Ciò che stiamo per raccontarvi sulla pazza idea di cambiare il finale della Carmen di Bizet ad opera del drammaturgo Chiarot, al momento sovrintendente dell'Opera, non cambia il giudizio unanime di condanna dell'operazione, ma può illustrarne - forse - i contorni.
Riguarda la coppia Carmen-Don José, il mezzosoprano Veronica Simeoni ed il tenore Roberto Aronica, nella vita moglie e marito, che ha interpretato tante volte Carmen ed altre opere con finale simile sul medesimo palcoscenico, prefigurando nella finzione un vero e proprio 'femminicidio', al quale avrebbe potuto attaccarsi il drammaturgo fiorentino, invece che sventagliare il 'politico corretto' e l'idea che il teatro debba avere anche funzione etica, quando ha messo in atto l'insano progetto.
Meglio, riguarda il tenore Roberto Aronica, cui esattamente una decina di anni fa, accadde in famiglia un fatto drammatico. Suo fratello Angelo, che aveva quarant'anni, venne ucciso a coltellate dalla convivente. Quella tragedia segnò profondamente Roberto, al punto che ancora due anni dopo, nel 2009, durante la 'generale' della Lucia di Donizetti al Regio di Parma, abbandonò precipitosamente la scena al momento in cui era previsto che lui, Edgardo, impugnasse un pugnale che utilizzerà contro se stesso. Aronica spiegò: "ogni volta che ho fra le mani un pugnale, ma anche un semplice coltello (non in cucina, naturalmente, ndr), sono preso da crisi di panico, non riesco a respirare, non ce la faccio a prendere l'arma del delitto anche se so bene che è finta".
Quel trauma famigliare segnò per lungo tempo anche la vita in palcoscenico di Aronica. Ma la ferita nel cuore del tenore continua?
Non sembrerebbe, perchè non più tardi di un anno fa, Aronica e sua moglie Simeoni interpretarono i protagonisti di Carmen alla Fenice ( il Teatro da dove viene Chiarot, e forse nel periodo in cui lui era ancora sovrintendente), con la regia di Bieito, il quale, nella scena finale, volle che Aronica/Don Josè tagliasse la gola a Simeoni-Carmen. E lui non si tirò indietro ( abbiamo visto le immagini in rete). Non sappiamo se anche a distanza di tanto tempo, a Venezia, ebbe bisogno del supporto di uno psicologo per superare il blocco. Sicuramente Chiarot, nelle sue vesti di sovrintendente-drammaturgo, era a conoscenza del fatto.
E forse, a Firenze, temendo che potesse accadere di nuovo, ha pensato di porvi rimedio preventivamente. Non nascondendosi neanche il fatto che quella coppia nella vita, in palcoscenico mimava proprio un delitto che oggi chiamiamo 'femminicidio' ma che con altro nome - omicidio - è antico quanto il mondo, sia che lo compia l'uomo sulla donna sia che la donna infierisca sull'uomo.
Leggendo di questa storia abbiamo riflettuto sulla scelta fiorentina. Ma alla fine non abbiamo trovato nessuna ragione per giustificare quella idiozia, voluta da Chiarot, che ha pensato di mettersi in vetrina ( non importa se per farsi ridere dietro dal mondo intero),non essendo ancora riuscito ad emergere dalle nebbie dei bilanci fiorentini. Altra ragione non v'è; e perciò gli insulti e
le ironie del mondo intero, ad eccezione del suo compare, l'intellettuale Nardella, se li è meritati tutti.
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