Roma, 18 novembre 2025 – Prima dei libri, prima delle leggi, prima di ogni forma di storia condivisa, tutto dipendeva dalla memoria. Un mondo vulnerabile all’oblio, dove capitava spesso che l’esperienza si spegnesse con chi la custodiva. È in questo vuoto che, circa 5.500 anni fa i sumeri decisero di imprimere segni sull’argilla fresca della tavoletta di Kish, uno dei reperti più affascinanti della protostoria mesopotamica. Scopriamo di più.
Cosa è la tavoletta di Kish
Ora, tutti sappiamo che furono proprio i sumeri ad inventare la scrittura cuneiforme intorno al 3300 3200 a.C. La tavoletta di Kish, oggi considerata il più antico documento scritto giunto fino a noi, non è un manufatto spettacolare. È piccola, ruvida, segnata da simboli primitivi. Eppure, rappresenta il passaggio decisivo dalla preistoria alla storia. Il sistema utilizzato è quello del proto-cuneiforme, una scrittura per immagini che anticipa il più complesso cuneiforme mesopotamico. Le incisioni non formano frasi, ma registrano concetti: animali, derrate, lavorazioni. È un taccuino contabile, essenziale per gestire un’economia agricola in piena espansione. Tra i segni riconoscibili compaiono capre, pecore, granaglie e soprattutto riferimenti alla produzione di birra, una bevanda centrale nella dieta sumera. Alcuni tratti descriverebbero il trattamento del malto e altre fasi di lavorazione. Non tutto è stato decifrato, ma gli studiosi concordano: la tavoletta serviva a monitorare scorte, transazioni, controlli di qualità. Una burocrazia embrionale, ma già indispensabile.
Perché è così importante questa tavoletta
Man mano che le città crescevano, aumentava la necessità di registrare ciò che l’orale non poteva più sostenere. La tavoletta di Kish non nasce per raccontare storie, ma per governare la complessità. È il primo strumento di un nuovo modo di pensare: organizzare, classificare, misurare. Insomma, da questo sistema visuale, attorno al 3000 a.C., si svilupperà la scrittura cuneiforme, capace di descrivere leggi, miti, cronache, riti religiosi. Una rivoluzione lenta ma inarrestabile, alla base di ogni forma di civiltà documentata. Questa tavoletta non sarà un capolavoro artistico, ma un capolavoro storico.
Un enigma ancora aperto
La tavoletta era quindi uno strumento pratico per governare aspetti della vita di tutti i giorni. Eppure, ancora oggi non ha rivelato tutti i suoi segreti. Alcuni simboli resistono a ogni tentativo di interpretazione, lasciando aperto un margine di mistero. Cosa vorranno dire davvero? Di certo tutto questo fa parte di un più ampio corpus di iscrizioni arcaiche che gli archeologi continuano a studiare, nel tentativo di ricostruire la nascita del pensiero scritto. In quelle linee incise con uno stilo, asciugate poi al fuoco per durare nei millenni, c’è il primo gesto consapevole dell’uomo che decide di ‘fermare il tempo’. Un gesto semplice, quasi banale. Ma che in qualche modo ha anticipato quell’espressione latina “verba volant, scripta manent” che, oggi più che mai resta attuale. Perché le parole volano, mentre gli scritti rimangono. E questo i sumeri lo avevano compreso molto bene.
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