E' uscito presso Piemme, in traduzione, il romanzo della scrittrice inglese Harriet Constable, con il titolo italiano L'Orfana di Venezia, che ha come protagonista la violinista Anna Maria dell'Ospedale veneziano della Pietà, che altro non era, a Venezia come a Napoli, che un antenato degli attuali Conservatori, dove le fanciulle o i fanciulli, come a Napoli, rinchiusi coltivavano la musica e non solo. Anna Maria fu allieva di Vivaldi, della Pietà maestro e compositore, il quale però, secondo la scrittrice inglese sarebbe stato delle fanciulle tutte il predatore anche sessuale; ma di quelle con maggior talento, e Anna Maria era la più talentuosa, anche predatore musicale. Avrebbe cioè apposto la sua firma sotto lavori che in realtà erano stati scritti proprio da Anna Maria, comprese le famosissime Quattro stagioni, la cui storia però non ho letto e non leggerò perchè non compro il libro della Constable.
Tuttavia posso ragionare sull'assunto, poiché ci sembra non avere nessun fondamento, come hanno fatto rilevare già studiosi e recensori nei giorni scorsi, fra tutti, in maniera molto dettagliata ed argomentata, Alessandro Di Profio, dalle pagine del Venerdì di Repubblica.
Nella storia della musica, chi la conosce, sa che gli episodi di falsa attribuzione, di autoattribuzione indebita, quando non di vero e proprio furto d'opera sono tantissimi.
L'esempio più noto è senza dubbio quello relativo a Pergolesi. Poichè il suo nome era garanzia di genialità e capolavoro, dopo la sua morte, sono uscite tante musiche che recavano la sua firma ma che con il celebre compositore, morto giovanissimo, non avevano nulla da spartire.
C'è anche il caso di compositori celebri che si sarebbero attribuite opere che, nella realtà altri aveva composto. Come è accaduto nel caso di Beethoven e Andrea Luchesi, il quale sarebbe l'autore di molti lavori che la tradizione vuole di Beethoven. Non stiamo qui a raccontare tutta la storia e i particolari di essi che hanno portato certi certi studiosi ad avallare la falsità della attribuzione beethoveniana.
Nella storia della musica c'è anche il caso emblematico di Scelsi, che non conosceva la musica, la tecnica compositiva, e che aveva al suo servizio, ben foraggiato, tanti 'neri' che sulla base di certe velleità registrate da Scelsi, traevano un partitura degna di tale nome.
Della presenza di 'neri', ovverossia di servi, amanuensi dottissimi pagati per la loro bravura dal musicista celebre troppo indaffarato ed anche per il loro silenzio ( il caso Scelsi, noto negli ambienti ristretti dei compositori, è esploso venendo alla luce solo dopo la morte del musicista ( suoi servi erano Vieri Tosatti, ma anche Vlad ed altri...) si conoscono anche altri casi (si dice che anche Berio ne avesse).
E, infine, ci sono casi in cui noti strumentisti, hanno fatto capire che molte opere di compositori di oggi dovrebbero recare anche la loro firma in calce a tante opere. Fabbriciani credo lo abbia detto pubblicamente che in seguito ai tanti suggerimenti strumentali, più che semplici suggerimenti strumentali ( flautistici nel suo caso) offerti a Luigi Nono come ad altri musicisti, alcune opere di tali musicisti dovrebbero recare anche la sua firma e non semplici ringraziamenti per la collaborazione strumentale offerta.
Il caso prospettato dalla scrittrice inglese sulle azioni predatorie di Vivaldi ai danni di una sua celebre violinista, è ancora un altro caso.
Cioè il maestro della 'Pietà' avrebbe abusato del suo potere per far lavorare anche la celebre talentuosa violinista e attribuirsene alcune opere, tanto la ragazza non avrebbe mai potuto far valere le sue ragioni ed il suo diritto d'autrice.
Questa non è che una semplice e peregrina ipotesi. Si sa che le fanciulle della Pietà, come di altri 'Ospedali' veneziani erano abilissime cantatrici e strumentiste. Il De Brosses che conobbe Vivaldi, ne divenne amico e da lui acquistò molte opere, nella sue lettere dall'Italia, lo dice espressamente: mai però parla di esse come esperte e praticanti nella composizione - magari potevano esserlo anche - e perciò su quale fondamento poggia la sua certezza su Vivaldi predatore la scrittrice inglese'?
Alessandro Di Profio ha sottolineato i molti svarioni anche storici nei quali è incappata la scrittrice, suggerendole di leggere ciò che è stato scritto, sulla base di documenti, degli Ospedali veneziani, dei suoi maestri e delle tradizioni ivi coltivate, da Pier Giuseppe Gillio: nella sua monumentale ricerca, edita da Olschki di Firenze, dal titolo L'attività musicale negli ospedali di Venezia nel Settecento.
Ciò che si rimprovera alla scrittrice inglese è che abbia voluto spacciare ipotesi senza fondamento come indizi per una diversa attribuzione di opere celebri. Forse ha giocato a suo favore la diceria, messa in giro anche dallo stesso Vivaldi, sulla sua velocità inaudita nel comporre, tanto da far dire a Stravinsky la celebre boutade: Vivaldi ha scritto infinte volte lo stesso concerto. La stessa cosa diede ad intendere Rossini, a proposito del suo Barbiere.
E forse anche la scelta di giocare con una carta vincente, quella di Vivaldi, sempre verde. Operazione simile, ma musicale, non letteraria, ha fatto, ad esempio, Max Richter su Vivaldi: scriva musica autonoma senza cannibalizzare un autore notissimo e tuttora amatissimo.
Il romanzo della Constable non è di quelli che hanno una base storica e poi costruiscono un quadro generale di invenzione. Assai apprezzati i due scritti, ad esempio, dal prof. Giovanni Iudica, ,insigne giurista, dedicati rispettivamente a Gesualdo da Venosa, e Stradella (il primo con basi storiche e documentarie maggiori), coem anche quelli di Sardelli proprio su Vivaldi, del quale è oggi considerato lo studioso più attento e competente.
Lei, invece, spaccia la sua fatica come storica, mentre la fantasia e l'invenzione arbitraria superano di gran lunga qualunque dato storico fin qui noto, ma evidentemente a Lei ignoto.
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