Il caso 'Berlusconi & Giustizia' ci sembra inspiegabile, ogni giorno di più, con tutta la benevolenza possibile e la convinzione, non totale e neppure ferma, che contro di lui si sia potuto accanire un esercito di magistrati, quelli di sinistra, per vederlo defunto. Addirittura un complotto che ha fatto gridare ai rauchi forzisti che è in atto un attacco alla democrazia, come quello che c'è stato nei lunghi anni di Berlusconi e la sua ciurma al governo, raccattata negli uffici di Mediaset e Pubblitalia e per le strade del commercio chic di Roma e Milano o nelle sfilate di moda e di altro. Una ciurma di amazzoni, alla maniera geddafiana - Gelmini, Carfagna, ed altre di cui non ricordiamo al momento i nomi - ancora attiva ed in perenne trincea a devota commovente difesa del capo.
Perché addirittura un 'caso'? Perché ogni giorno, salvo che per quelle quattro ore settimanali all'ospizio e la tre giorni nel suo dorato esilio lombardo, per il resto della settimana, il cav. ex, circola in macchinoni blindati con vetri oscurati, circondato da uno stuolo di guardie del corpo - che dovrebbero essere guardie carcerarie, che , invece di proteggere noi e le istituzioni da un condannato per evasione fiscale, proteggono lui, come fosse Abele, e non Caino.
Scende dai suoi macchinoni, riceve il saluto di uscieri e polizia o carabinieri, ed entra nelle sedi dei gruppi parlamentari per riunire i suoi, lanciare proclami ed offrire ricette su come salvare l'Italia. Da Berlusconi e dal berlusconismo - ma lui questo non lo dice.
E come non bastasse, ora nella nuova università che intende inaugurare, allo scopo di formare i quadri del futuro suo nuovo/vecchisimo movimento politico - sì, avete capito bene, lui non molla - una università legata a Pegaso, istituto universitario riconosciuto dallo Stato, terrà una lezione che i suoi scagnozzi chiamano 'magistrale', ma che avrebbero invece dovuto chiamare 'penitenziaria' o 'carceraria', se avessero a disposizione un vocabolario appena più ricco. Non ricco alla maniera di Berlusconi.
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