domenica 28 gennaio 2018

Tommaso Cerno, candidandosi alle Politiche per il PD renziano, ha fatto un regalo a La Repubblica quotidiano, dove però ci vuole ben altro per la rinascita

Chi ha nominato Tommaso Cerno, appena qualche mese fa,  condirettore del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, per affiancare Mario Calabresi in una direzione che dopo Ezio Mauro non ha portato granchè bene al giornale, ne esce scornato.
Le sorti di un giornale non è certo la nomina di un condirettore a risollevarle, meno ancora la nomina  può fare se il condirettore  non va ad alleviare la fatica al direttore di un giornale che va a gonfie vele bensì di un direttore che  fa navigare in cattive acque il giornale che gli è stato affidato; ed aggiungiamo, se  il condirettore in questione non è mai andato a genio né al direttore - che lo considerava  come l'usurpatore che si stava crescendo in seno, la stessa teoria che andavano sussurrando voci esterne al giornale ma che di esso conoscono tutto - nè alla redazione che considerava il suo arrivo un'onta alla gloriosa redazione ed al padre nobile, entrato in rotta di collisione, neppure tanto velata con il vecchio proprietario, ora presidente onorario del Gruppo, il quale pure non aveva gradito la nomina di Cerno. Chi lo ha imposto, allora?


Alla fine della storia, chi aveva voluto quella nomina, se  nessuno l'ha poi condivisa, al punto da costringere l'aitante giovanotto a lasciare il giornale, per 'motivi personali' e per più pressanti impegni di carattere politico dove continuare le  battaglie civili avviate prima di entrare  nel giornalismo (prima come attivista dell'Arci Gay, poi come militante in AN,  e infine come  microfono umano di un politico della sua terra), che è la ragione più stupida che poteva addurre?


Per adesso una battaglia civile, un grande favore, Cerno l'ha fatto a Repubblica e a  Calabresi che non l'hanno più fra i piedi; e forse anche a se stesso, se  per qualche anno sarà  a libro paga dello Stato, guadagnando più che al giornale e forse  con meno sudore che altrove, Repubblica compresa.

Ma la sua uscita  non risolve certo i problemi del glorioso quotidiano che sembra aver smarrito la rotta; giacchè lo stesso comandante (ex comandante, De Benedetti) con le sue numerose bordate  all'indirizzo del management del quotidiano, dei suoi dirigenti e dello stesso fondatore, sembra voglia mandare quella nave di carta, non in buona salute, e che avrebbe bisogno di un lungo rimessaggio e di un nuovo  comandante di lungo corso ,come anche di una bussola,  a sbattere sugli scogli  della perdita di consensi oltre che di vendite.

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