, mentre è figlia di un padre che negli anni è stato anche dirigente nazionale di Forza Nuova, un movimento neofascista,  che Lei si guarda bene dal condannare, perchè, assieme a quei principi, fa parte della sua fede.

 Anche qui la professione esercitata (in periferia, con orchestrine  e con scarsi risultati) dalla Venezi non conta, e di Lei non si parlerebbe mai per ragioni professionali, se non fosse venuto in mente  a qualcuno  di invitarla a Sanremo - un circo canoro! ; se non avesse sbraitato contro le donne che dirigono in 'abiti maschili' che soffocano la loro femminilità, che però non va sottolineata anche con il nome con cui va dicendo ogni giorno di voler essere chiamata: direttore, non direttrice. Ed ancora, se non  avesse diretto ad una convention di Fratelli d'Italia, se non avesse lodato la Meloni - buon sangue, cara Venezi, non mente - se non le avessero, i Fratelli d'Italia, proposto di candidarsi al Parlamento, e non fosse stata nominata direttrice di Taormina Arte in una regione di  forte sapore 'meloniano', e non apparisse spesso in tv in pubblicità di prodotti per capelli -  e per questo già soprannominata 'bellicapelli'.  Così il cerchio è completo e si chiude: si parla di Lei molto spesso ma per tutt'altre ragioni da quelle per le quali si iniziò a farlo, e cioè quando la si vide le prime volte dirigere, Lei donna e giovane;  non prevedendo, a seguito  delle prove professionali,  motivate soprattutto da ragioni non professionali, che Lei faccia o no il 'direttore', è l'unica ragione per cui  di Lei non serve parlarne. 

La scuola che verrà... un libro dei sogni ( da Avvenire.it, di Roberto Carnero). Verrà mai una scuola diversa?

 Credo che nessun ministro dell’Istruzione degli due o tre decenni abbia mancato di riconoscere che alla scuola bisognerebbe assegnare più risorse. Per varie ragioni: a partire dall’annosa questione degli stipendi degli insegnanti, tra i più bassi dell’Unione Europea. Anche Enrico Letta – forse l’unico leader di partito ad aver indicato la scuola come asset strategico per il futuro dell’Italia – ha ribadito questo impegno pochi giorni fa: in cinque anni, ha detto il segretario del Partito democratico, si potrebbe raggiungere l’obiettivo di aumenti che rendano i salari dei docenti dignitosi per dei professionisti laureati e specializzati.

© Fornito da Avvenire

D’altra parte, tra le forze politiche in campo, la sinistra è da sempre quella più attenta al tema della scuola, forse – potrebbero azzardare i sospettosi – non solo per ragioni di convinzione ideale, ma anche perché persuasa di poter contare, in questa categoria professionale, su uno zoccolo duro di votanti.

Che gli insegnanti italiani siano in larga parte "di sinistra", tuttavia, è cosa da dimostrare. Con la fine delle ideologie novecentesche (a partire dal marxismo) e il radicale rimescolamento degli scenari politici, anche molti docenti – come tutti – si sono "riposizionati".

Non si può poi dimenticare come uno dei provvedimenti più indigesti a maestri e professori, la legge 107/2015, la cosiddetta "Buona scuola", fu varata da un governo presieduto dall’allora segretario del Pd, Matteo Renzi, che l’aveva fortemente voluta con quei precisi contenuti, al punto da farla passare attraverso un voto di fiducia per evitare la discussione parlamentare. Renzi nel frattempo ha abbandonato il Pd per migrare verso altri lidi, ma non è escluso che qualche punta di diffidenza nei confronti del centrosinistra sia rimasta da allora negli insegnanti italiani.

Quello, però, è il passato. Ora – guardando al futuro – si tratta di esaminare i programmi elettorali dei vari partiti. Nessuno dei quali è esente da precisi riferimenti e specifiche proposte inerenti alla scuola, anche se il tema non sembra avere nei programmi quella centralità che hanno altri argomenti (per esempio, a seconda dei casi, la flat tax, l’immigrazione o il reddito di cittadinanza).

Del Pd abbiamo detto. Aggiungiamo che ribadisce la necessità di introdurre lo "Ius scholae" (il riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di stranieri che completino un ciclo di studi da noi) e vorrebbe innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni: proposte, come sappiamo, avversate dalla destra.

Controversa, venendo a quest’ultimo schieramento, è anche l’idea di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, di ridurre la durata dei licei da 5 a 4 anni. Una sperimentazione in tal senso è già in atto dal 2013, ma i suoi risultati non sono stati diffusi né adeguatamente discussi. Si dice una scuola superiore di 4 anni velocizzerebbe l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Viene però da chiedersi dove sia tutto questo lavoro che aspetta diplomati e laureati, ma soprattutto è forte il dubbio che in un mondo complesso come quello in cui viviamo, per muoversi nel quale servono conoscenze e competenze sempre più raffinate, abbia senso ridurre la scuola anziché potenziarla.

