giovedì 15 marzo 2018

Al Regio di Torino hanno acquistato, a scatola chiusa, un 'pacchetto' dal Teatro di Liegi. Ora scartano il sovrintendente, poi il direttore

 Per i verdiani  Lombardi alla prima crociata,  al Teatro Regio di Torino in aprile, torna sul podio Michele Mariotti, un nostro direttore che sta facendo, come si legge immancabilmente in ogni comunicato, una brillante carriera internazionale  e che  nel 2016 ha vinto il Premio Abbiati come miglior direttore - una specie  di Nobel ed Oscar insieme,  assegnato, o elargito, dalla gloriosa  compagnia dei critici musicali italiani: roba da niente, ma non essendoci altro, tenuto in grande considerazione. Il seguito delle sue gloriose imprese, soprattutto sul terreno di guerra bolognese, si può ancora leggere tale e quale scorrendo i comunicati stampa di qualunque teatro italiano che si rispetti, dove manca la voglia e la capacità di cambiare neanche una virgola.

 Consentiteci una parentesi. Lunga. Michele Mariotti è entrato, in Italia, nel ristrettissimo gruppetto di direttori dei quali  non si legge mai nulla che non sia superlativo. Tale gruppetto che è guidato dal nostro Pappano che non ne sbaglia mai una, ne comprende pochissimi altri: ad esempio Chailly. E' da oltre quindici anni in Italia, stabile a Roma, gira il mondo con la sua orchestra ceciliana,  e mai una volta ciò che fa non risulta almeno sublime, eccezionale.
 Noi conosciamo Pappano da molti anni, e ne abbiamo raccontato la biografia e la  veloce ascesa fra i primi,  sottolineando il suo impegno e la totale dedizione alla musica, ragione principale se non unica della sua vita. Nonostante ciò siamo convinti che ci sarebbe di tanto in tanto qualche cosa non proprio  all'altezza delle sue migliori prestazioni; neanche una diversità di veduta dalla tradizione. No mai nulla.

Anni fa, ad esempio, tanto per dirne una, ascoltando un suo Ciaikovskij - se ben ricordiamo, la Sesta - fummo sorpresi dalla sua  quasi incapacità di cogliere, in un movimento intermedio della sinfonia, il secondo, l'Andante con grazia, la 'leggerezza' del brano,  come in qualche altro caso 'il comico' (al Rossini  del Barbiere, è arrivato tardi!) tendendo egli quasi per natura al 'tragico' . Non è che un esempio. Anche di questa mai nessuna traccia nei continui resoconti dei suoi concerti. Insomma Pappano è più infallibile perfino del Papa, contro il quale negli ultimi mesi si è aizzata una canizza vergognosa.

 Ci sovviene, riflettendo, di aver letto una volta qualche appunto, in occasione di una Passione bachiana eseguita all'Auditorium. Il critico di un giornalone faceva notare come la sua impostazione generale non aveva nulla a che fare né con la antica tradizione interpretativa, che potremmo chiamare 'sinfonica', né con quella in voga da almeno mezzo secolo, che viene chiamata per comodità 'filologica'. Insomma si diceva timidamente da parte di qualcuno - che poi evidentemente si è pentito o è stato redarguito al punto che  non ha mai più osato esprimere un qualche dubbio sulle sue interpretazioni - che quella sua Passione molto ben curata - come noi sottolineammo in un nostro articolo per Il Giornale - non era nè carne nè pesce.

 Ci siamo fatti prendere la mano, uscendo fuori del seminato dal quale eravamo partiti.
 Torniamo a parlare del Regio e dell'apertura del pacchetto acquistato in blocco dalla Fondazione italiana in quel di Liegi. In quel pacchetto Liegi vendeva, pro tempore, a Torino la sua direttrice principale Speranza Scappucci  - che due anni fa aveva già diretto Cenerentola - per le prossime Nozze  mozartiane di giugno, ma intanto si doveva anche prendere  il sovrintendente che gliel'aveva prestata, nelle vesti di regista dei Lombardi verdiani. Non c'era altra regia, anche tradizionale come viene cantata quella in arrivo firmata da Stefano Mazzonis, da utilizzare a Torino, anche senza ricorrere ad un nuovo allestimento?

Questa operazione  ci sembra simile a quelle, che noi come tutti conosciamo bene, messe in campo dalle agenzie che, vendendo pro tempore un loro cavallo di razza, vero o presunto, gli affiancano  anche qualche scartino, prendere o lasciare.

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