martedì 21 gennaio 2025

Una vera riforma attende la scuola, altro che latino, Bibbia, poesie a memoria ( da Il Riformista, di Patrizia Ferrione)

 

Sanremo, 73mo Festival della canzone italiana - Prima serata

La scuola italiana non riesce ad uscire dal giorno della marmotta. Avvertiamo una certa stanchezza anche per “mettere al rogo Valditara per la sua scuola nuova”, verso il solito dibattito sulle competenze che sarebbero “troppo specialistiche” o “troppo generali” o, ancora, “figlie della degenerazione del’68” e verso la potenza rivoluzionaria del passato come unico strumento per affrontare la questione della formazione dei cittadini del XXI secolo.

Latino, Bibbia e fabbrica dell’ignoranza

Non ci scandalizziamo per un’ora optional di latino, per le poesie imparate a memoria e per la lettura della Bibbia. Ma mi chiedo se non ci sarebbe da fare qualche riflessione in più sulle cause della crisi attuale della scuola italiana che, secondo il Censis, sarebbe la “fabbrica della ignoranza”. Più che incolpare genericamente le competenze converrebbe soffermarsi sull’inerzia, a volte secolare, delle conoscenze scolastiche e mettere sotto inchiesta la trafila formativa dei docenti ed il sistema di produzione della cultura scolastica per il quale l’Università è pesantemente responsabile. E non dico che la scuola sia esente da colpe. Senza rendersene conto, la scuola appare “autoreferenziale” sul piano della valutazione degli apprendimenti.

Benché l’unica riforma giusta sia stata l’autonomia scolastica entrata nella Costituzione, la scuola rischia di “pensarsi libera”, ma pur rilevando in vario modo la propria efficacia, non può fare ricorso alla formazione dei docenti che è declinata come un diritto-dovere (come recita il Contratto Nazionale di Lavoro) e non un obbligo, connaturato alla funzione. I docenti credono di avere meno grattacapi, ma i legislatori ed il governo pensano a vessarli con la burocrazia. Il rischio della subalternità è dietro l’angolo: senza mezzi per creare miglioramento degli apprendimenti e più burocrazia, recuperare un ruolo autorevole resta un mero appello per la scuola. Soprattutto sul piano della sfida culturale dove sarebbe sano introdurre la “dissonanza”, il “braccio di ferro” tra trap e Leopardi, senza cedere le armi alle sirene dei social e dei blogger. Il mondo intorno alla scuola cambia e questa rischia di rimanere indietro.

Video correlato: Più latino e storia italica, a scuola i nuovi programmi (Il Messaggero)

Lo tsunami tecnologico

Paolo Macry nel suo articolo parla dello “tsunami tecnologico” che ha travolto la scuola grazie ai fondi Pnrr. Ci saremmo aspettati, a questo proposito, non un percorso meramente umanistico “a riparo di”, ma strumenti per saper usare le tecnologie che si trovano oggi in ogni edificio scolastico arricchendone l’offerta formativa. L’Intelligenza Artificiale è una risorsa, ma può essere un limite ai nostri valori se pesca nel web e sdogana stereotipi. Le sfide che ci pone l’Ocse sono far comprendere un testo, sviluppare pensiero logico, creare cittadinanza digitale. In quale contesto dovrebbero dunque trovare giusto fondamento la poesia, il latino, la storia se non si vuole fare “ideologia” sulla pelle della scuola? Non abbandoniamo le discipline, perché in esse si fondono epistemologia, pedagogia, didattica in un tutto armonico motivante per lo studente e significativo nello sviluppo delle competenze.

Ed è importante abituare la generazione Z e pure quella Alfa a comprendere i testi attraverso la narrazione perché questa attività può donare ad ogni essere umano la propria “cicogna” (Karen Blixen).

Anche se non mi sono dilungata sugli stipendi o sugli edifici, resto convinta che la bellezza dei luoghi ingentilisca i bulli più di una poesia imparata a memoria e che gli stipendi, come è ovvio, siano una leva per la motivazione. L’appello al governo e alle Istituzioni è, quindi: prendetevi delle responsabilità, alleggerite la scuola, restituite lo spazio che le compete. Dal canto suo la scuola “pensandosi libera” dal giogo burocratico potrà meglio misurarsi con il mondo che cambia, assumendosi le sue responsabilità sul miglioramento degli apprendimenti. E forse così, si spera, potremo uscire dal giorno della marmotta.

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