Ma le proposte non finiscono qui. Ciascun partito o coalizione sembra volersi caratterizzare con qualcosa di specifico, tante belle idee che, messe insieme, trasformerebbero la scuola italiana nella migliore delle scuole possibili. Azione e Italia Viva, per esempio, promettono – con i loro leader Carlo Calenda e Matteo Renzi – il tempo pieno per tutti i bambini della scuola primaria: cosa che certamente aiuterebbe molto le famiglie. Sempre dal cosiddetto "terzo polo" viene espressa la volontà di differenziare le carriere degli insegnanti su basi meritocratiche. Proposito difficilmente attuabile e neanche necessariamente auspicabile: sarebbe davvero sensato pagare in maniera differenziale professionisti che svolgono le medesime mansioni? Verdi e Sinistra Italiana vorrebbero ridurre a 15 il numero di alunni per classe: sarebbe certamente un numero ideale per potenziare l’apprendimento.

La Lega di Matteo Salvini insiste sull’assunzione di 150mila precari, progetto che – paradossalmente – andrebbe a braccetto con quello dei Verdi e di Sinistra Italiana, perché aumentando il numero dei docenti assunti si concretizzerebbe la possibilità di avere classi meno affollate. L’abolizione del precariato in un senso più generale figura nel programma della coalizione di centrodestra. "Abolire il precariato" era già stato uno slogan della già citata "Buona scuola" di renziana memoria. Si è visto come è andata a finire.

È ancora il centrodestra a insistere su un punto sul quale il nostro giornale ha spesso ragionato per sostenere la necessità di trovare una soluzione a una questione pendente da troppo tempo: riconoscere la libertà di scelta educativa delle famiglie attraverso il buono scuola, che consentirebbe di iscrivere i figli a una scuola statale o a una scuola paritaria, senza dover sostenere direttamente le spese per quest’ultima.

Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte non fa stranamente cenno a una delle sue battaglie storiche, l’eliminazione di quelle che con brutta espressione giornalistica vengono chiamate "classi pollaio", ma, oltre ad appoggiare lo "Ius scholae" e l’aumento degli stipendi dei docenti, punta sull’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva. Tema non facile, perché entriamo in un campo in cui le convinzioni esistenziali e religiose delle famiglie non possono essere ignorate.

Le proposte, insomma, sono tante, ma c’è già chi ha fatto notare che il loro insieme assomiglia più a un libro dei sogni che a qualcosa di concretamente realizzabile. Questo per un motivo molto semplice: tante di queste idee, per essere tradotte in realtà, hanno bisogno di una copertura finanziaria incompatibile con i bilanci di spesa pubblica verosimilmente preventivabili.

Rimane infine il capitolo di università e ricerca. Qui le indicazioni contenute nei programmi sono molto più scarse. Quasi tutti parlano genericamente della necessità di aumentare le risorse, ma nessuno dice più di tanto per fare che cosa. A tal proposito si potrebbe ricordare che anche gli stipendi dei ricercatori e professori universitari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Spicca, nello specifico, l’idea del M5s di ridurre il numero chiuso nei corsi di laurea che lo prevedono. Certamente si può ritoccare la normativa vigente per migliorarla. Ma per carità, non si chieda di far entrare 500 matricole in un’aula che ne può contenere al massimo 100. La quantità non può andare a scapito della qualità.

Della latitanza dei partiti di fronte ai temi di università e ricerca si intuisce il motivo. Se tutti sono concordi nel ritenere questi settori strategici per il rilancio del sistema Paese, in termini elettorali l’argomento paga poco, perché – a differenza della scuola – riguarda in maniera diretta un numero molto più esiguo di cittadini. Questo non è un buon segnale, perché rischia di ingenerare il sospetto che tutte le belle cose sulla scuola sopra riportate altro non siano che uno specchietto per allodole (o, meglio, per elettori). Speriamo vivamente che non sia così. E che siamo noi a essere troppo guardinghi.

La direttrice d'orchestra in quota 'Fratelli d'Italia' e la segretaria di quel partito sono fatte della stessa pasta

 La giovane direttrice d'orchestra lucchese, non più giovanissima, e non ancora assurta agli onori dell'altare della professione, Beatrice Venezi, si è dichiarata  compresa e sostenuta più di tutti da Giorgia Meloni; ha partecipato ad una convention pubblica del partito della Meloni a Milano, non dimentica forse del passato politico di suo padre, dirigente nazionale di Forza nuova ecc...ecc... quanto è bastato per farne nella testa della segretaria di Fratelli d'Italia, la prima 'enbedded'   da sistemare non appena si fosse presentata l'occasione. 

 L'occasione si è presentata nella Sicilia di Musumeci di Fratelli d'Italia, che ha già allocato Gianna Fratta, a capo della Orchestra Sinfonica Siciliana, e la giovane direttrice è stata nominata responsabile di 'Taormina Arte', per le cui  multiformi attività artistiche la direttrice non ha nè arte nè parte. Che importa?

