Mentre Riccardo Muti, sicuramente teso per le acque agitate del Teatro dell'Opera sta spiegandoal pubblico convenuto all'Opera Ernani di Giuseppe Verdi, che fra qualche giorno dirigerà per l'apertura di stagione a Roma, si consuma la vendetta dell'altro Ernani, Francesco, mandato via dall'Opera di Roma quattro anni fa, con l'accusa di aver 'truccato' i bilanci - erano in rosso e lui li faceva figurare in pareggio al punto che da una organizzazione che riunisce i teatri d'opera europei aveva ricevuto un premio per buona amministrazione - ed ora sovrintendente a Bologna, chiamato dalla Cancellieri all''epoca commissario al Comune di Bologna, la quale lo aveva già voluto come consulente sovrintendete a Catania, dove poco prima era stata commissario.
Approdato al comune Alemanno, volle fare piazza pulita dei dirigenti delle massime istituzioni cittadine, messi lì dai precedenti amministratori. E come si fa, di punto in bianco? Li si accusa di truccare i bilanci, meglio di averli passivi. Ernani si difese, ma a nulla servì. Dovette abbandonare il campo, e al suo posto Alemanno si inventò sovrintendente e direttore artistico senza storia senza passato:De Martino, Colabianchi.. Una vera invenzione. Prima suoi consulenti, di lui commissario, poi amministratori in proprio. l'allora consulente alla direzione artistica aveva un curriculum praticamente nullo; il titolo di maggior pregio era aver diretto in occasione di celebrazioni in onore di Almirante e di essere vicino agli ambienti della destra che, come si sa, in fatto di cultura fanno piangere dalla disperazione. Si vide in quel periodo il palco reale dell'Opera frequentato da gente che si sentiva più a suo agio negli spettacoli televisivi, nei piano bar e nei salotti romaneschi. Quel consulente alla direzione artistica dovette abbandonare anche lui, quando fu ingaggiato Muti e volle alla direzione artistica Alessio, figlio di Roman Vlad. Niente di speciale, anche perché l'Alessio che aveva fatto il giro di qualche teatro, a Genova ad esempio era dovuto andare via, perché protestato dalle maestranze del teatro. E allora perché chiamarlo a Roma? Per lasciare mano libera a Muti. E qui il direttore, ci perdonerà ha compiuto il suo più grande errore. Lui non vuole che il teatro nel quale ha un incarico stabile, anche se semplicemente 'onorario benché a vita' - formula assai singolare - sia retto da persone in gamba e competenti.
In tutti questi anni, tre o quattro, il Corriere della Sera, per bocca di Valerio Cappelli, ha inneggiato ai signori del Costanzi, senza distinzione. Ancora oggi ha l'impudenza di scrivere che la direzione artistica, cioè il suo amico Alessio, è il migliore in circolazione- quando non si vuole vedere, si possono tenere anche gli occhi aperti e nulla si vedrà!
Lui, Cappelli, ha sempre fatto il portavoce dell'Opera , dietro suggerimento di Filippo Arriva, che non è mai arrivato prima di Cappelli - a dispetto del cognome - dal quale ha ottenuto notizie in anteprima, in cambio del 'fiancheggiamento' a Muti, al teatro ed ai suoi manager. D'altro canto quest'estate la sua pièce su Carlos Kleiber è andata anche a Caracalla. Una ricompensa per i tanti servigi resi?
Mai in questi anni che abbia sollevato il Cappelli qualche dubbio sull'amministrazione del teatro, come invece ha cominciato a fare all'improvviso qualche settimana fa, al punto da meritarsi una lettera di smentita di Bruno Vespa, alla quale ha replicato, perchè chiamato in causa, Lissner, e lo stesso Cappelli che ha contestato molte delle affermazioni di Vespa che smentiva le accuse fatte proprie da Cappelli, sulle quali è tornato , sempre sul Corriere, nuovamente e proprio oggi, chiedendo di vedere quei bilanci che, secondo i revisori, non brillano, e che lui spera di poter vedere, almeno quando il CDA, fra breve, andrà a casa.
Noi lo abbiamo detto molte volte. La storia è sempre la stessa. I buoni amministratori si valutano in base alla fedeltà al governo di turno. Catello De Martino era al suo debutto da sovrintendente. Corriere e Messaggero lo hanno incoronato come sovrintendente più bravo d'Italia, e poi... e poi spuntano i buchi di bilancio , appena in Campidoglio cambia il governo che non è disposto a dare tutto quello che gli viene richiesto per tappare i buchi.
Almeno sul fatto che l'Opera di Roma sia il teatro più finanziato dalle amministrazioni comunali, con ben 20 milioni di Euro all'anno; che sia un teatro con un pubblico che non raggiunge nemmeno le 200.000 unità, che abbia soltanto 3.000 abbonati, che fa poco più cinquanta-sessanta recite d'opera l'anno e infesta la sua programmazione di spettacolini e concertini davvero imbarazzanti - il direttore artistico sommo, ovviamente in questo non ha nessuna responsabilità secondo Valerio Cappelli - che abbia introiti propri che superano di poco il milione di Euro, che non si sia procurato soci e sponsor importanti, questo non si può negare, tutto il resto è propaganda. Meglio: è stato propaganda; ed ora non più. Muti avrà fra gli ascoltatori il ministro Bray, ed il suo maggiordomo Nastasi, legato a Muti da lunga data, e spera di poter ottenere ciò che ottenne da Tremonti: allora salvò i teatri, adesso spera di salvare il suo di teatro. Lui certamente , comunque vadano le cose, si salverà, ma il suo teatro si salverà solo con lui, e con buoni amministratori che lo affiancano nell'impresa ardua di riportarlo agli antichi splendori, come nè Catello De Martino nè Alessio Vlad saranno mai in grado di fare.
Nessun commento:
Posta un commento