Dopo trentacinque anni dalla prima edizione. Piero Rattalino - l'uomo che più di ogni altro conosce vita e miracoli ( la morte , eventuale, è ancora lontana, non c'è riuscita a gettarlo nella fossa neanche la prodigiosa elettronica) del pianoforte dei suoi sacerdoti o atleti - come sarebbe più giusto chiamare i pianisti dell'ultimissima generazione - e della musica pianistica, senza la quale quell'enorme nero elefante - come giustamente l'ha definito qualcuno - non avrebbe riscosso tanto interesse nei tre secoli di vita; Rattalino, dicevamo, licenzia una nuova edizione della sua 'Storia del pianoforte', del tutto identica alla vecchia, salvo che per la trentina di pagine aggiunte come una sorta di postfazione o di aggiornamento che nulla di sostanzialmente diverso e significativo dalla vecchia edizione ci raccontano.
E già che dopo aver scritto la storia del pianoforte ed un'altra decina circa di volumi dedicati sempre all'amato strmento, Rattalino avrebbe potuto mischiare le carte della sua conoscenza, illimitata come illimitata, quasi eterna, è la sua presenza nella vita musicale italiana, e darci ancora una storia del pianoforte con diversa prospettiva.
Della sua straordinaria capacità di conoscenza del pianoforte, con annessi e connessi, noi stessi siamo stati testimoni, negli anni in cui lo avemmo preziosissimo e puntuale collaboratore della nostra rivista 'Piano Time', per la quale soltanto ha scritto - negli anni di nostra direzione - un centinaio di articoli circa, la cui sostanza ha ripreso dai suoi studi e libri precedenti, oltre che da fatti di attualità, o ha riversato in studi e libri successivi.
La postfazione aggiunta alla vecchia edizione per farla diventare nuova, viene a dirci che negli ultimi trent'anni il pianoforte non ha subito nessuna considerevole variazione - diciamo che la stessa cosa vale per gli ultimi cento anni, nel corso dei quali salvo alcuni brevetti di non grandissimo peso, lo strumento è rimasto quello che era diventato nell'Ottocento, e cioè lo strumento da concerto per eccellenza.
Non sappiamo, perchè non abbiamo ancora avuto il tempo di leggerla questa postfazione, se Rattalino ha citato, anche una semplice citazione, l'unico fatto davvero nuovo nella storia dello strumento, e cioè l'affacciarsi sul mercato di un nuovo marchio, italiano per giunta, e cioè Fazioli, in grado di contendere fette di mercato di eccellenza ai grandi marchi storici sia europei che dell'Estremo Oriente.
Per la musica pianistica Rattalino arriva a Cage, Stockhausen e Boulez, e non va più avanti, dimenticando forse che Salvatore Sciarrino ha un catalogo pianistico di tutto rispetto, più ricco ormai di quello di qualunque altro compositore di oggi, Glass compreso, che certamente nel pianoforte non può dirsi abbia dato il meglio (e Glass oggi ha già ottant'anni, mentre Sciarrino ne ha appena compiuti settanta).
Andiamo a memoria. Speriamo non abbia dimenticato di citare anche Berio e Donatoni, quest'utimo con la sua monumentale raccolta delle 'Francoise-Variationen', il cui seme fu messo a dimora, prima di generare la pianta e poi l'albero gigante, proprio nelle pagine di Piano Time. ( Permetteteci, con orgoglio, di ricordare che quel seme reca - nelle note - quelle ricavate, secondo la notazione alfabetica, dal nome 'Francoise', e dal nostro cognome ' Acquafredda', perchè voleva rappresentava un graditissimo dono alla sua amica, nello stesso tempo richiesto da noi per la rubrica 'fogli d'album' di 'Piano Time').
Rattalino non dimentica - come potrebbe - citare la nuova stella cinese, Lang Lang, che rappresenta un fenomeno mondiale, come nessun altro era stato prima di lui. Rattalino cita anche Kissin - che sembra dopo esordi fulgidi, essersi un pò eclissato, rilevando nell'uno come nell'altro scelte di repertorio, di non sola alta difficoltà tecnica, tendenti al sentimentale.
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