 Esattamente come fa la segretaria del partito che senza aver mai amministrato nulla oltre la sua famiglia, reclama che a elezioni vinte, Mattarella non può che incaricare Lei alla guida del Governo.  Lei, poi, non chiederà le dimissioni di Mattarella ma lo pregherà di restare, mentre il presidente, a quel punto, preferirebbe lasciare subito il campo per non essere travolto dal ciclone di turbolenze di goni genere che si abbatteranno certamente sull'Italia, proprio a causa di quell'incarico.

 La Venezi naturalmente non si è tirata indietro, come avrebbe dovuto fare data la sua inesperienza, ma si è detta onorata ed ha dichiarato di aver in testa molte idee; con la stessa sfrontatezza con la quale la Meloni parla già di sè come premier incaricata.

 La Venezi ha preferito Taormina ad un seggio in Parlamento, dove la Meloni avrebbe voluto candidarla. Perchè? A causa dei suoi numerosi impegni - ha detto, arrossendo per la falsità dell' affermazione - che la vedono sempre in viaggio e che non le permetterebbero di svolgere il mandato parlamentare come dovrebbe.

 Ora noi non è la prima volta che smontiamo la carriera della Venezi, che non ha ancora spiccato il volo, nonostante tutto, pubblicità compresa. Perché quel che si legge solitamente accanto al suo nome e cioè che 'dirige in tutto il mondo' e ha già 'diretto le più grandi orchestre', è una doppia bugia.  Dirige certo in paesi esteri, quasi tutti 'periferie dell'impero' e in quasi tutti i casi orchestre nessuna delle quali - nessuna!!! - appartiene al grande giro internazionale. Questa è la verità, che la Meloni non si preoccupa di appurare.

 E quindi direttrice e segretaria sono fatte della stessa pasta:  ambedue sprezzanti del pericolo, si fanno avanti, e si propongono per incarichi che non sanno neanche dove stanno di casa.

Festival Barocco Alessandro Stradella. Inaugurazione a Caprarola con 'MORO per AMORE', ultima opera del musicista


Il Festival Barocco Alessandro Stradella di Viterbo è  in programma dal 31 agosto al 30 settembre, con la direzione di Andrea De Carlo. La manifestazione, che si snoda tra Palazzo Farnese di Caprarola , la città di Viterbo, i borghi meravigliosi di  Ronciglione, Nepi, Montepulciano, Castel Sant’Elia, Civitella D’Agliano e Celleno.
Il Festival ricordiamo nasce per per far conoscere al pubblico il talento di Stradella compositore capace di una scrittura ricca di contrasti e strabilianti finezze
Primo appuntamento: 31 Agosto 2022,

CONCERTO DI APERTURA

Mercoledì 31 agosto 18:00 Caprarola, Palazzo Farnese

MORO PER AMORE

L’ultima opera di A. Stradella

 

ENSEMBLE MARE NOSTRUM

 

SILVIA FRIGATO soprano
DANILO PASTORE controtenore
MARGARITA SLEPAKOVA soprano
ELEONORA FILIPPONI mezzosoprano
MATTEO STRAFFI tenore
FEDERICO FIORIO soprano
MASASHI TOMOSUGI basso

ANDREA DE CARLO   direzione

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ai numeri  0761 646052 / 393 869 8963

 
 Il programma

lunedì 29 agosto 2022

Anna Netrebko & Placido Domingo: due casi due misure. Per noi il primo è più grave del secondo


Una grande cantante all'apice della carriera, russa di nascita ma residente in Occidente,  a Vienna, viene sollecitata da più parti a condannare l'aggressione del pazzo dittatore russo all'Ucraina. Lei si rifiuta, dichiarando che con Putin non ha avuto frequentazioni, se non in occasioni pubbliche, e che non è tenuta ad esprimere pubblicamente le sue convinzioni politiche; e, infine, ma questo non lo dice,  non condanna Putin per non dispiacere al suo mentore Valery Gergiev, che mai e poi mai sconfesserà l'amico Putin che gli ha assicurato soldi e fama ed una corte a San Pietroburgo.

 Le istituzioni musicali dell'Occidente le rispondono che se non condannerà la guerra, le porte dei grandi teatri d'Occidente per lei saranno sbarrate. Lei non condanna, i teatri cancellano ogni suo impegno, e lei, per non fare la figura di... dichiara di volersi prendere un periodo di riposo.  Falso. Lei in Occidente non canta per qualche mese.

 Poi si rende conto che la bella vita che la sua carriera  internazionale le assicura non potrà più farla, e allora si affretta a condannare la guerra, e i teatri d'Occidente, prima ancora che Lei lo faccia, quasi vincendola sul tempo, le riaprono le porte.  

Non è chiaro chi l'ha fatta più grossa se Netrebko - che comunque non condannando una invasione ingiustificata e la distruzione dell'Ucraina oltre che la destabilizzazione mondiale che quell'assassino di Putin sta mettendo in atto,  è da condannare senza appello - o i teatri che, pur di averla per riempire le loro platee, si sono accontentati di una condanna non chiarissima,  forse solo formale e neppure convinta e fuori tempo massimo. La Netrebko, l'ha fatto per non perdere privilegi, che ad onor del vero si guadagna cantando, come abbiamo detto. Comunque l'ha fatta grossa la Netrebko ed anche i teatri non sono da meno, ma forse la Netrebko l'ha fatta più grossa dei teatri.

