Le ultime notizie sono le seguenti. Borgna torna in campo, assumendo la presidenza del Teatro di Roma, dopo essere restato fuori dell'agone amministrativo dal momento in cui uscì da Musica per Roma, con l'avvento di Alemanno sindaco. Si torna all'antico, come si predicava un tempo, forzatamente, perché è da generazioni che non si allevano nuovi possibili manager delle istituzioni pubbliche.
Cambio della guardia anche all'Opera di Roma, dove ai primi di dicembre, contemporaneamente con il Teatro di Roma, scade il consiglio di amministrazione, ricomposto con nuovi nomi, e sostituito il sovrintendente: al posto di Catello De Martino arriva Carlo Fuortes, il salvatore. strano che non venga mai incluso, nel cambio della guardia, anche Alessio Vlad, il grande direttore artistico apprezzato internazionalmente. Direttamente da Bari. E lui ha già messo le mani avanti: non lascia l'Auditorium. Poniamo che, invece dell'Auditorium, Fuortes fosse a capo dell'Accademia ceciliana, avremmo il primo caso in cui un solo sovrintendente, contro la legge, regge due fondazioni. Ora fra l'Accademia e Musica per Roma, fra l'altro coinquilini, c'è poca differenza: la seconda non prende soldi dallo Stato; è l'unica grande differenza. Perchè, allora, accettare questo doppio ruolo? Forse che né Musica per Roma né l'Opera comportano un impegno costante? O non è che Fuortes si sente più sicuro a guidare una macchina che già conosce e dalla quale difficilmente gli verrà intimato di scendere, almeno per tutti gli anni di Marino e soprattutto ora che è tornato in campo di nuovo Bettini, suo compagno d'armi agli albori di Musica per Roma, mentre all'Opera soffiano venti di tempesta, ci sono milioni di debiti e Fuortes, per quanto bravo non avrà vita facile e soprattutto non può fare miracoli? Quando un manager molto impegnato si impegna in un nuovo secondo parallelo incarico, a noi ci fa venire qualche sospetto, per lo meno quello che i diversi lavori ormai si fanno con la mano sinistra, dal che viene la disastrosa situazione diffusa dell'Italia.
Staremo a vedere. Lissner oggi, sull'Espresso dà una bella strigliata al mondo musicale italiano, e fa bene, benissimo. Comincia per ricordare al nuovo ministro Bray che forse era il caso che avesse fatto una visitina o si fosse fatto sentire dal teatro più importante del mondo. Ed ha ragione. Prosegue ironizzando sul manager messo dal governo ad amministrare il nuovo fondo per i teatri in difficoltà. E' un ingegnere idraulico, se non ci sbagliamo. Lissner chiosa: se restassi in Italia potrebbero anche nominarmi ministro dell'Economia.
Bolla le incongruenze del decreto governativo 'valore cultura' subito bisognoso di grandi correzioni: siamo un paese di pagliacci incompetenti. Ed infine se la prende con un critico che avrebbe ironizzato sull'alta qualità dell'Orchestra di Santa Cecilia. Se un critico ha detto questo, Lissner ha ragione a bollarlo.
Purtroppo anche a noi da un noto direttore d'orchestra, assai inavvedutamente, venne fatto lo stesso apprezzamento sull'orchestra di Pappano. Ci disse, nel corso di un'intervista, ma a registratore spento: quella è un'orchestra? E' chiaro che voleva scherzare, anche perchè il suo metro di paragone, in funzione dell'eccellenza, era un'altra orchestra che, per decenza, non nominiamo ma che non è difficile immaginare.
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