Franco Tatò, manager fra i più stimati in Italia con esperienza di grandissimo peso in aziende ed istituzioni, sta zitto. Chissà cosa pensa mentre, nella quiete della sua bellissima masseria pugliese, la sua gentile consorte, Sonia Raule, anche scrittrice, produttrice, e infine frequentatrice di salotti, spara uno dopo l'altra idiozie ad educazione della sua pargoletta dodicenne, come apprendiamo da un lungo articolo del Corriere, firmato Maria Luisa Agnese, nel quale i due Tatò, anzi tre contando la figlioletta, aprono le porte della loro incantevole casa all'ombra degli ulivi. Ohibò, che scopriamo in salotto? Due divanoni grandissimi e bianchi, l'uno di fronte all'altro e in mezzo un singolare tavolino ( tavolinone) d'appoggio per bevande fredde (!) e pop corn. Un obbrobrio, che l'intellettualissima, artistissima signora Tatò, coinvolgendo la piccola - buon sangue non mente ! - spiega così. Franco, venendo via dalla Treccani, ha portato con sè molti libri. Non sapevamo dove metterli. Ecco l'idea: mettiamoli in pile da sette ciascuno, le une accanto alle altre, fino a formare un parallelepipedo; li impacchettiamo - suggerisce acutamente Carolina, facciamo come fa quel vostro amico, Cristo!'. Meglio se fosse una salutare imprecazione, di fronte alla celebrazione più alta della idiozia, all'ombra della quale, poverina, sta educandosi Carolina, coinvolta anche in un altro acuto progetto di mamma Sonia.
Arriva un tavolo per il giardino, è di pietra di Trani, è un blocco pesante, ma troppo nuovo, dice l'intellettualona Sonia, che, chiama allora Carolina, un martello ciascuno, e cominciano a picchiar duro sulla pietra, per renderla 'antica'. Non ci hanno detto se nell'operazione qualche martellata ha rovinato le dita di Carolina o le unghie smaltate della signora. La quale però ha tenuto a precisare che in quella casa, il 'nuovo storpia'. Nuovo come lei? Franco tace.
Da Tatò che non ha mandato ancora giù l'uscita dalla Treccani - ed è forse anche per questo che tace, oltre che per non dire ciò che gli passa per la mente ascoltando quel che va dicendo in sua presenza la moglie - a Bray, decaduto da ministro, per colpa di D'Alema resta sempre in sella. Il quale Bray, non avendo saputo né lui né i sindaci di Roma tirar fuori dall'illegalità il Teatro Valle, quando era a capo del dicastero culturale, si lancia in una sottoscrizione che arriva tardi - come accadeva anche quando era ministro - rispetto all'ultimatum ed alla proposta ' che i Valliani non possono rifiutare, e cioè lo sgombero del Teatro. Chiede anche con la sua autorevole ( penosa!) firma che tale sgombero sia ancora rimandato a settembre.
P.S. Per fortuna che oggi sullo stesso Corriere, che ieri ha pubblicato la penosa intervista alla Tatò che fa scempio della Treccani, è intervenuto Tullio Gregory a stigmatizzare l'idiozia della intervistata.
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