                                         *****

Il secondo caso riguarda Placido Domingo, questi giorni di nuovo alla ribalta, per una indagine in atto in Argentina nei confronti di una associazione - setta?- sospettata di sfruttare giovani donne, anzi di attuare la tratta delle stesse. A questa associazione - setta?- apparterrebbe anche Domingo, che però non è tuttora indagato.

 E' lo stesso Domingo che ha già pagato per accuse rivoltegli da donne che si sono ritenute offese ed oggetto di comportamenti non corretti da parte del tenore (ex) nel corso della sua lunghissima carriera.

 All'epoca del primo scandalo, una giornalista italiana azzardò che  era certamente possibile che Domingo  avesse sbagliato. Come - scrisse - un donnaiolo come lui, ti pare che non abbia passato i limiti tante volte con le donne, senza il loro consenso? Domingo non la denunciò; più tardi si scusò con tutte le donne cui avrebbe recato offesa 'senza volerlo', ma comunque molte istituzioni strapparono i contratti in essere con lui. Non tutte, perchè la Scala di Pereira - esattamente come ha fatto la Scala di Meyer con la Netrebko, riaccogliendola - fece cantare Domingo, non credendo fino in fondo a quelle accuse.

Sappiamo naturalmente di altri casi in cui accuse simili erano strumentali, come con Daniele Gatti  l'Orchestra di Amsterdam che ha quasi chiesto scusa al direttore e si è riappacificata con lui, pubblicando - i soldi non si buttano! - alcuni dischi già realizzati ed in attesa di essere  solo pubblicati.

 In questo secondo caso,  quello di Domingo iscritto alla setta, contro la cui presenza all'Arena hanno protestato alcuni consiglieri comunali dell'opposizione che hanno anche chiesto le dimissioni di Cecilia Gasdia, si tratta di indagine su una setta (?) cui sarebbe iscritto anche Domingo accusata - la setta - di... 

 (Quando la Gasdia ammise troppo tempestivamente la Netrebko in Arena, dopo un'abiura che difinire 'interessata' è poco, quei solerti consiglieri non protestarono né chiesero le dimissioni della Sovrintendente. Ritennero che la mancata condanna della gierra di aggressione non fosse da ritenere poi così grave, tanto da richiedere ad una star dell'opera una abiura pubblica.

Nel caso di Domingo, per il quale hanno invece protestato, occorre che si accerti innanzitutto vi fosse iscritto, che la setta avesse scopi criminali, e che Domingo abbia condiviso i propositi criminali della stessa. Intanto non è indagato.  E l'indagine sulla setta è appena avviata.

 Ora viene da chiedersi: possibile che dopo quello di cui era stato accusato , Domingo si sia cacciato di nuovo in un affare che ha a che fare con abusi sulle donne? Sarebbe veramente scemo, sempre che venga dimostrato quello che un quotidiano americano ha scritto, oppure che è ormai 'fuori di capoccia' - come si direbbe a Roma.

E, comunque, prima del giudizio e della condanna,  a noi il caso Netrebko ci sembra molto più grave di Domingo, perchè  anche eventuali accuse o sospetti nei riguardi del tenore, tutte da dimostrare, sono da esaminare nelle loro modalità, le quali in più di un caso del recente passato sono apparse infondate o nate da circostanze di rivalsa contro il potente di turno. Non è stato sempre così, non intendiamo scusare nessuno, se lo abbia fatto, ma qualche volta sì.

 Allora aspettiamo.


sabato 27 agosto 2022

Deputati e Senatori. Conti in tasca con dettaglio: cosi ben pasciuti perchè dovrebbero occuparsi della gente normale che ha stipendi bassissimi?

 Stando ai dati più aggiornati reperibili in rete, i deputati italiani guadagnerebbero circa 13.971 euro al mese, così ripartito:

  • indennità di circa 5.000 euro al mese
  • diaria di 3.503 euro
  • rimborsi e spese di mandato, pari a 3.690 euro
  • rimborsi telefonici annuali, di circa 1.200 euro
  • rimborso trasporti (trimestrali) variabili, dai 3.323,70 ai 3.995,10 euro

Per quanto riguarda i senatori italiani invece, lo stipendio mensile si aggirerebbe intorno ai 14.634 euro, così suddiviso:

  • indennità pari a 11.555 euro lordi al mese (circa 5.304 netti al mese)
  • diaria di 3.500 euro
  • rimborsi per spese di mandato di circa 4.180 euro al mese
  • rimborsi telefonici e rimborsi sul trasporto di circa 1.650 euro al mese.

