venerdì 19 marzo 2021

Strawinsky . Un VENERDI' 'di passione'

 Una premessa per non essere fraintesi. Per il Venerdi di Repubblica è senz'altro un merito l'essersi ricordato di Strawinsky,  a cinquant'anni esatti dalla sua morte, avvenuta in America il 6 aprile del 1971, con funerale il 15 a Venezia, dove volle essere sepolto accanto a Diaghilev, nel cimitero dell'isola di San Michele. 

Un merito che non saranno ancora in tanti a poter vantare, perchè come si sa della musica  non frega a nessuno, anche quando si parla del più grande musicista del Novecento Il 'Picasso della musica': paragone  che non è fuori luogo sia per le diverse 'età' o 'periodi' dei due sommi artisti, sia perchè hanno fatto la storia delle rispettive arti nel Novecento, più e meglio di chiunque altro, perfino di coloro che alla rivoluzione novecentesca hanno dato un contributo di idee ancora più ragguardevole, come nel caso di Schoenberg che della 'nuova musica' è stato profeta più che 'messia'.

Veniamo alla ragione per cui, nonostante il riconosciuto al Venerdì, ne scriviamo. E cioè? Perchè Strawinsky meritava ben altro che il racconto del personaggio e della vita attraverso curiosità perfino banali, e tutte extramusicali, e affidando il profilo musicale ad un critico 'di casa', quando ben altre personalità avrebbero saputo tracciarne più degno ed autorevole.

 Beninteso che  il Venerdì non è una rivista di musica, e che  perciò da esso non si possa nè attendere e neppure pretendere il racconto di Strawinsky che ne evidenzi il carattere, rapportato a ciò che egli fu, cioè musicista. 

A proposito, Strawinsky fu compositore, e non anche direttore d'orchestra, come con abbaglio incomprensibile lo intesta il settimanale. Perchè le volte che salì sul podio fu per la sua musica,    e solo per essa, al fine di  ottenere cachet più sostanziosi - ai quali teneva molto, come è noto -   se nella duplice veste di compositore ed interprete. Circostanza che si ebbe anche quando per la Biennale del '51 che gliel'aveva commissionata, alla Fenice venne rappresentata la sua opera 'classica': La carriera del libertino, diretta effettivamente da Ferdinand Leitner, nascosto in buca e prima anche 'concertatore', mentre  Strawinsky, visibile sul podio al pubblico,  non era guardato dagli orchestrali. Dunque Strawinsky 'direttore' non era.

Ciò che però colpisce ancor più dell'etichettatura errata è la richiesta di notizie  da parte dell'estensore dell'articolo, Marco Cicala, a chi  niente poteva dirgli di Strawinsky, come ha fatto, a proposito del suo funerale veneziano, con Cristiano Chiarot - che poi ha fatto carriera in ambito musicale fino alla sovrintendenza della Fenice e del Maggio Fiorentino, che in quel 15 aprile 1971, aveva  poco più di 18 anni, frequentava l'ultimo anno di liceo, e la musica era ancora lontanissima dai suoi orizzonti. Chiarot chi poteva cercare fra i presenti a quell'affollatissimo funerale, se nessuno del mondo musicale egli conosceva ancora? E come poteva sapere chi fosse Penderecki, l'unico musicista presente; mentre lo stesso Malipiero, veneziano, amico di Strawinsky da lunga data, non aveva potuto lasciare la sua Asolo per ragioni di salute. 

 Certo Marcello Panni poteva raccontare a Cicala di Strawinsky, perchè il musicista ebbe un rapporto privilegiato e di amicizia con sua madre, la mitica Adriana, proprietaria anche di un manoscritto del compositore. Ma che lui, forse appena maggiorenne abbia consigliato a Strawinsky il suo sarto, a noi sembra una barzelletta, come una seconda barzelletta sembra anche la descrizione del modo di dirigere di Strawinsky, molto simile a quello di tanti 'pizzardoni' che oggi lavorano dal podio sulla musica contemporanea.  E ci fermiamo qui.

Perciò, senza esserne richiesti, vogliamo offrire a Cicala, per la prossima ricorrenza strawinskiana, un altro metodo da seguire, sembra che lo voglia.

 A metà degli anni Novanta il Festival di Salisburgo, volle anticipare le celebrazioni per il quarto di secolo dalla morte di Strawinsky:1996. E noi che allora dirigevamo il mensile 'Applausi' confezionammo un bel dossier, sul grande musicista, 'Strawinsky, il padre di tutti noi' che siamo andati a rileggere, così siffatto: ' Strawinsky non noi oggi' di Paolo Castaldi (un  saggio oltremodo acuto sul ruolo di Strawinsky nella musica del Novecento); a seguire, Quirino Principe  scriveva della prima movimentata del Sacre, a Parigi nel 1913, dal titolo 'Tacete puttane della XVI fila' ; ancora Strawinsky nel ricordo di Malipiero: 'Era il 1913. Sul boulevard del Italiens' e , infine, 'Strawinsky e Venezia' di Giuseppe Pugliese.  A corollario, alcune fulminanti intuizioni di Alberto Savinio su Strawinsky, sotto il titolo:  'Gulliver per il mondo musicale', che ribaltava il convincimento che Strawinsky era andato dietro a tutte le mode, dopo la svolta cosiddetta 'neoclassica'. Non è che un esempio, ma può servire di stimolo.

 Ancora  su Music@, il bimestrale edito dal Conservatorio 'Casella' dell'Aquila, qualche anno fa pubblicai uno scritto di Domenico De Paoli ( musicista e musicologo che avevo conosciuto ai tempi in cui frequentavo Nino Rota di cui lui era molto amico) ritrovato su una rivista degli anni Trenta, in cui De Paoli, collaborator, non semplice amanuense di Strawinsky, raccontava come lavorava il musicista e quale era la sua giornata tipo di lavoro.

Semplici suggerimenti per evitare scivolate imperdonabili, nel caso di un musicista così noto, assai simili a quelle che abbiamo denunciato l'altro ieri, dopo aver visto un film su Franco Ferrara, nel quale del celebre sfortunato direttore d'orchestra, viene invitata a parlare una schiera di 'direttori d'orchestra', soi disant, di cui neppure noi che frequentiamo questo mondo da molti decenni conoscevamo il semplice nome. 

 


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