Ci era sfuggito questo lungo film sulla figura leggendaria di Franco Ferrara, il maestro dei maestri, realizzato da Giorgio Mezzanotte e Anton Gulio Onofri, addirittura nel 2012, ora ritrasmesso da CLASSICA di Maranghi, che l'aveva prodotto.
Un album di ricordi affidato alle voci di coloro che ne furono allievi - uno stuolo stando a tutti coloro che se ne vantano, anche se per mediocrità, alcuni di loro non fanno che infangare la sua memoria - e a musicisti suoi coetanei, questi ultimi quasi tuti di gran nome, mentre fra i direttori intervistati più d'uno era sconosciuto anche a noi che ci occupiamo di musica da almeno quarant'anni, e che Franco Ferrara lo abbiamo conosciuto di persona durante uno dei suoi ultimi corsi, ad Assisi nel 1981, dove era stato invitato da Giuseppe Juhar, nell'ambito della 'Festa Musica Pro'.
Quello stesso anno fummo presenti al concerto in suo onore per il settantesimo compleanno, nell'auditorium del Foro Italico, con l'Orchestra Rai di Roma. Un concerto diretto da alcuni suoi allievi direttori - che erano stati Aprea, Gelmetti, Panni, Ferro, Chailly, Roberto Abbado, Inbal - durante il quale si affacciò un altro suo illustre allievo, Ozawa. Anche allora il mondo musicale diede un esempio eclatante della sua insensibilità: Ferrara era persona dal carattere particolare, ma musicista inarrivabile; considerando, però, che non dirigeva più in pubblico da molti anni, non metteva pensiero a nessuno, e, di conseguenza, non suggeriva rispetto e deferenza, quanta ne avevano per lui le più grandi bacchette in grado di riconoscerne il suo valore assoluto nella direzione.
Il film si apre con Pappano in primo piano - alle spalle la locandina di un suo concerto con l'Orchestra di Santa Cecilia al Musikverein di Vienna - che mentre ascolta la sinfonia de La forza del destino, in una delle rare registrazioni di Ferrara, va in visibilio e ne commenta con grande arguzia le meraviglie dei vari passi; poi Pappano scompare per tutto il resto del film, anche perché non avrebbe saputo e potuto comunque dire altro non avendo mai conosciuto Ferrara; poi comincia la passerella di musicisti, direttori e qualche critico ( Leonardo Pinzauti, Alfredo Gasponi) che hanno tentato di tracciare un ritratto umano e musicale di Ferrara. Troppa aneddotica, poca sostanza musicale; e la sua malattia, inspiegata, poteva essere liquidata in poche battute.
Niente che già non sapevamo, salvo qualche particolare come l'invito della RCA negli anni Sessanta a incidere tutte le Sinfonie di Beethoven, a qualunque prezzo (compenso), che Ferrara rifiutò. E che la fine della sua attività pubblica di direttore, iniziata nel 1933, ventiduenne, per invito di Guarnieri, ebbe termine durante le prove de La Giara di Casella, nell'Auditorium del Foro Italico, nel 1948.
Ferrara, come è noto, dal 1940 cominciò a svenire durante i concerti, il fenomeno si ripetè diverse volte e divenne molto preoccupante al punto dal consigliargli di abbandonare l'attività pubblica di direttore.
Si dedicò all'insegnamento - dagli anni Sessanta per un ventennio alla Chigiana e nel resto del mondo - ed alla registrazione di musiche per film. Nino Rota - ci regalò che non avevamo neanche vent'anni - un disco con le musiche del Gattopardo di Visconti, dirette da Ferrara, che noi 'consumammo' letteralmente.
Su Piano Time facemmo scrivere di Ferrara in diverse occasioni, e naturalmente anche alla sua morte; noi stessi scrivemmo un editoriale di fuoco allorché, a Venezia, gli venne dato il Premio 'Una vita nella musica', dall'associazione creata da Tosi, in coppia con Gianandrea Gavazzeni. Per la ragione che, secondo gli illuminati veneziani, il premio dato solo a Ferrara era come sprecato. Non li faceva riflettere neppure il fatto che il mondo intero lo stimava ed esaltava, da Bernstein a Karajan, a Celibidache, e ne temeva il confronto che, per loro fortuna, non poteva più esserci dal vivo, per il grave handicap del direttore. Un premio siffatto si dà a chi veramente se lo è meritato, e Ferrara se lo meritava più di chiunque altro. Ci indignammo allora e, a ripensarci, ci viene da indignare ancora oggi.
Alla consegna del premio non eravamo presenti - nel film ci viene mostrato un Ferrara timido, quasi seminascosto sul palco, alle spalle di Gavazzeni, mentre eravamo presenti alla prima edizione di quel Premio, nel 1978, quando fu consegnato a Rubinstein - in una cerimonia di grande commozione - e ne scrivemmo per Paese Sera.
Non passò neanche una settimana e Ferrara morì per arresto cardiaco a Firenze, dove si trovava per il Premio Gui.
Anni prima, 1981, avevamo assistito ad alcune sue lezioni nel disadorno teatro Metastasio di Assisi. Ferrara era seduto in una delle prime file, alle sue spalle gli allievi - in modo che lui non ne fosse distratto dalle loro reazioni - e sul podio il direttore di turno. Abbiamo nitida una immagine, che ci convinse della sua nobilisima, intima e morale intransigenza di musicista. Durante l'intera esecuzione che non lo soddisfaceva affatto, seguì con una certa insofferenza; appena terminata, chiamò per nome il giovane direttore lo ringraziò, e senza aggiungere altro gli intimò di accomodarsi, facendo salire sul podio un altro allievo.
Nel film, ci ha colpito, per la sua inutilità, l'annotazione di Roman Vlad, secondo il quale 'Ferrara non era uomo di cultura; per riposarsi leggeva Topolino'. Ci ha colpito perchè ci ha fatto venire in mente che la medesima annotazione qualcuno in passato l'ha fatta su Benedetti Michelangeli. Ma se la lettura di Topolino produce simili effetti, a molti musicisti in attività si potrebbe regalare l'abbonamento alla prestigiosa rivista; per quanto ci riguarda, noi, ad esempio, non abbiamo mai letto Topolino perché non riusciamo a distinguere i vari personaggi ed a seguire le storie. A questo punto ci viene il dubbio che se avessimo insistito chissà cosa saremmo diventati.
Ed ora una annotazione curiosa e comica. Uno degli allievi più stimati di Ferrara che ha avuto una bella carriera di direttore, ci ha raccontato che il maestro durante i corsi si divertiva a giocare con il cognome di uno dei suoi allievi, al momento di invitarlo a salire sul podio; di lui non diremo il nome neanche sotto tortura; ma in tutta evidenza possiamo dire che di lui non aveva grande stima.
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