Foto: Kikapress

giovedì 25 agosto 2022

Sagra Musicale Umbra. Vespro della beata Vergine di Monteverdi ( 1610). Bronzi, non si può continuare con le solite inesattezze

" Il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi è una delle pietre miliari della storia della musica sacra universale. La sua collocazione nell’anno liturgico rappresenta un mistero. Musica in occasione dell’Annunciazione? Per l’Assunzione? Certamente non si tratta di musica strettamente liturgica e non è escluso che la sua impressionante varietà di stili rappresenti anche una prova di bravura destinata ad impressionare il dedicatario, il pontefice Paolo V, in vista di un affrancamento di Monteverdi dal soggiorno mantovano, che nel 1610 si era fatto ormai carico di incertezze e difficoltà".

 Il celebre Vespro monteverdiano, pubblicato nell'altrettanto celebre raccolta di Amadino del 1610, apre la prossima edizione della bella ricca e variegata Sagra Musicale Umbra, affidata alla direzione del violinista-direttore Enrico Bronzi.  Mai capolavoro musicale fu più adatto a rappresentare il culto della Vergine, Madre di Dio, nella fede cristiana, e ad avviare l'edizione 2022 del festival, il più antico d'Italia, fondato nel 1937, al tema della 'madre', 'maternità', 'Madre di Dio'.

Questo ci fa venire in mente che anche noi nell'edizione ormai storica ed inimitabile del Festival delle Nazioni del 2004, affidato alla nostra direzione, inserimmo quel  capolavoro affidandolo ad esecutori qualificati,  e perfettamente  in linea con il tema conduttore di quella edizione del festival, e cioè 'musica italiana ed esecutori italiani della giovane generazione' ( in questi giorni ci sarà la nuova edizione di quel festival di Città di Castello, affidato da un ventennio circa alla stanca dozzinale  direzione di Sisillo che neanche il nuovo presidente, un manager di origini castellane,  intenderà modificare per riportalo agli splendori di un tempo). 

Torniamo a Perugia, alla Sagra e ad Enrico Bronzi.

 Nella brochure di presentazione del festival,  a commento dell' esecuzione del Vespro si leggono alcune righe introduttive, poche, per la verità, ma sufficienti ad inanellare molte imprecisioni  ed alcune inesattezze su quel capolavoro.

 Come quella relativa alla destinazione 'liturgica' del Vespro. Lo sa Bronzi che all'epoca non esisteva, come del resto non esiste ancora oggi, un vespro 'liturgico' ed uno 'profano', 'concertistico', se si vuole,  leggendo ed interpretando erroneamente un passaggio della dedica dell'opera: 'vespro da concerto'  che ne illustra lo stile musicale, 'concertante'?

 E poi la collocazione del Vespro ( 1610) nelle celebrazioni dell'anno liturgico non è questione di rilievo, trattandosi dell'Ordinarium dei Vespri delle festività mariane, dai salmi, all'inno e, naturalmente, al Magnificat . E che esso costituisca un unicum lo sottolinea anche l'intestazione del Vespro 'sopra canto fermi'.

L'unica cosa corretta che si legge in quella breve introduzione fatta stilare da bronzi, è il fatto che la presenza di altri stili i  quei brani 'solistici' che inframezzano' i salmi, che vanno intesi come 'possibili' sostitutivi delle antifone alla loro ripetizione alla fine dei salmi, e non tutti e neppure nell'ordine proposto dalla edizione dell'Amadino, siano una evidente attestazione della bravura di maneggiare tutti gli stili musicali in uso all'epoca, nella liturgia come nella musica profana ( del resto nello stesso Vespro, sono attestati dalla assonanze fra alcuni passaggi dell'opera e l'Orfeo), abbiano come finalità quello di presentarsi a Roma al papa Paolo V,, dedicatario dell'opera, con  le carte in regola per ottenere un incarico nella grandi cappelle pontificie, cui Monteverdi aspirava, ma che non ottenne. 

 Comunque queste ed altre precisazione su quell'opera Bronzi ed i suoi musicologi possono trovarle in un saggio articolato che ho scritto alcuni anni fa, in occasione della esecuzione del Vespro alla Filarmonica Romana, pubblicato nel programma di sala, e che poi ho ripubblicato su 'Music@' ed anche su questo blog.

 Diciamo questo perchè ci disturba dover leggere e rileggere tante inesattezze su un'opera fondamentale nella storia della musica, della quale molti punti, quasi tutto in verità, sono stati chiariti. Capito, maestro Bronzi.

 


mercoledì 24 agosto 2022

Draghi accolto con calorosi applausi da tutti i presenti al Meeting. Ad eccezione di Travaglio che è rimasto a guardare, spaesato, con le braccia incrociate, in attesa di Conte, se mai arrivasse all'ultimo minuto

 Mario Draghi torna al Meeting, due anni dopo quel suo interventi inaugurale sul "debito buono" destinato a diventare nel giro di pochi mesi il programma di un governo di unità nazionale a sua guida per uscire dalla pandemia. Applausi ci furono allora da parte di una platea ridotta dalle restrizioni della pandemia. Stavolta è invece ovazione in piedi, applausi ritmati, già al suo ingresso in sala, gremita fino all’ultimo posto dei 5mila a disposizione e poi all’atto di prendere la parola, presentato dal presidente del Meeting Bernard Scholz a sua volta con un «caloroso benevenuto».

