mercoledì 17 marzo 2021

Marco Travaglio sta impegnando il suo giornale nella scoperta di giovani direttori d'orchestra italiani. Ma per ora non sembra attendibile

Noi lo avevamo notato da tempo che Marco Travaglio voleva aprire una specie di 'agenzia' di rappresentanza artistica, riservata ai direttori d'orchestra, giovani ed anche non, che a suo parere erano sottostimati in Italia. Perché giovani ma anche non, e perché italiani, che, come si sa, in patria non sono mai 'profeti'. 

In fondo non ci siamo meravigliati più di tanto perché abbiamo visto quanta fatica in questi anni Travaglio ed il suo 'Fatto Quotidiano' hanno fatto per accreditare l'esercito di impreparati parlamentari Cinquestelle; una campagna che tuttora continua, dopo l'uscita di Conte premier, con la denigrazione quasi giornaliera di Mario Draghi e del suo gabinetto.

L'aver optato per la direzione d'orchestra una ragione l'ha. La direzione d'orchestra è una di quelle professioni  dove è possibile vendere fumo senza che ne nessuno se ne accorga, fra la 'ggente.

 Il primo sentore di tale volontà di Travaglio l'avemmo qualche tempo fa a proposito di un direttore che vive ed opera in Calabria, Filippo Arlia, direttore e fondatore di un Conservatorio e direttore e fondatore di un' orchestra della quale Travaglio ed il suo giornale  ne parla come fosse quella dei noti Berlinesi, e di Arlia come un nuovo Karajan.

Travaglio, nel giro di qualche mese, ho ospitato diverse paginate su quel noto - almeno per lui - direttore d'orchestra, che dirige quasi esclusivamente la 'sua orchestra'.  Una ragione ci sarà perchè lui, così bravo e famoso, sia rimasto al palo della sua orchestra. Perchè - non si è chiesto -  parecchi altri direttori italiani, giovani come lui, oggi dirigono anche in Italia orchestre di un certo nome, facendo la carriera e la trafila che ogni direttore d'orchestra fa per imparare sul campo il mestiere?

Leggendo quelle paginate del Fatto (ottobre 2019, settembre e dicembre 2020) su Arlia abbiamo scoperto che a scriverle era sempre un suo, di Arlia, collaboratore,  certamene titolato a svolgere tale lavoro, ma insegnante nel Conservatorio di cui Arlia è direttore. Qualche sospetto a Travaglio non è mai venuto; si è fidato ciecamente del collaboratore, non chiedendogli neppure in un solo caso: ma sei sicuro di quello che scrivi?

Nei curricula di tanti direttori - ripetiamo: la più fumosa professione musicale, dove è stato possibile per qualcheduna  mettersi in mostra più che per bravura per  prestanza fisica, giovinezza, chioma fluente e mise  da star anche sul podio! - abbiamo letto tante volte l'elenco delle numerose orchestre che hanno diretto. Tutte definite 'internazionali' ma che di 'internazionale' hanno solo il fatto che tante si trovano all'estero e nient'altro, appartenenti alla categoria delle 'orchestrine', contro le quali, sia chiaro, non abbiamo nulla; hanno anche quelle diritto di esistere e magari ce ne fossero cento volte tante nel nostro paese!

  Poi appena qualche giorno fa Travaglio ha pubblicato sul Fatto ancora una paginata, questa volta non dedicata a Arlia, ma a  Roberto Fiore, un altro giovane direttore appena trentenne che  'in Cina ha trovato il futuro' - così titolava.  L'articolo recava la firma di un suo collaboratore, il giornalista Giampiero Calapà, che solitamente si dedica professionalmente alle mafie di vario genere.

Anche il nome di Roberto Fiore risulta nuovo, nonostante qualche raro concerto abbia diretto anche in Italia. Ma ciò che colpisce in questo ritratto di Fiore è il fatto che andato in Cina come turista viene lì scoperto e contrattualizzato.  Come accade allorché ci si imbatte in un talento, un 'cavallo' di razza. Ciò che scrive Calapà di Fiore non è altro che ciò che può accadere ad un giovane musicista, senza che per questo si possa parlare nel suo caso, come in quello di Arlia, di un 'Dudamel'  o 'Harding'  italiano.

 L'accoglienza che egli avrebbe avuto in Cina non è che l'altra faccia della medaglia dei tanti giovani musicisti che vengono in Italia da quelle regioni lontane a studiare musica e soprattutto 'opera' ITALIANA, di cui vanno pazzi. Tanto è vero che alcuni Conservatori italiani si sono accordati con analoghe istituzioni di quei paesi per mandarvi nostri insegnanti, onde evitare a schiere di giovani, coreani o cinesi soprattutto, di trasferirsi in Italia a studiare. Nè va dimenticato che talune tournée di nostri musicisti all'estero, sono organizzate dai nostri 'Istituti di cultura' - che è un giro che fa capo agli 'Esteri', non sempre attendibile sotto il profilo musicale. 

A scanso di equivoci e perché i  nostri lettori non pensino che viviamo in chissà quale mondo, vogliamo assicurare tutti che conosciamo molto bene quali e quante difficoltà un musicista deve affrontare, nella gran parte dei casi, prima di affermarsi. Abbiamo scritto tante volte dello strapotere delle agenzie - quella di Travaglio è ancora ai primi passi nell'ambiente - nel determinare la fortuna o la sfortuna di un giovane che si avvicina alla professione musicale. E se tale strapotere incide notevolmente anche in professioni, come quelle degli strumentisti e dei cantanti, dove si può anche pesare preparazione e talento - non è difficile immaginare che per la professione del direttore d'orchestra troppi sono i galli  che cantano senza aver voce.

Naturalmente auguriamo sia ad Arlia che a Fiore di fare una bella carriera, ma adesso andiamoci piano a dire che che si tratta di cervelli fuggiti all'estero o di profeti che la loro patria non vogliono accettare.

 E poi, Travaglio caro, la prossima volta chiedi a collaboratori competenti e disinteressati di scrivere su altri direttori che vorrai accogliere nella tua scuderia.

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