Come si legge nell'articolo del Fatto dell'agosto scorso - da noi ripreso parzialmente nel post precedente - il Commissario straordinario per il terremoto del Centro Italia, nominatovi da Renzi nell'agosto 2016 (appena due mesi dopo che aveva dovuto lasciare la presidenza della Regione Emilia-Romagna per guai giudiziari), Vasco Errani, perchè già Commissario per il terremoto nella sua regione, dunque con grande esperienza in materia, alla fine di agosto 2017 avrebbe terminato il suo mandato, qualora il suo mandato, con tutto quello che comportava, fosse stato portato a termine e non si volesse affidare ad altri la prosecuzione di quell'incarico o si volesse procedere altrimenti, dando, ad esempio, più poteri ai sindaci.
Errani alla fine di agosto si dichiarò soddisfatto per ciò che aveva fatto e, alla scadenza fissata del suo mandato, non intese prorogarlo. Il Governo, passato nelle mani di Gentiloni e il Partito democratico alle prese con le scissioni interne, non avevano dunque nulla a che fare con le dimissioni di Errani. Del quale tutti dissero che era una persona seria, che non si dimetteva perchè irresponsabile, ma solo per fine mandato. E che lungi da lui era qualsiasi idea di prepararsi, con le dimissioni, ad una candidatura per la Camera dei Deputati, in una delle costole scissioniste del PD, quella che non faceva capo nè a Renzi nè a Gentiloni. Al diffondersi di tali voci, Errani ed il suo entourage smentirono categoricamente. Vasco non è un accaparratore di poltrone - come se non ne avesse ancora occupate mai ( ci furono contestazioni quando si candidò per la terza volta a Governatore dell'Emilia Romagna, riuscendone eletto).
E, invece, quelle voci che lo davano dimissionario per candidarsi nell'ala del partito non più di Renzi segretario, erano vere. Come si è saputo proprio in questi giorni in cui i pariti procedono alle candidature.
Evidentemente anche per Vasco Errani, pezzo da novanta del PD della rossa Emilia-Romagna, il terremoto conta meno della sua poltrona in Parlamento, alla quale aspirava dal giorno in cui decise di dimettersi, andando successivamente a fondare il nuovo partito che aveva abbandonato la 'casa' comune.
E' di oggi la notizia che in tutt'altro schieramento, senza terremoti da commissariare, un giornalista dell'azienda Berlusconi si è dimesso, Giorgio Mulè, direttore del settimanale 'Panorama'. E si è dimesso per una ragione personalissima: la sua candidatura prossima in Parlamento, nelle file del partito del suo datore di lavoro, Silvio Berlusconi.
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