© Fornito da Avvenire

Deve attendere circa un minuto prima di poterlo fare. Le prime parole «prima di entrare nella parte ufficiale» sono proprio per rigraziare del «calore di questo applauso, per la vostra accoglienza. Se vado oltre la commozione, questo entusiasmo mi colpisce molto nel profondo», dice il premier.

Alza gli occhi dal foglio, cerca di vincere l’abbaglio dei fari per intercettare soprattutto i giovani presenti in platea, dopo aver posato con un gruppo di volontari in divisa viola: «Voi vivete la politica come ideali da condividere, impegno sociale per la loro affermazione, e soprattutto la testimonianza di una vita coerente con questi ideali. Voi insieme riflettete, combattete, sperate, costruite. Ecco perchè questo vostro entusiasmo oggi e questa accoglienza mi colpiscono molto: voi siete la speranza della politica», e qui arriva un nuovo applauso scrosciante,

Il suo vuole essere il resoconto di una scommessa vinta, persino contro i pronostici e oltre le attese. C’è anche la consapevolezza che non è ancora fatta di fronte alle nuove insidie economiche, ma Draghi esibisce un atto di fiducia nel governo che verrà, che anche dopo la parentesi di unità nazionale, non potrà discostarsi dai principi costituzionali e dalla collocazione internazionale, rimanendo ancorati «ai valori di democrazia, libertà, progresso sociale e civile che sono nella storia della nostra Repubblica». A «tutti» rivolge il suo «invito ad andare a votare». Ma a chi prenderà il suo posto non ha una sua «agenda» da imporre («il programma del nuovo governo lo sceglieranno gli italiani»), piuttosto una «visione» comune cui richiamarsi, lascito dei «nostri padri, dei vostri nonni che hanno ricostruito l'Italia».

Ma avverte: «L'erogazione dei finanziamenti del Pnrr - pari a 191,5 miliardi di euro - dipende dalla valutazione che la Commissione Europea fa del Piano e della sua attuazione» e «dalla nostra capacità di realizzare le politiche innovative che abbiamo ideato nei tempi stabiliti».

E boccia la tentazione di fare da soli: «È grazie alla partecipazione dell'Italia da Paese fondatore se l'Europa è diventata un'Unione di pace e di progresso. L'Italia ha bisogno di un'Europa forte tanto quanto l'Europa ha bisogno di un’Italia forte». E poi insiste invitando a guardarsi «dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l'euro. L'Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola», rimarca in un altro passaggio molto applaudito.

Fra le rivendicazioni il dato sull’occupazione cresciuto, che «ha toccato i livelli più alti dal 1977. A giugno di quest'anno c'erano 900mila occupati in più rispetto a febbraio del 2021 di cui quasi il 40% con contratti a tempo indeterminato». E poi il Pil «aumentato del 6,6% lo scorso anno e quest'anno è già del 3,4%. Siamo tornati ai livelli che registravamo prima della pandemia in anticipo rispetto alle stime della Commissione Europea». E poi il rapporto deficit/pil «sceso di 4,5 punti percentuali nel 2021 e il governo prevede continui a calare anche quest'anno di altri 3,8 punti».

Ringrazia e anche qui viene applaudito, per l’«eccezionale spirito civico degli italiani, dell’esercito e della protezione civile», sul piano di vaccinazione che ha consentito di uscire da una situazione che vedeva le terapie intensive intasate e le scuole chiuse. Il ritorno delle scuole in presenza, come «rischio calcolato» è una delle cose che tiene di più a sottolineare come un merito del suo esecutivo. Difende con forza poi, sulla guerra, la scelta di schierarsi con l’Ucraina, insieme all’Europa, e anche l’impegno per la pace, sottolinea, non può prescindere da quel che l’Ucriana stessa ci chiederà. E qui ringrazia per la «solidarietà degli italiani, con la loro commovente accoglienza dei profughi nelle case, nelle scuole, nelle parrocchie»

Rivendica di aver dimezzato «in pochi mesi» la dipendenza dal gas russo, che potrà cessare del tutto «entro il 2024». Altro passaggio molto apprezzato dalla platea quello sull'evasione fiscale che «non deve essere nè tollerata nè incoraggiata». La riforma del catasto è servita a eliminare «ingiustizie e opacità, non vuol dire aumentare le tasse, ma far emergere le cosiddette "case fantasma", su cui i proprietari non pagano nulla o meno di quanto dovuto».

