mercoledì 27 agosto 2014

Vergnano,Noseda,Di Gennaro, Micheli ed anche Mazzonis. Storie senza fine dei nostri teatri lirici

Cominciamo da Vergnano. Nonostante abbia le stesse iniziali, non fa parte della gloriosa compagnia di Wolter Veltroni - o sì, a nostra insaputa? - nella quale hanno militato e dalla quale sono usciti anche Walter Verini e Von Struppen ed altri, allevati e sostenuti per semplice identità di iniziali, fra nome e cognome, con il capo partito d'una volta, il Wolter nazionale che la sua compagnia l'ha sistemata dal primo all'ultimo.
Vergnano no, è stato allevato e poi sostenuto dal barone Agnello, in casa CIDIM, da dove ha preso il volo, per volere del barone, e  allo stesso modo con cui il Wolter ha sostenuto i suoi. Le ragioni, ciniche, delle scelte dei collaborati da parte del barone, secondo un nostro personalissimo parere, preferiamo non metterle in piazza. Quando lo lascia libero, Agnello gli fa fare la carriera alla quale solo un manager di valore potrebbe aspirare. In questi giorni si va dicendo che ha mantenuto i conti in ordine. Davvero? Se l'anno scorso o due anni fa non fosse intervenuto il Comune di Torino- del partito amico - uno sprofondo, impossibile da colmare, si sarebbe aperto nel patrimonio della Fondazione. E' evidente, a seguito di ciò, che oggi egli reclami la correttezza della gestione economica del teatro, alla vigilia della scadenza del suo quarto o quinto mandato - superato in durata solo da Cagli a Santa Cecilia - e nella speranza di essere rieletto. Ancora? E che si opponga alla tournée americana del teatro che costerebbe più di quanto farebbe incassare, e di ciò dà la colpa a Noseda, accusandolo di non badare alla tenuta dei conti del teatro quanto alla sua carriera, è diretta conseguenza dell'unico merito che forse crede di poter accampare, quello di buon amministratore.
Fassino che farà? Altra incognita. L'Orchestra del Regio torinese vuole che Noseda resti, per la ragione che la notorietà che oggi s'è guadagnata la deve alla presenza di Noseda, non certo a Vergnano che potrebbe far qualunque altro mestiere. Fassino vorrebbe mettere pace fra i due, ma sembra impresa impossibile, neppure con l'intervento miracoloso della Sindone torinese.
E Noseda? Noseda, del quale agli inizi della sua carriera pensavamo tutto il grigiore possibile, perchè lo davamo sostenuto eccessivamente da Gergiev, del quale era stato per qualche tempo assistente, s'è rivelato invece un buon direttore, che ha fatto fare grandi passi all'orchestra del suo teatro, conducendola in tournée internazionali ed anche in qualche buon festival italiano, e portandola a registrare dischi. Di lui i giornali hanno parlato sempre piuttosto bene.
Sembra una storia abbastanza simile a quella dell'Accademia di Santa Cecilia, dove la presenza di un direttore come Pappano ha alzato il livello dell' orchestra, già buono - cosa che non si poteva dire dell'orchestra di Torino - e dove regna da secoli un sovrintendente che certamente non è l'artefice del miracolo ceciliano, ma che certo non può essere paragonato, con tutto il male che si possa pensare di lui, Cagli, al sovrintendente torinese, Vergnano.
Roma e Torino hanno di molto simile una cosa: se andasse via da Roma Pappano, e, mutatis mutandis, Noseda da Torino, l' una e l'altra orchestra ne avrebbero a soffrire molto.
Dunque saggia decisione sarebbe quella di sostituire - al di là di meriti e demeriti, solo perchè sarebbe ora, dopo tanti anni - i due sovintendenti, lasciandovi invece i direttori. Non si pensi che questa storia ricalchi quella della Scala. No, assolutamente; perchè lì il dissidio che aveva opposto direttore e sovrintendente, Muti e Fontana, oppose insanabilmente anche direttore e orchestra, dunque impossibile da ricomporsi, anche a distanza di anni, il che spiega come mai Muti, ad ogni accenno di invito a tornare a dirigere alla Scala i suoi orchestrali di un tempo, faccia orecchie da mercante.
Ma il peggio, per il Regio viene ora, a proposito dei nomi dei papabili alla direzione artistica che hanno opposto Vergnano e Noseda. Il quale ultimo vorrebbe Carmelo Di Gennaro, un tempo al Sole 24 Ore, poi assistente alla direzione artistica in Portogallo, al seguito di un direttore italiano, musicologo veneziano, e in Spagna e, infine, Spagna per Spagna, direttore dell'Istituto culturale italiano di Madrid. Un critico musicale, legami anche con le case discografiche ( forse per questo lo conosce Noseda; poco, no?) del giro di Musica/Realtà ( Luigi Pestalozza) e  che non è facile capire perchè lo stimi tanto Noseda, al punto da volerlo come direttore artistico. Lui la fama, quel po' di fama che ha, se l'è cercata e forse anche guadagnata all'estero, dunque lontano da occhi attenti ed oggi, per grazia di Noseda, arriva ad aspirare alla grande rentrée.
Vergnano, che non sappiamo come possa avere competenze tecniche nella scelta di un direttore artistico, vorrebbe Francesco Micheli, regista milanese - al quale anche noi su Music@ demmo uno spazio per farci raccontare l'esperienza con la Filarmonica scaligera della musica per bambini fatta da bambini, e che ora ha fatto parlare tout le monde di sé, per quella fesseria di aver portato a Macerata , sul palcoscenico dello Sferisterio, più donne di quante ne circolino nella cittadina marchigiana. Donne in scena, in orchestra, sul podio, fra le maschere e la biglietteria, ad eccezione dello stesso Micheli che s'è riservato una regia, benedetto fra le donne. Per un sovrintendente come Vergnano, è il segno che il giovane regista sa far parlare di sé , e dunque una valida ragione per chiamarlo a lavorare a Torino. Ma sembra che non goda della stima di Noseda, il quale si oppone alla sua nomina, voluta da Vergnano. Ma nessuno dei due sa bene perchè volerlo o non volerlo.
E, infine, fra i possibili candidati c'è anche Cesare Mazzonis. Ancora? Sì proprio lui, andato in pensione a Firenze, per ragioni di età, ha cominciato a lavorare più di prima, dappertutto, a Rovereto, già negli anni fiorentini per un festival mozartiano (un niente per l'ex direttore artistico della Scala e del Maggio, ma sui soldi non si sputa!) a Bologna con Abbado, alla Filarmonica romana, ed ora alla Orchestra Rai di Torino, e perciò già di casa.

Mazzonis potrebbe non abbandonare l'incarico Rai - che lui tiene solo per ragioni affettive e non per altro (avendo cominciato il suo lavoro a fianco di Siciliani, proprio in Rai, quando vide sfumare la sua carriera di baritono, della quale si ricorda ancora una sua presenza all'Oratorio del Gonfalone in una 'Passione', se non andiamo errati di Telemann!) e realizzare, senza volerlo, il sogno che va accarezzando Marino - aquila, romana - di riunire Opera e Santa Cecilia, in un unico ente. Che risparmio! Con la musica che va in malora!

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