Non è detta l'ultima parola. Intanto parliamone, dicono gli occupanti del Valle che hanno fatto sapere che loro lasceranno il teatro, ma non il 1 agosto come richiesto dalla Marinelli assessora, bensì il 10, dopo la proposta fatta dall'Assessora e dalla dirigenza del Teatro di Roma (Argentina), sotto il cui ombrello dovrebbero ripararsi e continuare ad agire. Una proposta che non potevano rifiutare. Sinibaldi, presidente del Teatro di Roma e direttore di Radio 3 esprime naturalmente soddisfazione per la parola fine posta all'illegalità nella quale era nata e cresciuta la Fondazione 'Teatro Valle bene comune', che aveva trovato nel tempo anche illustri sostenitori.
Come avrebbero potuto gli occupanti rifiutare la collaborazione di Sinibaldi, direttore di una radio che al Valle ha offerto spazio e voce e senza la quale, in futuro ed in diversa situazione, la loro esperienza perderebbe una vetrina prestigiosa come quella radiofonica? Per la seconda volta il peso di una radio incide sulle sorti del teatro italiano - uno dei tanti settori in cui esercita la sua influenza; la prima quando aveva privilegiato la candidatura di Sinibaldi alla presidenza del Teatro di Roma. E già. Da molti anni a questa parte, Radio 3, e non solo in campo teatrale, invece di dare voce a quanto di creativo e pensante produce il nostro paese, ha preferito invadere, forte del suo strapotere mediatico, l'Italia, imponendo manifestazioni che ovviamente hanno fatto terra bruciata intorno, di qualunque concorrente, anche valido. Pensiamo a 'LiberiLibri' a Roma, di cui lo stesso Sinibaldi che si porta appresso la radio, è direttore, ai vari festival che organizza sul Lago maggiore e in Basilicata(Matera), ai Concerti del Quirinale, e quelli, di un tempo, a Palazzo Venezia ed altre mille cose che adesso non ci vengono a mente. Il pericolo di tale operazione spericolata di Radio 3 è quello di restringere enormemente gli spazi di espressione di qualsiasi individualità sia 'fuori' del perimetro ideologico e di gruppo dell'emittente radiofonica statale. Non è un bene, perchè si autorizza da infiniti più soggetti di quelli aiutati, che la radio governi il settore culturale in Italia. Anzi è tremendo, pur riconoscendo alla emittente radiofonica statale innegabili meriti. Troppo, per ciò che perdiamo.
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