martedì 14 gennaio 2025

La Memoria musicale e la Storia del 'tarlo dispari' ( da Pagine ebraiche, di Francesco Lotoro)

 LA MEMORIA MUSICALE E LA STORIA DEL TARLO DISPARI


Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dalla città polacca di Sosnowiec scorrendo per il versante baltico e galiziano c’era un continuum demografico e culturale ebraico senza precedenti; nel 1938 gli ebrei di Będzin erano 22.500 ossia il 70% dell’intera popolazione, l’Europa da Danzica al Mar Nero era una sorta di grande Israele in numeri, peso sociale, pensiero.

È bene tenerlo a mente riflettendo sulla degiudaizzazione attuata in quei Paesi; i piani di Wannsee del gennaio 1942 prevedevano l’eliminazione di 11 milioni di ebrei mentre quelli staliniani post-bellici arrivavano a 9 milioni e ciò significa che, comunque andasse a finire la Guerra e nella sciagurata ipotesi che il dittatore sovietico vivesse a lungo, il popolo ebraico non avrebbe avuto scampo.


I criteri di misurazione del musicista sono differenti; prima contiamo uomini, donne e materiali musicali mancanti, dopo rimediamo e salviamo ogni pentagramma come se fosse vita reale.

Il 16 maggio 1943, a tragico coronamento della distruzione del Ghetto di Varsavia, le unità tedesche distrussero la maestosa Wielka Synagoga della comunità ebraica riformata; il simbolo del crollo di Varsavia ebraica e della sua immensa vita culturale è la distruzione di una sinagoga riformata.

A prescindere dagli aspetti halachici che lo differenziano dall’ebraismo tradizionale, è merito dell’ebraismo riformato (favorevole a cori misti e cantanti ambosessi durante Shabbath e festività) se la musica religiosa ebraica si è sviluppata anche in cattività; sono numerose le pagine musicali create nei Lager contenenti tefillòth in ebraico traslitterato o in lingua volgare con accompagnamento di archi, strumenti a corda, pianoforte e ovviamente organo.


Il 7 ottobre 2023 scoprimmo di non avere buoni amici ma feroci nemici e, nel migliore dei casi, gelidi e indifferenti vicini di quartiere; l’indifferenza non è un coltello che uccide o un fucile che spara ma è il tarlo che spolpa tutto il legno lasciando intatta la sola buccia del mobile.

Avendo recentemente guarito da un tarlo un nostro violino dei Lager, il mio liutaio mi ha spiegato che il tarlo – essere tanto minuscolo quanto intelligentissimo – non esce mai da dove è entrato per non dare nell’occhio ma scava in profondità nel legno sino ad aprire un nuovo foro.

Se i fori nel mobile sono dispari, significa che l’ultimo tarlo non è ancora uscito dal ristorante ma è ancora lì in sala che pasteggia a base di buon legno d’annata; siamo la generazione del tarlo dispari.


L’indifferenza non si piazza dinanzi a noi come farebbe l’amico o persino il nemico ma si insinua nel relativismo accondiscendente, fermenta nel mainstream televisivo che al primo telegiornale del mattino ci ha già servito il caffè maleodorante della disinformazione sul Medio Oriente, divora a quattro ganasce la polpa intellettuale che ci ha nutrito per millenni per rimpiazzarla con l’ostentazione dell’ignoranza quale valore; come un tarlo, entra dal portale del vuoto cosmico di idee ma esce dal retro delle cucine rimpinzato delle nostre paure più recondite e mai sopite.


Recuperare musica scritta da uomini perseguitati e deportati non significa soltanto agire da musicisti; ciò è spiccatamente ebraico e questo testamento universale può essere valorizzato soltanto da un popolo per il quale la Memoria non è esercizio mentale bensì muscolo dello spirito. 

La musica concentrazionaria è molto più di una esplosione vulcanica di creatività, è la fine di un lutto millenario, immette nell’atmosfera germi di tempi migliori, non canta la deportazione ma la esorcizza capovolgendone le coordinate intellettuali; questa musica inizia allorquando la storia batte i suoi tempi, la mission di questa letteratura è disturbare la storia e produrre il miglior futuro possibile.


Albert Einstein affermò che la Teoria della Relatività gli sgorgò nel pensiero grazie alla forza trainante della musica e talora, dopo aver suonato il pianoforte (suonava bene anche il violino), si alzava dalla tastiera dicendo “Ecco, finalmente ho capito”; l’esercizio musicale metteva in moto meccanismi inediti nel suo cervello geniale creando connessioni e fornendo soluzioni alla materia scientifica.

In Ghetti e Lager la musica palesava innate capacità terapeutiche, creava coesione, sublimava capacità resistenziali, disorientava guardie e autorità procurandone disagio, incutendogli panico.

I pretoriani dell’Impero romano ammutolivano dinanzi al canto dei martiri cristiani prima di essere sbranati dalle fiere o morire assiderati sulla lastra di un lago ghiacciato; nell’inferno di Janowska non c’era nulla di più distruttivo che intonare un canto in tedesco in faccia al soldato tedesco.


“I concerti nel Ghetto erano molto frequentati e quelli sinfonici persino sovraffollati […] non era un sentimento di sfida a spingere affamati e poveracci nelle sale da concerto ma piuttosto il desiderio di consolazione ed edificazione – scrisse il critico letterario polacco Marcel Reich-Ranicki (foto), sopravvissuto al Ghetto di Varsavia – quelli che temevano per la propria vita cercavano nella musica protezione e rifugio, forse anche felicità [...] essi dipendevano da un mondo alternativo”.

La musica agisce in un mondo alternativo ma la Memoria, capace di pietrificare il futuro e liquefare il passato, appartiene al mondo presente; forgiando la malta dei mattoni della civiltà, la Memoria crea portali dimensionali tra quel che siamo e ciò che domani lasceremo.

2 commenti:

  1. Un altro scritto del critico musicale prof. Pietro Acquafredda da leggere con attenzione. Si evince, una volta di più, il valore terapeutico della Musica sugli sfortunati uomini rinchiusi nei ghetti, dove l' Arte diventa pane dell' anima...
    Grrazia Stella Elia

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  2. Grazie prof.ssa Elia. ma lo scritto, interessantissimo, per il quale mi elogia, non è farina del mio sacco. Io l'ho solo pubblicato sul mio blog, ritenendolo al pari di Lei, di grande interesse, ma è scritto da Francesco Lotoro che alla musica nei lager ha dedicato studi ed anche un centro che ha da poco inaugurato una nuova sede a Barletta

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