Non dimentica, nemmeno, come inspiegabilmente avevano mancato di fare i leader nel dibattito del giorno precedente, le misure adottate per la famiglia. Tanto che a Rimini, il presidente del Forum delle associazioni familiari Gigi De Paolo, ieri,con un suo documento sui social, lamentava l’uscita di scena dal dibattito generale del tema di una fiscalità che sia legata ai carichi familiari e quello delle misure da prendere in concreto per la lotta alla denatalità . «Con la riforma dell'Irpef e l'assegno unico per i figli - ricorda Draghi - abbiamo stanziato a regime quasi 14 miliardi in più per le famiglie, riorganizzato e semplificato i benefici fiscali. Abbiamo consentito a decine di migliaia di giovani con meno di 36 anni, in aumento del 56%, di acquistare una casa con tasse ridotte e mutui garantiti dallo Stato». (da AVVENIRE)

A scuola a settembre tutto normale, salvo che... nel qual caso si ricomincia. Disposizioni prive di logica e perciò inutili dal ministero

 Con il ritorno a scuola a settembre studenti e insegnanti diranno addio alla didattica a distanza, alle mascherine, insomma a tutte le regole Covid che hanno accompagnato i ragazzi in questi ultimi due anni. Le nuove disposizioni per il rientro in classe prevedono infatti il ritorno al pre-Covid, con il contagio da coronavirus che diventa causa di un'assenza giustificata, esattamente come una normale influenza. 

A scuola via le regole Covid: addio a Dad, distanziamento e mascherine © Ansa A scuola via le regole Covid: addio a Dad, distanziamento e mascherine.

Tornano i doppi banchi - I ragazzi, scrive il "Corriere della Sera", ritroveranno nelle aule i doppi banchi e non dovranno più adeguarsi alle misure a cui si sono dovuti abituare, dal distanziamento agli orari di ingresso e uscita scaglionati, alla ginnastica solo in luoghi aperti e alla cancellazione degli sport di contatto. 

Referente e aula Covid uniche misure sopravvissute - In base a quanto ha scritto ai presidi infatti il capo della segreteria del ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi e a quanto si legge nel documento di Silvio Brusaferro diffuso dall'Istituto superiore di sanità, restano soltanto un referente Covid incaricato di gestire eventuali positivi e l' "aula Covid". Spariscono tutte le altre regole. 

Niente più lezioni a distanza dunque per positivi e contatti con positivi, che erano costretti a restare in isolamento in quarantena, seguendo le lezioni da casa secondo la Ddi, la didattica digitale integrata.

In caso di emergenza - Rimane però un'unica, inevitabile raccomandazione: tutte le scuole siano preparate a un'eventuale ondata di Covid che metta nelle condizioni di dover tornare alle mascherine e ai banchi distanziati. La fine dello stato di emergenza oggi significa che la didattica ci fa in classe e che le misure di contenimento devono essere eccezionali e poco impattanti. 

Misure per fragili e ragazzi a rischio - I fragili, o i ragazzi più a rischio, dovranno continuare a proteggersi con la mascherina Ffp2, ma dovranno stare a scuola. Si torna alle vecchie regole anche per i professori e il personale non docente non vaccinato: già da aprile queste persone erano tornate al lavoro ma non a contatto con gli studenti, da settembre potranno svolgere le loro abituali mansioni. 

 

Sul tema aerazione, l'Iss e il Miur raccomandano di cambiare aria con frequenza mentre la dotazione di dispositivi di filtraggio dell'aria resta una decisione delle singole scuole. 

Sintomi e isolamento - Come ci si regolerà con i ragazzi che stanno poco bene? Con semplice raffreddore o un po' di tosse si potrà restare a classe (consigliata in questo caso la mascherina), me per rimanere a casa servirà febbre oltre i 37 gradi e mezzo o tampone positivo. 

Se il Covid dovesse tornare a livelli allarmanti, si procederà per gradi: prima si tornerà alle mascherine, poi al distanziamento di un metro. Sul fronte doppi turni si deciderà con i trasporti pubblici, i sindaci, i prefetti. 

Giorgio Battistelli, il 'leone di Albano', in trasferta veneziana, tira fuori gli artigli

Alla vigilia della consegna del Leone d'oro alla carriera, della Biennale di Venezia, a Giorgio Battistelli di Albano,  Valerio Cappelli del Corriere, gli ha fatto tirar fuori gli artigli con i quali  ha aggredito  il mondo musicale in generale e quello italiano di più. E lui l'ha fatto convinto, 'con coraggio e a cuore aperto'.

 Innanzitutto si è dichiarato ' un extracomunitario' e con lui la stessa musica è cpme un extracomunitario nella attutale società rispetto al processo politico. "La musica non ha un collante con il presente... E saltata la dimensione etica. Non c'è denuncia, opposizione, un pensiero contro l'omologazione. Esiste la Seduzione. Si vuole sedurre ed essere sedotti".

 E tutto questo non è solo colpa dei politici. " Di recente sono nati in Italia più di cento nuovi festival e dieci orchestre, sarebbe stato più opportuno rafforzare quelle esistenti". Bisogna fare i conti con sostenibilità e realtà, per non creare illusioni a centinaia di giovani".

 E i teatri italiani?  " Non hanno orizzonti nè progettualità. Le Fondazioni liriche sono quasi tutte dodecafoniche, dodici suoni che si ripetono continuamente, c'è poca permutazione nelle nomine".

 Il sistema è fragile, c'è confusione  fra critico e artista, il sovrintendente ha poteri enormi e il direttore artistico sta scomparendo, e dove ancora esiste è come un 'dirigente senza protafoglio'.

