Quando cominciò la corte a Muti, che diede il definitivo assenso al 'fidanzamento' con l'Opera di Roma nel corso di un incontro a Salisburgo, i messi della famiglia operistica romana, Alemanno e Vespa, srotolarono ai piedi di Muti un lungo tappeto rosso, spargendovi sopra petali di fiori ed Euro - è inutile fare gli ipocriti. Senza soldi non si fa nulla. Solo che negli anni di vacche grasse occorreva anche pensare agli anni di vacche magre, che prima o poi sempre arrivano a stravolgere ogni piano, anche il più ragionato. Alemanno aveva già preso De Martino e Colabianchi, due debuttanti in ruoli di così grande prestigio e responsabilità; accondiscese al volere di Muti di mandare a casa Colabianchi, per metterci al suo posto Alessio Vlad - per eterna riconoscenza verso il padre, Roman, suo protettore agli inizi della sua carriera fiorentina - ma senza che avesse dato nelle peregrinazioni precedenti prova di grandi capacità; principalmente perché, graziandolo dal punto di vista della carriera, da lui avrebbe avuto sempre fedeltà e sottomissione. Ciò che si va leggendo di queste tempi sulle sue grandi capacità, fa semplicemente ridere.
Alemanno mise a disposizione tutti i fondi necessari e di più, mentre nessuno, anche della sua stessa parte politica, alzò mai un dito contro il finanziamento esagerato che il Comune faceva all'Opera - superiore perfino a quello che le amministrazioni regionali siciliane, in odore di... e clientele, facevano ai due teatri di Palermo e Catania. Qualcuno dirà: niente di nuovo. Veltroni non fece altrettanto con l'Auditorium nei primi anni? con la differenza che l'Auditorium non ha masse stabili, e inoltre, ospitando manifestazioni di ogni genere, nelle sue casse arriva tanto altro denaro.
Un buon amministratore in tempo di vacche grasse non chiede ancora altro grasso; anzi cerca di non sciupare tutto il bendiddio che l'amministrazione 'amica' gli mette a disposizione per risolvere i problemi presenti e passati e per non crearne di nuovi. La ricordate la politica di Gianpaolo Cresci? Se tu non spendi sei ritenuto un cretino; mentre se spendi ci sarà sempre qualcuno che ripianerà i conti. Senonchè ora i furbi sono costretti a pagare per la loro dabbenaggine ma anche per irresponsabilità, che i politici fanno presto a scrollarsi di dosso, per buttare la croce, alla resa dei conti, sulle spalle dei loro servi incapaci. Se è vero che sono cresciuti i contratti di collaborazione, che alcuni cachet erano spropositati, e che vi sono state spese inutili, allora è sacrosanto che chi non ha saputo ben amministrare profittando dei lauti finanziamenti di un tempo del Comune, vada a casa. Noi non la faremmo finire lì la storia, gli chiederemmo conto di tutto e gli faremmo pagare quei soldi che ha letteralmente buttato Sia a lui che al suo direttore artistico che non può chiamarsi fuori, perché voluto da Muti più che da Alemanno; né la presenza di Muti può giustificare qualunque spesa fuori luogo e fuori misura.
Ecco il vero nodo dell'Opera. Che bisognerà sciogliere nel periodo finanziario più buio per il Comune oltre che per il teatro: il bilancio del Comune di Roma è a rischio, come si legge da tempo sui giornali. E allora i lavoratori, al di là del problema della decadenza del sovrintendente e del consiglio di amministrazione, per metterci - a detta del ministro- PERSONE COMPETENTI CHE AMANO L'OPERA; perchè finora chi ne faceva parte? - vogliono sapere giustamente dei loro stipendi e, per questo, non fidano di Marino - che avrebbe detto di aver versato 1 milione di Euro per i pagamenti INPS, ed invece sembrerebbe che non l'abbia ancora fatto; non si fidano del ministro per quanto li abbia rassicurati sul commissariamento: NON CI SARA'; VEDREMO I BILANCI ALLA FINE DEL MANDATO DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (dunque potrebbe, però, esserci nel caso in cui i bilanci fossero - come si sospetta - negativi e non per i soldi che ancora Comune e Regione devono al teatro); e non si fidano neppure di Zingaretti, il quale, più concretamente di Marino ha fatto - stando alle sue dichiarazioni - pervenire al sovrintendente il piano della rateizzazione dei finanziamenti che, evidentemente, hanno i loro tempi e che la Regione deve anche per gli anni 2011 e 2012 - quando la Polverini badava solo a promuovere i suoi più fidati attendenti, alzandogli gli stipendi!
In tutto questo l'invito rviolto a Muti è di lavorare in tranquillità per non interrompere il lavoro qualificatissimo che ha intrapreso da tre anni a questa parte. E' una parola!
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