mercoledì 17 marzo 2021

James Levine è morto il 9 marzo, a 77 anni. Costretto su una sedia a rotelle da molti anni. Nel 2018 il MET dove aveva regnato per 40 anni lo aveva licenziato in tronco, per presunte molestie sessuali

 James Levine, direttore musicale del Metropolitan di New York per più di 40 anni e uno dei direttori d’orchestra più influenti e ammirati al mondo fino a quando nel 2018 le accuse di molestie sessuali non hanno posto fine alla sua carriera, è morto il 9 marzo a Palm Springs, in California. Aveva 77 anni. La notizia è stata comunicata oggi dal suo medico Len Horovitz, che non ha ancora reso noto il motivo del decesso.

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Proprio lui che non aveva mai diretto in Italia, era annunciato per questa stagione, fra gennaio e giugno, a Firenze, al Maggio Fiorentino, e poi a Roma, all'Accademia di Santa Cecilia. L'annuncio ci aveva lasciati abbastanza scettici.  Ma come? Uno che non è mai venuto da noi quando era in forze,  in quarant'anni di attività, verrebbe ora, malmesso e su una sedia a rotelle? Non ci abbiamo mai creduto ed abbiamo perfino pensato che Firenze e Roma potevano averlo invitato per 'farsi belli' in certo modo, sapendo che l'impresa era di quelle impossibili. Come si è poi dimostrato. Voleva essere per alcune anime buone della vecchia Europa, una sorta di risarcimento ad un direttore la cui carriera le accuse di presunte molestie sessuali a danno di alcuni ragazzi in anni passati, avevano drasticamente interrotto, facendolo nella puritana America, infettata dallo scandalo Weinstein, licenziare in tronco proprio dal Met dove aveva regnato ininterrottamente per molti decenni.

Interrompendosi solo per qualche qualche tempo, anni fa, con l'acuirsi della malattia,  quando gli prestò soccorso il nostro Fabio Luisi, ma che aveva poi ripreso benchè costretto a muoversi e a dirigere su una particolare sedia a rotelle.

In Italia - dicevamo - lui aveva diretto raramente in pasato, ma in Europa sì e le più grandi orchestre a Vienna a Berlino come a Dresda e Bayreuth e a Monaco di Baviera per un quadriennio, dopo Celibidache, e regolarmente a Salisburgo, negli anni di Karajan. Il quale lo mise ogni anno in cartellone ottenendo - così si pensava e si disse anche - due benefici. Avere dalla sua parte  il ricco mondo ebreo americano che Levine rappresentava, e mettersi al fianco uno che non gli avrebbe mai fatto ombra (La stessa cosa si disse quando, impossibilitato a dirigere causa malattia, Karajan chiamò come suo sostituto Riccardo Chailly). Questo era ciò che esattamente si pensava da noi di Levine,  e cioè che era un direttore routinier, superficiale, che faceva sì tutto, ma niente in maniera superlativa. Giudizio che non corrispondeva alla realtà, come si poteva fcilmente dedurre dall'ascolto dalla mole delle sue registrazioni con i complessi americani.

 Noi lo abbiamo ascoltato più d'una volta a Salisburgo, mai però sul podio ma seduto al pianoforte per accompagnare famosissimi liederisti, quasi sempre nella sala del Mozarteum. Anche noi in fondo eravamo vittima di quelle stesse prevenzioni che lo volevano direttore  poco interessante, se non chiedemmo mai al festival di assistere ad una sua recita in teatro.

Negli ultimi anni abbiamo letto scritti in sua difesa, specie quelli di Paolo Isotta che lo voleva grandissimo interprete e non tollerava che  alcune  accuse di molestie - tutte da verificare - potessero  far rovinare nella polvere un direttore stimato e venerato, con l'onta di una cacciata quale si infligge a malfattori macchiatisi di gravi delitti.

 Isotta non considerava la gravità di quelle presunte accuse - la pedofilia è un reato! - di molestie sessuali a ragazzi molto giovani, anzi giovanissimi, da parte di un direttore adulto, molto più grande di loro e per giunta in una posizione di potere che aumentava la suggestione ma anche la soggezione delle vittime. 

 Come siano poi finite le accuse, dimostrate o no, non sappiamo, mentre la causa intentata da Levine al Met pare essersi conclusa con un accordo-transazione l'estate scorsa; i particolari, tuttavia, non sono stati resi noti. Comunque una fine ingloriosa.

 Ora riposi in pace!


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