Meglio occhi negli occhi, intorno a un tavolo. La premier Giorgia Meloni ieri mattina ha incontrato Elisabetta Belloni. La direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) — la struttura di coordinamento tra le diverse agenzie di intelligence — appena prima di Natale le aveva fatto pervenire la lettera di dimissioni a partire dal 15 gennaio.
Proprio la lettera era stata all’origine di una telefonata piuttosto aspra, lunedì mattina, tra la presidente del Consiglio e la coordinatrice dei servizi d’intelligence. L’accusa di Meloni a Belloni, neppure troppo velata, sarebbe stata quella di aver fatto filtrare alla stampa la sua intenzione di lasciare l’incarico. Ma, appunto, nel faccia a faccia di ieri i toni sarebbero stati assai diversi dal giorno precedente. Il confronto sarebbe stato franco ma utile a ridurre le distanze.
Difficile sapere che cosa si siano raccontate la premier e la responsabile dei servizi. Possibile che ci sia stato qualche riferimento al difficile rapporto tra Belloni e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, con cui i rapporti erano difficili da tempo. Ed è certo che nel colloquio si sia parlato di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata a Teheran poco prima di Natale.
Non è un segreto che Elisabetta Belloni in quella partita si sia sentita assolutamente messa da parte. Dato che la partita è stata gestita dal primo istante dall’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) guidata da Gianni Caravelli, oltre che da Palazzo Chigi attraverso Alfredo Mantovano. E per questo qualcuno ha accreditato la tesi che le dimissioni dell’ambasciatrice siano arrivate — allora in forma riservata — proprio in occasione dell’arresto della giornalista.
Giusto ieri il capogruppo azzurro in Senato Maurizio Gasparri ha sottolineato che lui avrebbe rimandato «di qualche settimana, avrei aspettato la fine del mandato». E ha aggiunto che le dimissioni potrebbero essere l’occasione per «semplificare la filiera, le strutture dei servizi segreti».
Matteo Renzi a L’aria che tira su La7 è stato duro: Belloni «non è la mia migliore amica, abbiamo avuto qualche duro scontro, ma è una signora professionista a cui si deve il ritorno a casa dei Marò. Lei è la persona che ha sbloccato la querelle».
E dunque, «il fatto che se ne vada con il caso di Cecilia Sala aperto è un segnale pessimo per il Paese». Prosegue Renzi: «Non so perché alle riunioni di palazzo Chigi dal momento del rapimento di Cecilia Sala Belloni non è stata chiamata ai tavoli che contavano».
Il leader di Italia viva conclude attaccando il ministro degli Esteri Antonio Tajani, definito l’uomo «che ha detto le più grandi idiozie su questa vicenda: Cecilia Sala è ostaggio del regime, ma quando si ha a che fare con la vita di una cittadina italiana, di una giornalista, si fanno gli accordi con chiunque».
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