giovedì 10 dicembre 2020

Corrado Augias, principe dei musicologi improvvisati

Leggiamo con  sempre identica grande attenzione  ciò che Corrado Augias sovente scrive di musica. Una nuova professione per lui, avviata dopo che ha confezionato in coppia con un musicista professionista  videocassette monografiche su musicisti strafamosi, alle quali ha fatto seguire anche show dal vivo sui medesimi, e dopo che un  emigrato, ' per ragioni di musica', italiano nelle Fiandre lo ha invitato a parlare di Traviata.  Quella verdiana s'intende, sulla quale la sua competenza è prossima a sottozero, come su tutto lo scibile musicale nel quale pure con spavalderia si avventura con la medesima frequenza con cui   negli ultimi anni  si fa vedere alle 'prime' all'Opera, del suo 'pari incompetenza' ed amico Fuortes,  convincendosi di  raggiungere e forse superare i musicologi di professione.

 Negli ultimi tempi è spesso intervenuto anche su questioni delicate, ancora irrisolte  dai professionisti, come  le 'regie' d' opera, dove è dato di vedere qualunque cosa e che lui sostiene, forte della convinzione- ma dove l'ha attinta?  dal pensiero di Fuortes in materia - che se non si modernizza con la regia, l'opera muore.

 L'ha fatto questa estate in difesa del Rigoletto al Circo Massimo, con la regia di Michieletto, e nelle passate settimane  con il Barbiere, regista Martone - in quest'ultimo caso  il suo intervento era pleonastico, trattandosi  di un'opera ripresa in teatro, anche se senza pubblico senza grilli per la testa nè stravaganze o stravolgimenti. Dunque  la cosa più normale possibile, con una regia che aveva insegnato ai cantanti - come molti si propongono ma pochi ci riescono - una recitazione attenta e, questa sì, moderna.

Nella sua rubrica della 'Posta' su Repubblica, ieri ha pubblicato una lettera  che affrontava il problema della congruità dell'evento scaligero alla serata inaugurale di stagione del più noto teatro al mondo. Nella lettera si plaudeva all'iniziativa che, non in teatro,  ma davanti ai televisori ha messo oltre 2.600.000 spettatori; e che concludeva: dunque il pubblico per la lirica in Italia esiste. E, un'altra una lettera,  che  tirava la conclusione del discorso della prima: dateci più lirica in tv. 

Augias, nel suo commento ha detto di preferire la soluzione  dell'Opera di Roma- il Barbiere con la regia di Martone, a teatro vuoto - perchè lui da musicologo ormai navigato non potrà mai sentirsi soddisfatto dall'ascolto di brani d'opera che strappati ai rispettivi contesti perdono mordente. Come ha fatto, inveisce il nostro  musicologo, la Scala.

La lettera  seconda pubblicata da Augias, nella quale si chiedeva più lirica in tv, faceva notare come le opere nella loro integrità  non sono adattissime alla tv, per lo meno per trasmissioni regolari, salvo alcuni casi, fra i quali metteremmo le tre imprese di  Andrea Andermann: l'opera nei luoghi e nelle ore della storia: Tosca a Roma, Traviata a Parigi, Rigoletto a Mantova.

 Ma la mittente della seconda lettera, chiedendo 'più lirica in tv' non intendeva affatto sostenere che la tv poteva fungere come una sorta di 'teatro a distanza', bensì suggerire modi diversi per  trasformare la tv in un efficace veicolo di conoscenza dell'opera: una specie di  nobile 'buttadentro' in favore dei teatri, di nuovi adepti.

 Insomma il solito discorso che, qualche volta, è stato già affrontato in tv; una volta nel caso della gloriosa 'ALL'OPERA!' , di Rai 1, andata in onda per sei estati successive (1999-2004) , la quale si proponeva di  'ridurre' l'opera 'a misura di tv', che ebbe un notevole successo, di molto superiore a quello riscosso dal Barbiere  romano, senza volersi sostituire in nessun modo ai teatri, dove l'opera deve essere fatta come dio comanda e pure l'autore impone. 

Il successo si ebbe ma di pubblico; mentre fra gli intellettuali che oggi tifano per 'più lirica in tv', se ricordiamo bene, non si alzarono voci a favore, tant'è che dopo sei edizioni - con  quasi 60 titoli  popolari complessivamente trattati - Rai 1 decise di por fine all'esperimento. Diciamola tutta: anche perché era una trasmissione fatta con grande professionalità - da tutti riconosciuta, questa sì - ma che non poteva essere considerata una delle tante mangiatoie tv dove i dirigenti potevano infilarci amiche o amici e amanti. 

Vale lo stesso discorso per un altro caso che ci ha visti ancora  protagonisti, dopo All'Opera!. Intendiamo il Concerto di Capodanno da Venezia. Un florilegio melodrammatico, una  sorta di festa  della lirica per l'inizio del nuovo anno: pubblico televisivo fino a 4.500.000 ai bei tempi! 

Altra cosa naturalmente da una rappresentazione in teatro, ma efficace strumento per  risvegliare la memoria del melodramma che in Italia - e non solo - non si è mai sopita. Ma  i musicologi 'alla Augias' devono aver storto il naso anche in quel caso come per la Scala, che avendo deciso per necessità di cose, di ricorrere ad una sorta di concerto della serie 'Martini & Rossi, ma per la tv, non poteva che fare la scelta fatta. 


P.S.

Ancora oggi, nella 'Posta' di Repubblica, gestita dal noto musicologo Corrado Augias, la lettear di un lettore che domanda 'più lirica in tv'.Ma non le opere complete che le vedono, in linea di massima, se sono accattivanti, gli stessi che poi vanno  a teatro - che in Italia sono una minoranza - ma i 'concerti' lirici ( vedi inaugurazione Scala, benché eccessivamente lunga ; oppure, diciamo noi, All'Opera! , un melodramma ridotto a misura di tv: poco meno di un'ora la durata complessiva per ciascun titolo, ascoltando i momenti salienti dell'opera, arie cori e concertati popolari e perciò ben conosciuti, e relative immagini, affidando  il resto - i punti di raccordo - ad un narratore, che nel caso di All'Opera! era il popolarissimo Lubrano., che non si dava arie da musicologo - che naturalmente non era e quindi affidandosi all'esperienza e competenza di un musicologo di professione - ma che  raccontava, spiegava e faceva comprendere la storia dei vari titoli. Con grande soddisfazione del pubblico, come si poteva dedurre dagli entusiasti esiti dell'auditel. 

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