Non parliamo di quelle espressioni pittoresche che in passato abbiamo spesso segnalato apparire anche nei comunicati di importanti istituzioni musicali, la stessa Accademia di Santa Cecilia, come ' affonda le sue mani nel pianoforte' o 'l'archetto nel violino' ecc.... E neanche quelle altre ormai in voga per cui non si legge più il nome dell'interprete e, a seguire, quello dello strumento che suona, bensì: Giovanni Rossi, alla tromba, al posto del più preciso, semplice ed appropriato. giovanni Rossi, tromba - senza doppi sensi, ovviamente.
Come pure quelle altre espressioni idiote, perchè improprie e meno chiare, che vogliono mettere in chiaro che il giornalista che le usa conosce anche le lingue straniere, meglio di quella italiana, quando scrive, soprattutto a proposito del direttore d'orchestra, 'conduttore', e del regista di un'opera 'direttore' In questo si è spesso distinto fino ad oggi, L'Espresso.
No. Di questo uso barbaro e inadatto delle espressioni linguistiche o degli stessi termini musicali abbiamo scritto tante volte.
Ora , da un pò di tempo a questa parte, leggiamo su importanti quotidiani un altro genere di espressioni che sono ancora più imprecise, oltre che brutte. Come nel caso in cui per indicare il repertorio di un concerto, si usa l'espressione: 'sulle note di...', invece del più semplice ed appropriato: musica di... Se si deve scrivere che il tale direttore o il tale strumentista deve suonare Bach o Haydn che senso ha scrivere :'dirigerà o suonerà sulle note di...', quando è molto più chiaro: dirigerà musica di dì Bach o Haydn". Semmai sarebbe più corretto scrivere 'dirigerà note di Haydn' , ma in tal caso tanto vale usare l'espressione più corretta, precisa e sintetica: 'dirigerà musiche di ...
Simili cose si leggono in certi giornaloni (Corriere) e a firma di certi cronistelli, ai quali evidentemente nessuno fa notare tale linguaggio improprio, quando non anche scorretto, ed impone di correggerlo.
A proposito di giornaloni e di espressioni idiote ed imprecise, ve ne è una che sta prendendo piede, in questo caso, per colpa di un titolista, il quale, quale che sia la musica di cui sta titolando, sia essa strumentale o vocale o di qualunque altro genere, la indica sempre con l' espressione ' arie di...' Beethoven, come è accaduto anche ieri su Repubblica dove, annunciando i concerti di Gergiev a Roma , si è letto: 'Valery Gergiev e le arie russe', quando sarebbe stato più opportuno scrivere: 'Gergiev e la musica russa'. E, se proprio voleva sbizzarrirsi, quel titolista, poteva anche scrivere: Gergiev porta a Roma l'aria russa' o ' Gergiev fa respirare o sentire l'aria russa', espressioni certamente più appropriate e corrispondenti anche al contenuto dell'intervista del noto direttore, il quale ha difeso le identità 'stilistiche ed anche sonore' delle orchestre, difendendole dalla omologazione della globalizzazione che tende a renderle tutte 'perfette'- si fa per dire - o migliori, ma tutte uguali. Dunque Gergiev facendo ascoltare la sua orchestra dimostra come si possa mantenere uno standard qualitativo e tecnico alto, senza perdere la propria identità.
Servirà a qualcosa o a qualcuno questa lunga lezioncina? Noi speriamo di sì, altrimenti ce la saremmo risparmiata.
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