venerdì 21 novembre 2025

Sono 8000 gli italiani residenti a Montecarlo: EVASORI LEGALI . C'era anche Pavarotti ( da Il Riformista di Antonio Mastrapasqua)

 

Ottomila italiani residenti a Montecarlo, Sinner in testa. E l’evasione in Italia vale 182 miliardi

Cento miliardi di evasione fiscale, 182 miliardi di economia sommersa: l’Italia riesce a sopportare questi dati con la forza dell’abitudine e con la sostanziale indifferenza della politica, ma in fondo in fondo, anche di molti opinion maker. Invece, tutti sono lesti nel criticare gli 8000 italiani che hanno scelto la residenza a Montecarlo – in testa il solito Yannick Sinner, che vince, stravince e genera invidia – sottraendo qualche risorsa al Fisco, nella assoluta legalità.

Ottomila italiani residenti a Montecarlo, Sinner in testa

Stupisce lo stupore della politica, pronta a lisciare il pelo alle forme più estreme dell’invidia sociale. Pochi hanno ricordato che i benefici di cui godono i vip italiani sono ammessi dallo Stato italiano. La Francia, per fare un esempio, in base a una convenzione fiscale con il Principato di Monaco, nega gran parte dei benefici fiscali di cui godono i residenti a Montecarlo. Dal 1963 la Francia tassa i suoi cittadini domiciliati a Monaco su tutti i loro redditi, come se risiedessero ancora in Francia. L’obiettivo storico della Francia era quello di combattere l’evasione fiscale dei suoi cittadini di Monaco. Il trattato del 1963 ha così creato un caso senza precedenti di domicilio fiscale basato sulla nazionalità: il semplice fatto di essere un francese residente a Monaco è sufficiente per essere considerato un residente fiscale in Francia, anche se in realtà non ci si abita.

La lotta alla ricchezza

Che cosa impedirebbe allo Stato italiano di fare altrettanto? Nulla e nessuno; è un obiettivo possibile di chiunque faccia politica in Italia.

La politica è pur sempre l’arte del possibile. Ma non risulta che nessuno si sia dannato l’anima per seguire le tracce “nazionaliste” dei cugini d’Oltralpe, che ci hanno dimostrato da più di sessant’anni che una strada c’è, basta volerla percorrere. Ma se si tratta di mugugnare per invidia non siamo secondi a nessuno. D’altronde il contrasto alla ricchezza e alla libertà di intraprendere è da sempre un segno distintivo di gran parte della cultura politica nazionale. Per una intera legislatura (con alleati diversi) gli apostoli più convinti dell’invidia sociale – i rappresentanti del M5S, nella sua versione grillina e post-grillina – hanno governato il Paese, cercando di imporre un egualitarismo giacobino.

Il 43% degli italiani si dichiara nullatenente

E allora avanti con le manfrine contro i Paperoni di Montecarlo, ma silenzio assordante nei confronti di quella metà di italiani che non pagano nemmeno un centesimo di tasse: il 43% dei nostri connazionali dichiara di non avere redditi e quindi non paga un euro di tasse. Possibile? Poco più del 27% della popolazione si fa carico di versare oltre il 75% dell’Irpef nazionale: si tratta dei 7 milioni di contribuenti che dichiarano un reddito superiore ai 35.000 euro. Cifre che rendono risibile il dibattito sul ceto medio, e producono incertezza anche sui dati che dovrebbero documentare la povertà. Ci sono poveri veri, purtroppo, e tanti poveri che tali sembrano solo perché sono evasori.

L’evasione in Italia vale 182 miliardi

Gli evasori sono additati come la feccia del Paese, a parole, ma nessuno si sforza di smascherarli: si va dall’artigiano che non fa fattura nemmeno sotto tortura, al professionista che si fa pagare in contanti, fino all’imprenditore o il commerciante che si arrangia per farsi invisibile al Fisco. Spesso riuscendoci. Possibile che l’economia sommersa – l’abusivismo di ogni genere, il lavoro nero, ogni forma di evasione fiscale – sia così “leggibile” (per fare cifre così dettagliate: 100 miliardi di evasione fiscale, 182 miliardi di economia sommersa) da non riuscire a intercettare chi accantona e mette da parte risorse che tutte insieme fanno una decina di manovre finanziarie?

Fare i soldi in Italia dà fastidio

Il successo in Italia dà fastidio, se prodotto dall’ingegno e dal merito. È accettabile solo se frutto di furbizia e piccola o grande tracotanza. Ma per essere furbi occorre essere protetti. La patente del furbetto – quelli del “quartierino” di qualche anno fa vennero a galla proprio perché poco protetti – richiede un garante. Sono i frutti di un Paese ancora paternalista e di uno Stato che guarda ai suoi cittadini come a sudditi da spremere senza fare nemmeno fatica.

Nessun commento:

Posta un commento