Nella sostanza " i grandi autori sono i garanti del rapporto con il pubblico, ma non ci si può limitare alla trasmissione del passato. Si ha paura perfino del Novecento storico... non c'è capacità di ascolto: c'è l'evento. Si dice: sono andato a vedere, non ad ascoltare Aida".

Perchè? " Danno per scontato che la musica abbia un pensiero debole e da sola non ce la faccia.

Ricetta. "Io dico che la salute, la formazione, la cultura e ci metto anche la sicurezza non dovrebbero avere il pareggio di bilancio, ma debbano essere totalmente liberi".

E i festival monografici che in Italia si richiamano a Rossini, Verdi, Puccini, Bellini, Donizetti? " perchè non sono mai esplosi sul piano internazionale, salvo quello di Rossini per un tratto? Si ha paura dell'incoerenza. Siamo fermi all'ascolto dell'Ottocento legato alla nascita della sala borghese. Bisogna fare chiarezza su registi e direttori, sul concetto di innovazione. Il nuovo per il nuovo può essere vecchio".

 La sindrome di Sansone? " quando va via una direzione, ci si augura il crollo del Tempio, a conferma che la propria gestione sia stata la migliore".

                                          *****

Al leone Battistelli, in gabbia 'dorata', ci sarebbero molte cose da obiettare. Cominciamo dal suo disappunto per la nascita di 10 nuove orchestre in Italia. Ma come, andiamo sempre dicendo che la tale città all'estero, o il tale paese ha decine o centinaia di orchestre e noi che in Italia, abbiamo intere regioni sguarnite di orchestre e digiune di musica, ci lamentiamo per la nascita di 10 nuove orchestre? Perchè creerebbero illusioni nei giovani? E' strano che un musicista non veda di buon occhio questa iniziativa del ministero che favorirà la nascita di nuove formazioni musicali, finanziate con il Fus. Sulle centinaia di nuovi festival sorti nel giro di poco tempo saremmo grati se facesse qualche nome.

 Solo che su festival e orchestre ma anche sul ruolo dei direttori artistici, Battistelli non è la persona giusta per muovere critiche che potrebbero risultare in evidente conflitto con i suoi attuali diversi ruoli. Lui è direttore artistico di un festival Puccini, Torre del Lago), monografico per giunta, e di una orchestra ( Haydn, Trento e Bolzano), ma anche di una istituzione concertistica (Barattelli, L'Aquila) dove ha avuto sempre grande attenzione a mettere alla direzione artistica persone che mai avrebbero alzato la voce contro di lui che è il vero deus ex machina. Allora perché lamentarsi della progressiva scomparsa dei direttori artistici o della loro ininfluenza?

 Sulla musica 'debole', senza bisogno di ricorrere alla più recente locuzione di Quirino Principe, 'musica forte', anche noi siamo stati sempre convinti che in molti 'reggitori' delle istituzioni musicali, in gran parte a digiuno di musica se non addirittura ignoranti, a tutti i livelli, ci sia  la convinzione che la musica, nella civiltà dell'immagine, non basti a se stessa ed abbia bisogno di 'aiutini' da parte dell'immagine come dell'elettronica. Altrimenti non si spiegherebbe il peso sempre maggiore che  quei reggitori  vanno attribuendo alle regie, allo spettacolo insomma,  giustificandole con la attualizzazione della  musica del passato. Qualcuno stima addirittura  sia necessario ricorrere alla sua manipolazione, per farla riscoprire (si veda il caso di Max Richter e dei suoi nipotini).

 Occorre fare spazio alla musica di oggi, anche in campo operistico, ma è da matti pensare che quella del passato, intendendosi i grandi capolavori, non abbiano più la forza di imporsi.  nessuna regia renderà più efficace Traviata di Giuseppe Verdi, semmai  attenterà alla sua forza di penetrazione. Bisogna che di questo anche Battistelli si convinca. Perchè non fanno, anche Battistelli, lo steso discorso sulla letteratura, sull'arte; che cosa ci sarebbe da attualizzare lì? E perché solo nella musica si sente tale bisogno? 

Il ruolo della musica sembra essere diventato solo quello della seduzione, ha perso ogni forza propulsiva di denuncia, di opposizione, manca di pensiero e non contrasta l'omologazione'. In questo ha ragione Battistelli.

 Infine, sulla cosiddetta 'sindrome di Sansone'.  Se in Italia accadesse ciò che all'estero è la norma, e cioè che gli incarichi artistici hanno una durata stabilita,  biennale, triennale o quinquennale non importa, terminata la quale  si cambia, questa sindrome sarebbe immediatamente debellata. In Italia ci sono casi in cui la direzione di una istituzione è stata affidata per decenni alla stessa persona ( vedi ad esempio proprio la Biennale, che per una ventina d'anni è stata guidata d Paolo Baratta; o Santa cecilia guidata per altrettanti anni da Bruno Cagli), quasi che nessun altro vi sia capace di assumere quel ruolo  e di onorarlo. mentre non è così. Magari cominci Battistelli a lasciare la presidenza della Barattelli - poca cosa, certo, ma sarebbe un esempio!.