Siamo quasi sempre d'accordo con Vittorio Emiliani che, da presidente del Comitato per la bellezza spessissimo prende posizione su molti aspetti riguardanti la cultura e la sua gestione nel nostro paese.
Specie quando, come fa spessissimo dalle colonne del Corriere della sera, bolla la cosiddetta 'riforma' di Franceschini. Perché - e Emiliani non è il solo a denunciarlo - nella gestione Franceschini ci sono molti buchi neri (noi stessi lo abbiamo denunciato tante volte).
Ora, a seguito dell'annullamento da parte del TAR del Lazio ( 'porto delle nebbie' a tutti noto) di cinque nomine delle venti fatte da Franceschini nel 2015, per i direttori di importantissimi sedi museali ed archeologiche italiane, sette dei quali sono manager stranieri (ma Europei, si badi bene!) Vittorio Emiliani non ne ha scritto sul 'Corriere', come fa sempre, che sull'argomento gli ha poreferito un lungo articolo di Gian Arturo Ferrari , ma sul 'Fatto quotidiano'. E la ragione è che Ferrari la pensa all'opposto di Emiliani, il quale perciò ha dovuto migrare sul Fatto, non rappresentando in questo caso la linea del noto quotidiano.
La tesi fondamentale di Ferrari è quella della internazionalità della cultura, portando come prova il fatto che molti manager italiani guidano importantissime istituzioni culturali estere di qua e di là dell'oceano.
Emiliani, al contrario di Ferrari, articola in più punti il suo appoggio al TAR - che, con una sua sentenza, ha rimesso intorno al Colosseo i centurioni che perfino la Raggi aveva capito essere una vergogna - che quindi ritiene abbia fatto bene ad annullare, accogliendo due ricorsi, quelle cinque nomine (Ad Emiliani sfugge il caso Coliva, l'unico caso di direttore confermato. Forse perchè Emiliani frequenta a Roma gli stessi salotti di gossip e di potere frequentati dalla Coliva, la cui riconferma è passata liscia come l'olio, mentre non fosse stata Lei avrebbe scatenato un putiferio).
Emiliani appoggia la sentenza del TAR del Lazio,
Primo: perché la legge italiana non prevede che dirigenti pubblici possano essere stranieri, benchè europei. E qui, nonostante la legge, Vittorio Emiliani fa la figura del 'provinciale' antistorico.
Secondo: perché i titoli presentati dai candidati a suo tempo non erano quelli di numeri uno nella gestione della cultura. E ai titoli erano stati assegnati punteggi superiori a quelli effettivamente meritati. A proposito del nuovo direttore degli Uffizi, dice che si era occupato di 'tessile' negli USA. Faceva, cioè, la maglia?
Terzo: perché i colloqui si erano svolti a porte chiuse; e mai il Ministero ha reso pubblica la lista dei candidati esclusi, onde valutare i titoli degli esclusi e se esclusi a ragione o per le soliti inciuci.
Quarto: perché i risultati, tutti positivi, presentati dai direttori cancellati con una sentenza, sono gonfiati. Tali risultati sono il frutto soprattutto delle domeniche in cui si entra gratis nei musei, e della paura del terrorismo internazionale che avrebbe convogliato in Italia molti viaggiatori che, altrimenti, avrebbero scelto altre nazioni. La buona gestione dei nuovi direttori non c'entra affatto.
P.S. Si apprende dai giornali di domenica 28 maggio ( in verità l'ha scoperto e denunciato 'Il fatto quotidiano') che a introdurre la norma che gli incarichi come quelli di direttori di musei ecc.. erano riservati ai soli cittadini italiani, era stato proprio 'mezzodisastro' Franceschini, quando era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ( con Prodi ed Amato). Ora sta brigando per l'introduzione di una correzione a se stesso, attraverso una regoletta introdotta nella manovrina che attende il voto parlamentare. Neanche lui se la ricordava. O forse fingeva?
Franceschini ha grandi responsabilità nella (mala) gestione del patrimonio artistico nazionale e bene si fa a criticarlo aspramente. Detto questo, io ho visto in modo favorevole l'apertura a direttori competenti non italiani dei musei e, sinceramente, il fatto che la riforma, con questa sentenza, sia stata "bocciata" dal TAR Lazio (la prova fumante che si è trattata di una vendetta e di una pugnalata) mi sembra solo la dimostrazione dell'impossibilità di riformare e modernizzare lo stato. C'è da dire, infatti, che eminenti costituzionalisti e professori di diritto di chiara fama hanno criticato e duramente il "lavoro" del porto delle nebbie ((loro sì che con le trame ci sanno fare non Eike Schmidt), come Sabino Cassese: "(ANSA) - ROMA, 25 MAG- "Il Tar Lazio ha dimenticato che fin dal 1957 esiste la libera circolazione dei lavoratori in Europa e ignora che il diritto europeo consente la nomina di cittadini stranieri come direttori di musei anche statali". E sui risultati gonfiati, non so, non metto in dubbio, di certo, per esperienza diretta, se Brera è migliorata è merito di James Bradburn.
RispondiEliminagrazie. anche per la fedeltà ed assiduità con cui segue il mio blog.
RispondiEliminasaluti