Quando, dopo l'uscita della coppia Fontana-Arcà da Parma, avevamo tante ragioni per nutrire dubbi sulla rinascita del Festival Verdi, che anche loro non erano riusciti a fare, in ragione della scarsa caratura dei nuovi reggitori voluti da Pizzarotti, ed ancora l'altro ieri ne abbiamo manifestati a proposito dell'ininfluente Istituto Nazionale di Studi Verdiani di Parma che il sindaco ha voluto affidare alle mani - poco esperte musicalmente e musicologicamente, mentre politicamente e diplomaticamente abilissime - di Nicola Sani, non potevamo immaginare che l'arrivo di Roberto Abbado alla direzione del festival avrebbe potuto avviare la sua rinascita. Come dimostra chiaramente, anche per i tempi ma soprattutto per i contenuti, la diffusione del programma della edizione 2018 del prossimo autunno.
A proposito della quale non può sfuggire la composizione del Comitato scientifico( che abbiamo riprodotto nel post precedente, prendendolo da 'Opera Click'), nel quale c'è un 'casino' di direttori, tutti membri arcititolati ma prima ancora direttori di dipartimenti e di istituti musicologici di un certo rilievo. C'è perfino un rappresentante di una nuova pubblicazione verdiana estera, edita dall'Università di Berna,'Verdi Perspektiven', sorta dopo la diaspora di buona parte di musicologi verdiani facenti capo all'Istituto di Parma, che hanno deciso di andar via da Parma e ritrovarsi a Berna dopo l'arrivo di Nicola Sani e della sua corte, poco verdiana.
Nel Comitato c'è anche una longa manus dell'Istituto verdiano di Parma, questa volta 'femminile', rappresentata da Alessandra Carlotta Pellegrini, direttrice scientifica a Parma, per grazia di Sani, sulla cui naturale incompetenza in fatto di studi verdiani nessuno ha mai nutrito dubbi. Lei viene indicata come direttrice scientifica della edizione critica di carteggi e documenti. Perciò ininfluente, e solo per salvare la faccia (Pizzarotti non poteva ignorare l'Istituto che è, come il festival, affidato alla sua responsabilità di amministratore, almeno per salvare la faccia). Nulla a vedere con le edizioni critiche delle opere che, per il Festival Verdi , sono affidate a musicologi di altra provenienza e di più nota caratura scientifica, con la benedizione di casa Ricordi.
(Detto fra noi, se fossimo stati al posto di Sani, della Pellegrini e di qualche altro membro di quella corte dei miracoli, dopo tutte le critiche feroci rivoltegli, ci saremmo dimessi. Loro no, perché hanno la faccia tosta - ma nelle aule universitarie dove in insegna a parlar forbito, direbbero: la faccia come il c...
Ma c'è anche un altro appunto da fare, questo a Roberto Abbado che, per le edizioni critiche si avvale della consulenza di Ricordi e del suo staff musicologico ed organizzativo, alla stessa maniera con cui Riccardo Chailly fa con le opere di Puccini, per le cui edizioni non si avvale di quelle edite dalla Fondazione Puccini italiana - che a differenza di quella verdiana di Parma, raggruppa il fior fiore dei musicologi pucciniani. Nel caso di Puccini siamo di fronte all'ennesimo scandalo. lo Stato finanzia l'edizione critica delle opere del musicista, il massimo teatro italiano non si serve di quelle edizioni. E così di edizioni delle opere pucciniane ne avremo per ogni titolo un paio.
Certo Roberto Abbado vuol dire Ricordi, e forse Ricordi non ha buoni rapporti con l'Istituto Nazionale di Studi Verdiani, sebbene anni fa abbia pubblicato l'edizione critica di Traviata, effettuata da un musicologo di quell'Istituto, Fabrizio Della Seta, ai tempi della presidenza Petrobelli. Perciò anche sotto il cielo verdiano di Parma, come sotto quello pucciniano di Torre del Lago - o Lucca, se si preferisce - la confusione è grande!
Ora, dopo la morte di Simonetta Puccini, si spera che quel Comitato di gente competente non avrà più le mani legate e potrà proseguire il suo lavoro di ricerca, col solo intento di offrire al mondo l'immagine più autentica del musicista e delle sue opere. E forse Chailly ed anche casa Ricordi cambieranno fornitore.
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