martedì 21 gennaio 2025

Come in un film di Stanley Kubrick di Francesco Lotoro

 


Georg Bachmayer, SS-Hauptsturmführer e vicecomandante di Mauthausen nonché responsabile della custodia dei prigionieri del Lager e dei suoi subcampi aveva la bestiale predilezione di scagliare i suoi due feroci mastini contro i deportati affinché fossero sbranati vivi; se il deportato non moriva d'infarto, moriva per dissanguamento tra atroci sofferenze.

Nell’estate 1944 il musicista ceco Jaroslav Tobiášek, detenuto a Mauthausen e addetto alla barberia del suo Block, assemblò un quartetto d’archi che eseguì i quartetti di L. van Beethoven per un piccolo pubblico presso la selleria del Block I di Mauthausen; in seguitò Tobiášek assemblò un’orchestra costituita da elementi di provata esperienza presso orchestre e teatri tra i quali professori d’orchestra del Protettorato di Boemia e Moravia, 20 professori dell’Orkiestra Filharmonii Narodowej di Varsavia e professori d’orchestra spagnoli giunti dal Campo pirenaico di Gurs (controllato dal governo di Vichy) a Mauthausen portando in dotazione repertorio musicale iberico e zarzuelas.  

Molti di loro riuscirono a portarsi i propri strumenti conservati nella Effektenkammer del Lager, altri ebbero il permesso di farsi spedire lo strumento dai familiari insieme a partiture e parti staccate; l’orchestra di Tobiášek si esibiva generalmente presso la Appellplatz del Lager, durante le festività natalizie e pasquali o talora per i compleanni di ufficiali SS e per il Lagerältester.

Il famigerato vicecomandante Georg Bachmayer dispose quanto necessario per l’allestimento di revue teatrali con danze e musica spagnola a beneficio delle SS e dei prigionieri; all’organizzazione degli spettacoli (scene, costumi, artisti, orchestra) parteciparono numerosi deportati spagnoli e il tenore italiano Giorgetti presentato quale cantante del Théâtre du Capitole di Toulouse.

Braccato dagli Alleati, Bachmayer si suicidò l'8 maggio 1945 dopo aver sparato alla moglie e ai figli.

Nel suo libro Musiques d’un autre monde il pianista e compositore ebreo polacco Szymon Laks, già direttore dell’orchestra maschile di Birkenau, scrive che diversi ufficiali SS partecipavano alle prove d’orchestra, quelli versati in qualche strumento musicale suonavano altresì con gli altri strumentisti e non di rado sorsero reciproche amicizie; la violinista polacca Helena Dunicz-Niwinska, deportata a Birkenau, riporta che non di rado ufficiali SS, dopo le selezioni per la gasazione, si recavano presso il Block dell’orchestra femminile per ascoltare opere di Grieg, Schumann e Mozart.

Sembra di essere nella trama di un film di Stanley Kubrick e tuttavia ciò è incredibilmente vero; gli stessi individui imbevuti del più deleterio sadismo si scioglievano in lacrime davanti a meravigliose melodie o avrebbero speso prezioso tempo ed energie nell’allestire stupendi spettacoli teatrali e musicali dopo aver sguinzagliato mastini sul povero malcapitato di turno.

Fatta eccezione per individui ebbri di depravazione ideologica ed esistenziale, gran parte degli ufficiali e sottufficiali tedeschi preposti all’operatività del Lager e alla consunzione psico-fisica dei deportati erano genitori o figli o madri (ruoli che di sicuro svolgevano egregiamente), esseri che a fine ‘lavoro’ in Lager tornavano (chi giornalmente, chi settimanalmente) alle proprie abitazioni riabbracciando i propri cari; Kurt Hubert Franz, il famigerato comandante delle guardie a Treblinka, tornava nei propri alloggi ogni sera e, prima di cena, giocava a carte con amici in una sorta di quadretto idilliaco che potremmo ritrovare in ogni paesino tedesco o austriaco.

La guerra è la negazione di ogni logica; il Lager è la logica di tale negazione.

In uno stato di perenne fluidità e interminabile update, la musica riaggiorna le coordinate umane.

Non esiste musica cattiva così come non esiste l’uomo cattivo tout court; abbiamo di gran lunga superato il fatidico numero delle 10.000 partiture recuperate e, perché questa ricerca riceva maggior ossigeno e a dispetto di ogni palese smentita, ogni giorno riparte dal presupposto che l’uomo sia fondamentalmente buono e generoso mentre guerra e ideologie discriminatorie lo abbrutiscono.

La musica scritta in cattività ci ricorda che l’uomo è buono perché, se da una parte c’era il deportato che scriveva musica, dall’altra doveva esserci l’ufficiale che glielo consentiva passandogli carta, dispensandolo da lavori pesanti, fornendogli strumenti musicali e razioni supplementari di cibo.

In breve, lasciandolo libero di fare musica.

Amici e musicisti inseparabili, Jakob ed Hermann crebbero insieme a Colonia, l’uno ebreo e l’altro no; finite le scuole superiori Jakob intraprese la strada musicale divenendo violinista e compositore, Hermann abbandonò gli studi musicali ed entrò nelle SS.

Un giorno arrivò l’ordine di rastrellare ebrei a Colonia e la lista arrivò nelle mani di Hermann; scorrendo l’elenco dei nomi, Hermann scoprì che c’era anche quello del suo amico musicista Jakob.

Senza indugio Hermann si recò alla casa di Jakob della quale ben conosceva l’indirizzo e bussò alla porta, sull’uscio comparve l’anziano papà di Jakob che riconobbe nella divisa da SS quel che fu l’amico di suo figlio; “Dov’è Jakob?” chiese Hermann, “Jakob non vive più qui, ha casa qualche isolato più giù” rispose il papà di Jakob, “bene, gli riferisca che nel pomeriggio andremo a prelevarlo”.

Tradotto: “avvisa Jakob di non farsi trovare a casa oggi pomeriggio”.

Per paradossale che possa sembrare, l’SS e musicista mancato Hermann salvò il musicista ebreo Jakob; qualche anno dopo Hermann morì in piena guerra, sul fronte ucraino.

Abbiamo ancora una piccola, residua speranza che la musica salvi questo pianeta.

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