Festival di Spoleto
Fedele d'Amico in un resoconto sulla prima edizione del Festival dei due Mondi di Spoleto, fondato da Giancarlo Menotti, segnalava l'insolita presenza sul 'numero unico' di quella prima edizione, di uno scritto di Moravia.“In Italia - scriveva il noto critico in un memorabile acutissimo articolo del luglio1958 - nessun maggio e nessun autunno era mai riuscito a mobilitare tanti intellettuali, tante contesse, tanta stampa. L'articolo introduttivo al suo 'numero unico' è stato dettato da Alberto Moravia in persona”. Quello scritto, dimenticato e sfuggito ai solerti curatori della sua opera, riusciamo a trovarlo bussando a 'Casa Menotti' - l'istituzione/archivio voluta e sostenuta alla famiglia Monini, l'unica che conserva oggi la memoria del Festival di Menotti, ospitata nella casa del musicista che si affaccia su Piazza del Duomo; mentre l'associazione e la fondazione che, dopo l'uscita di scena dei Menotti, gestiscono il festival non hanno archivio.
L'articolo, cui si riferisce d'Amico, fu scritto da Moravia, su invito del musicista fondatore, e pubblicato con il titolo Le arti a Spoleto, come apertura del 'numero unico' - introvabile - della prima edizione del festival.
Pur non trattandosi di un testo di argomento musicale, ci è parso utile includerlo fra quelli musicali, dandone sommariamente notizia, perché si riferisce ad un festival, fra i più antichi d'Italia, che ha inciso sulla storia e sul costume musicali del nostro Paese.
Moravia esalta la provincia dove sono ancora possibili simili imprese e non per ragioni esclusivamente turistiche, ma perché, nonostante la industrializzazione, le piccole città sedi un tempo di splendide corti, offrono alle arti una cornice di grandissimo interesse. La provincia che nell'Ottocento fu un luogo dove “la vita della cultura giungeva di riflesso, debolmente e indirettamente, e sempre con grande ritardo”...verso il principio di questo secolo ritrova la “nostalgia delle corti, ossia del mecenatismo illuminato e aristocratico, risveglia le piccole città con i festival e le altre celebrazioni artistiche”, diventando improvvisamente “in più e più luoghi altrettanto moderna che la metropoli, anzi più moderna perché lontana dalle folle, più rarefatta socialmente e più selezionata artisticamente... La società della metropoli si dà convegno in provincia”.
Moravia esalta le attrazioni paesaggistiche, architettoniche, perfino climatiche che solitamente formano “l'incanto delle antiche città medievali, e che Spoleto può offrirlo in soprammercato agli spettacoli del festival”. E sottolinea che Menotti scegliendo Spoleto ha fatto conto su queste attrazioni “profondamente intime ed esclusivamente psicologiche dei luoghi lontani dalla vita moderna, conservati intatti dalla gelosia della storia, i quali chiedono al viaggiatore soltanto una disposizione d'animo contemplativa”.
Per concludere: “Spoleto certamente non si aspettava di diventare sede di un festival per opera di Giancarlo Menotti; lo stesso Menotti e coloro che accoglieranno il suo invito non si aspettavano fino a poco tempo fa di trovarsi a Spoleto per un festival. Da queste due situazioni impreviste e sorprendenti senza dubbio scaturirà il successo dell'impresa”.
A margine, una annotazione. Moravia invitato da Menotti a scrivere il saggio di apertura per il 'numero unico' del Festival di Spoleto, alla prima edizione, in seguito non fu mai invitato a rappresentarvi sue opere, nonostante che diverse ormai si erano viste sui palcoscenici italiani. Ad eccezione di un solo caso, e per iniziativa diretta di Enzo Siciliano, il quale, nel 1985, assieme ad un suo lavoro, ne presentò altri tre, rispettivamente di Sciascia, Ginzburg e Moravia ( che scrisse per l'occasione L'angelo dell'informazione), sotto il titolo ' Album teatrale italiano
( Pietro Acquafredda: Moravia e la Musica)
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